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-Novità Finanziaria2004 e DL 269'2003 (L.Capicotto)

-Novità Finanziaria2004 e DL 269'2003 (L.Capicotto)

Novità introdotte dalla finanziaria del 2004 e dall’art.14 del DL 269 /2003 in merito ai A) modelli di gestione e affidamento dei servizi pubblici locali; B) modelli di gestione delle reti e degli impianti; C) realizzazione dei lavori connessi alla gestione della rete. Solo spiragli di concorrenza?

 

Di Luisa Capicotto[1]

 

Sommario:1. Ambito di applicazione. 2. Modelli di gestione dei servizi pubblici a rilevanza nazionale. 3. Analisi del comma 5, punto 3, del nuovo art.113 TUEL: affidamento diretto ( c.d. in house) a società interamente pubblica di gestione delle local utilities. 4-. Separazione tra gestione della rete ed erogazione del servizio. 4.1. La realizzazione dei lavori connessi alla gestione della rete. 5-.La proprietà delle reti.

 

1- Ambito di applicazione

 

La disciplina dei servizi pubblici locali viene modificata dall’art 14 del D.L. n.269 del 2003 convertito in legge n.326 del 2003 che introduce nuovi modelli di gestione dei servizi pubblici locali e dall’art 4, comma 234, della legge n.350 del 2003 ( c.d. finanziaria per il 2004) che prevede nuove modalità di affidamento dei lavori connessi alla gestione delle reti e degli impianti necessari per l’erogazione del servizio.

Le norme sopracitate  - modificando sia l’art 113 che 113 bis del DLGS 267 del 2000 che a sua volta era già stato modificato dall’art.35 della legge 448 del 2001, sia l’art 35 medesimo- in primo luogo sostituiscono alla precedente distinzione tra servizi pubblici locali a rilevanza industriale e privi di tale rilevanza la  nuova dizione di servizi a rilevanza economica e privi di rilevanza economica.

In vero la nuova normativa nazionale si limita a modificare la dizione ma non contiene uno specifico elenco dei servizi rientranti nell’una o nell’altra categoria e non demanda nemmeno ad un futuro emanando regolamento governativo tale elencazione.

Occorre, pertanto rifarsi agli artt. 16 e 86 p.2 del Trattato Comunitario laddove si occupano di servizi di interesse economico generale.

Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia i servizi di interesse generale sono quelli volti alla collettività, cioè diretti al soddisfacimento dei bisogni generali dei cittadini o degli utenti o dei consumatori finali a differenza dei servizi aventi rilievo economico che  riguardano la collettività, e sono quelli offerti in un determinato mercato dietro il pagamento di un prezzo, o di un canone, da parte degli utenti, allo scopo di coprire i costi e remunerare il capitale investito.

I servizi privi di rilevanza economica, a contrario, sono quelli aventi carattere solidaristico che non hanno scopo di lucro.

Ne discende che i servizi aventi rilevanza economica e quelli privi non possono essere definiti a priori ma dovranno essere individuati, di volta in volta, a seconda del contesto specifico di riferimento in applicando i criteri  di derivazione comunitara appena menzionati.

Attualmente il quadro normativo di riferimento per i servizi di rilevanza economica è costituito da:

1)                      Norme del Trattato sui servizi di interesse economico generale;

2)                      nuovo art 113 del TUEL;

3)                       normative di settore;

4)                      disposizioni residue,  non abrogate, dell’art.35 della legge 448 del 2001.

 

Settori esclusi

 

Deve precisarsi che il primo comma dell’art.113 novellato stabilisce che le disposizioni in esso contenute sono volte alla tutela della concorrenza e devono considerarsi inderogabili ed integrative di discipline di settore, fatta eccezione per i c.d. settori esclusi, ovvero settori dell’energia elettrica e del gas A questi settori non si applica nessuna delle disposizioni del nuovo art.113 del TUEL. Essi, vengono disciplinati interamente dalle norme comunitarie sui servizi di interesse economico generale  e dalle specifiche leggi di settore ( DLGS 79/1999 e DLGS 164 /2000 )[2].

 

 

2 - Modelli di gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica

 

 

 Il comma 5 del nuovo art.113 prevede tre modelli per la gestione delle local utilities, stabilendo che l’erogazione del servizio avviene, secondo le discipline di settore e dell’Unione Europea, con il conferimento della titolarità del servizio a[3]:

1)                      Società di capitali individuate mediante procedure ad evidenza pubblica.

2)                      Società a capitale misto pubblico e privato nelle quali il socio privato venga scelto mediante gara con procedure ad evidenza pubblica.

3)                      Società a capitale interamente pubblico a condizione che l’ente o gli enti locali titolari del capitale sociale esercitino sulle società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano.

 

L’affidamento dei servizi pubblici locali a società di capitali individuate mediante gara con procedure ad evidenza pubblica è rimasta sostanzialmente invariata, anche dopo le modifiche introdotte dall’art.14 del D.L. 269/2003. (Per le SPA miste si rinvia al 113 c.6 del TUEL e comma 15 quater introdotto dall’art.4, c. 234, della l.350 del 2003).

Si precisa, brevemente, che la giurisprudenza comunitaria ritiene che le società miste costituiscono forme di partneriato pubblico/privato assimilabili alle concessioni, pertanto l’affidamento del servizio alle suddette non configura un affidamento diretto cioè senza espletamento di una gara ad evidenza pubblica. Il principio della gara è applicato nella scelta  del socio privato che costituirà insieme al socio pubblico la società cui verrà affidata l’erogazione del servizio.

L’affidamento diretto o c.d. in house è consentito invece dal punto 3 del comma 5 del nuovo art.113 del TUEL.

 

 

 

 

3- Analisi del comma 5, punto 3, del nuovo art.113 TUEL: Affidamento diretto ( c.d. in house) a società interamente pubblica di gestione delle local utilities.

 

 

Il modello di affidamento diretto della gestione del servizio ad una SPA interamente pubblica previsto dal comma 5, punto 3, dell’art.113 del TUEL, sopra citato, costituisce la ’vera-preoccupante’ innovazione rispetto alla disciplina precedente che assumeva come regola generale l’affidamento mediante gara della gestione ed erogazione dei servizi pubblici locali a società di capitali.

Balza immediatamente all’attenzione del lettore giurista che l’effetto di una simile previsione sarà, probabilmente, quello di bloccare, o quantomeno di  ritardare, le privatizzazioni e le liberalizzazioni, già debolmente incoraggiate dalla precedente normativa, e, conseguentemente, si protrarrà sine die la vera competizione sul mercato e verranno salvaguardate le gestioni pubbliche tutt’ora esistenti[4].

Questi effetti si deducono, in primo luogo dalla circostanza che la il nuovo comma 5 dell’ art.113 TUEL, non pone una corsia preferenziale per il ricorso ai modelli 1) e 2) i quali stimolano la competizione del mercato con il ricorso alla gara.

In poche parole il modello 3) è posto sullo stesso piano degli altri due.

In secondo luogo, il comma 5, punto 3, della norma in esame, pone dei paletti e delle condizioni piuttosto labili che consentono alla SPA interamente pubblica di ottenere l’affidamento diretto dei servizi pubblici economici.

Le due condizioni prevedono:

1)                      che l’ente titolare del capitale sociale eserciti sulla società di capitali un controllo analogo a quello esercitato sui  propri servizi e 2) che la società eserciti la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici controllanti;

2)                      che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano.

 

La prima condizione non è molto chiara ma sicuramente è elastica proprio perché non prevede paletti chiari.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale non è sufficiente che il controllo venga esercitato a posteriori ( ad es. mediante l’approvazione da parte dell’assemblea del bilancio di esercizio) o sugli organi mediante la loro nomina( e revoca), dovendo tale controllo- affinchè esso sia analogo a quello che viene esercitato sui propri servizi – riguardare l’esattezza e la regolarità della  gestione  corrente per accertare l’economicità, la redditività e la razionalità della società sottoposta  a verifica. Il controllo deve creare una situazione di dipendenza della società dall’ente locale, che permetta allo stesso di influenzare le decisioni che la società intende assumere.(Corte di Giustizia , 27 febbraio 2003, C-373/00 Truley)[5].

Sulla nozione di controllo si aspetta l’intervento della Corte di Giustizia Europea.

La seconda condizione appare ancora più elastica.

Essa richiede un’attività non esclusiva ( sarebbe stata una limitazione più rigorosa ma in ogni caso non molto limitativa dal momento che ancora molte delle gestioni pubbliche vengono esercitate sul territorio dell’ente controllante) né un’attività maggioritaria, ma deve trattarsi di attività che si svolge nel territorio dell’ente o degli enti controllanti, posto che se si consentisse l’affidamento diretto del servizio ad una società che opera sul mercato, verrebbero violate le norme comunitarie a tutela della concorrenza e della non discriminazione, risultando, in definitiva, favorita la anzidetta società rispetto agli altri concorrenti, ed alterando la  par condicio tra le imprese concorrenti.

Nessuna violazione si verifica quando si tratta di società che non operano nel mercato o vi operano in posizione marginale, ma che piuttosto si configurano come una longa manus della pubblica amministrazione. In tale definizione rientrano, certamente, quelle che svolgono la loro attività esclusivamente, o quasi, a favore della  amministrazione pubblica a cui sono collegate e che le controlla.

Altrettanto elastico è il riferimento al concetto di importanza della parte di attività svolta dall’ ente che, francamente, non sembra limitare e restringere affatto il ricorso da parte degli enti locali alla SPA pubblica.

La scelta sul modello di gestione delle local utilities sembra dunque completamente rimessa alla potestà discrezionale degli enti locali.

Dipenderà dalla volontà di questi soggetti il maggiore o minore grado di concorrenza, così come l’efficienza ed efficacia della gestione.

Da una prima lettura della disciplina dei servizi pubblici locali sembrerebbe che la filosofia di fondo della norma tenga conto del principio di sussidiarietà. E’ una norma che non ingessa ma che lascia all’ente locale (in primis al sindaco) ampia discrezionalità nella scelta del modello di gestione e di erogazione dei servizi pubblici nel rispetto della normativa comunitaria e di settore.

Ampia autonomia decisionale che significa forte  responsabilizzazione del sindaco che deve rendere conto ai cittadini dell’efficienza e del buon funzionamento dei servizi.

 

4- Separazione tra gestione della rete ed erogazione del servizio.

 

In merito alla separazione tra gestione della rete e degli impianti ed erogazione del servizio, l’art.14 del D.L. 269 del 2003 introduce una sola novità, prevedendo che la gestione della rete- quando la disciplina di settore stabilisce che questa venga separata dall’erogazione del servizio- può essere affidata ad imprese idonee, oppure affidata direttamente a società a capitale interamente pubblico aventi le caratteristiche descritte al punto 5.9 e seguenti (c.d. affidamenti in house, di cui già si è detto).

 

4.1.La realizzazione dei lavori connessi alla gestione della rete

 

L’art.4 comma 234 della l.n.350 del 2003 introducendo il comma 5 ter del nuovo art.113 del TUEL  disciplina le modalità mediante le quali i soggetti gestori delle reti e degli impianti devono provvedere alla esecuzione dei lavori connessi alla gestione della rete e degli impianti stessi.

La norma disciplina distintamente due ipotesi:

A) La gestione della rete, separata o integrata, non sia stata affidata con gara ad evidenza pubblica;

B)  La gestione della rete, separata o integrata, è avvenuta con gara ad evidenza pubblica;

Nella fattispecie sub. A, i soggetti gestori devono provvedere alla esecuzione dei lavori comunque connessi alla gestione della rete, esclusivamente mediante:

a)   contratti di appalto o di concessione di lavori pubblici, aggiudicati a seguito di procedura ad evidenza pubblica;

b)   in economia nei limiti di cui all’art.24 della legge 109 del 1994 e s.i.m. e all’art.143 del DPR 554 del 1999[6].

 Nella fattispecie sub. B occorre ulteriormente distinguere a seconda che la       gara espletata abbia avuto ad oggetto:

a)      sia la gestione del servizio relativo alla rete, sia l’esecuzione dei  lavori connessi;

b)      esclusivamente la gestione del servizio relativo alla rete.

                   Nella prima ipotesi sub a), il soggetto gestore può realizzare direttamente  i lavori connessi alla gestione della rete, purchè sia qualificato ai sensi della normativa  vigente.

Nella seconda ipotesi sub. b), il soggetto gestore  deve, invece, appaltare i lavori a terzi con le procedure ad evidenza pubblica previste dalla legislazione vigente.

La normativa sopradescritta  non è applicabile ai settori dell’energia elettrica e del gas, ai sensi del comma 1, art.113 del TUEL che lo esclude espressamente.

 

 

 

 

5- La proprietà delle reti

 

Il comma di riferimento è il 13 del nuovo art.113 TUEL. Esso dispone che la proprietà delle reti può essere affidata dagli enti locali a società a capitale interamente pubblico, che è incedibile.

La novità consiste nel dover essere la società proprietaria delle reti interamente pubblica, mentre l’art.35 della legge 448 del 2001 richiedeva la maggioranza pubblica.

Ne deriva che, siccome la società proprietaria delle reti, deve essere a totale capitale pubblico, e non come era in precedenza, a maggioranza pubblica, non è più possibile costituire, allo scopo, società miste.

Sembra possibile ritenere, alla luce di una prima lettura della normativa, che le società miste esistenti non devono essere trasformate  in società a totale capitale pubblico sia perché costituite quando era consentito che le società in questione fossero a maggioranza pubblica, sia perché non è stato imposto alle esistenti alcun obbligo di trasformazione.

Le  leggi di settore possono vietare che la proprietà delle reti venga conferita a società a capitale interamente pubblico, che è incedibile. Ma attualmente non esistono leggi di settore che sanciscano tale divieto.

Infine, deve darsi atto che l’art.35 comma 9 della legge n.448 del 2001 resta immutato. Esso dispone che, in attuazione dei commi 2 e 13 dell’art.113 del TUEL, gli enti locali che detengano la maggioranza del capitale sociale della società di gestione del servizio pubblico locale, che siano proprietarie delle reti e degli impianti e delle altre dotazioni per l’esercizio dei servizi pubblici locali, provvedano ad effettuare lo scorporo delle reti e degli impianti che devono essere conferite ad una società con le caratteristiche indicate dal comma 13 dell’art.113 del TUEL.

Dalla lettura combinata del comma 13 del nuovo art.113 del TUEL e del vecchio comma 9 dell’art.35 della l.448 del 2001 sembrerebbe che lo scorporo debba avvenire in favore di una  società interamente  pubblica.

Deve concludersi che le società a capitale interamente pubblico, alle quali sia stato affidata in house  la gestione di un pubblico servizio non siano obbligate allo scorporo ex art.35, comma 9, l.448 del 2001, dal momento che in tal caso le reti, gli impianti e le dotazioni patrimoniali rimangono, comunque di proprietà di una società interamente pubblica.

Tuttavia, l’apertura di tale società all’ingresso di soci privati determinerà l’obbligo di procedere allo scorporo.

 

 

 

 

 



[1] Dottoranda di diritto pubblico dell’Economia e delle imprese presso l’Università di Pisa.

[2] Ai settori esclusi non si applicano nemmeno le disposizioni rimaste in vigore del vecchio art.35 della L.448 del 2001.

[3] In poche parole la scelta è rimessa alla potestà discrezionale dell’ente locale titolare del servizio, il quale potrà scegliere la strada più conservatrice, mantenendo ancora in vita le società pubbliche e dunque non favorire la concorrenza in casa propria oppure potrà percorrere la strada più favorevole alla concorrenza.

Da una prima lettura non sembrerebbe una norma molto favorevole alla liberalizzazione e alla concorrenza, anche se espressamente ed in più commi l’art 113 richiama la tutela della concorrenza e il superamento degli assetti monopolistici esistenti.

Il comma 5 bis dell’art.113 prevede che le normative di settore, al fine di assicurare il superamento degli assetti monopolistici e favorire la concorrenzialità, possono introdurre delle deroghe e dei criteri di gradualità nella scelta delle modalità di conferimento del servizio.

[4] Poiché sussiste in Italia un problema di competitività, e’, possibile presumere, o quantomeno dubitare, che il legislatore con la previsione dell’art.113 novellato, comma 5, punto 3, abbia voluto soltanto consentire una certa gradualità nei processi di liberalizzazione  pro-concorrenziali, e  favorire delle strategie di integrazione tra le società pubbliche di gestione dei servizi pubblici e di rafforzamento delle stesse in modo da creare delle multiutilities nazionali e/o locali che siano in grado di reggere la concorrenza nel mercato. Potrebbe ipotizzarsi che l’obiettivo finale cui il legislatore vorrà arrivare è quello della gara per  l’affidamento di tutti i servizi ma che, allo stato attuale, abbia ritenuto opportuno introdurre una normativa che consenta di arrivarvi con gradualità. E’ lecito pensare che per questo abbia previsto la gara per tutti i servizi che sarà opportuno vengano gestiti da competitori non italiani, mentre non si mettono in gara tutti quei servizi di settore che è opportuno vengano gestiti da  soggetti locali o nazionali. In ciò, forse, il legislatore, memore della circostanza che in molti Stati la gestione di servizi pubblici locali da parte di Stati esteri non ha dato buoni esiti.

Resta comunque il dubbio su tale conclusione perché la normativa in esame è molto elastica e generica. Non ci resta che attendere e vedere gli sviluppi futuri in fase applicativa.

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