Guido Alpa
Problemi e prospettive del “diritto privato europeo”1. Sulle accezioni di “diritto privato europeo”.
“Diritto privato europeo” è una espressione complessa che nei codici linguistici allude ad una pluralità di accezioni. Le variabili riguardano, più che il termine “diritto” o il sintagma “diritto privato”, la loro qualificazione in termini geo-politici; è l’uso dell’aggettivo “europeo” che orienta l’interprete verso aree più o meno vaste, più o meno connotate, a seconda dei contesti in cui l’espressione è utilizzata. Nella maggior parte dei casi si fa riferimento al significato meno implicante, ad una accezione “debole”, con la quale si designano regole (cioè enunciazioni scritte, prassi, modelli giurisprudenziali, principi) che nei Paesi appartenenti all’Europa intesa come nozione geografica sono denominate, o considerate come regole appartenenti al “diritto privato” nell’ordinamento interno al singolo Paese considerato. Ma vi sono accezioni più “forti” in cui l’aggettivo “europeo” è collegato con l’azione delle Comunità dapprima e dell’Unione europea di poi.
In questo contesto “diritto privato europeo” è espressione che connota la veste formale – cioè gli aspetti giuridici – dello “spazio economico comunitario”, sia sotto il profilo del diritto sostanziale (il c.d. spazio giuridico europeo) sia sotto il profilo del diritto processuale (il c.d. spazio giudiziario europeo); nel contempo si includono nell’area altri ambiti, aventi afferenza al diritto costituzionale, ai diritti civili e, in generale, alla “cittadinanza europea” .
Queste accezioni hanno una “doppia faccia”, a seconda che il loro contenuto sia il prodotto di una analisi che muove dall’interno oppure dall’esterno del fenomeno indagato.
Tra le accezioni più accreditate, si segnalano:
(i) l’accezione con la quale si allude alle regole del diritto comunitario che riguardano i singoli privati (persone fisiche, persone giuridiche) e i rapporti tra privati ( siano essi cittadini europei od operanti nei Paesi aderenti all’Unione), nonché gli istituti del diritto privato applicati dagli o applicati agli organi della Unione europea; si allude cioè a tutte le regole dei Trattati e alle altre fonti del diritto comunitario con cui sono disciplinati gli istituti e i rapporti che, secondo l’uso radicato nella cultura giuridica continentale, appartengono all’area del diritto privato; nell’ottica interna, si tratta di regole che gli organi comunitari emanano via via a seconda delle necessità che emergono, dei programmi che si confezionano, dei tempi segnati dalla situazione politica, economica e sociale in cui versa l’ Unione, i Paesi o i leaders che hanno maggior peso nell’Unione; nell’ ottica esterna si tratta di regole destinate a disciplinare singoli settori, spesso tra loro non coordinate;
(ii) l’accezione con la quale nell’ambito di un ordinamento appartenente ad uno dei Paesi membri dell’Unione europea si allude al complesso di regole di derivazione comunitaria, composte dai regolamenti comunitari, che hanno immediata vigenza, e dalle regole attuative di direttive comunitarie e delle altre fonti del diritto comunitario; le regole introdotte dalle direttive non attuate ma sufficientemente dettagliate e precise tali cioè da istituire diritti e quindi pretese azionabili in capo ai singoli; i principi del diritto comunitario richiamati da regole del diritto interno; i modelli giurisprudenziali accreditati dai giudici comunitari; riguardate da un ‘ ottica interna ci si chiede se queste regole – pur facendo parte organica dell’ordinamento interno – conservino una loro specificità rispetto alle regole approvate dagli organi di produzione di norme propri del Paese membro, se possano essere considerate un “corpus” a sé, e quindi se richiedano una interpretazione che tenga conto della loro origine e possa valersi del coordinamento con le altre norme aventi la medesima origine; riguardate da un’ottica esterna da queste regole sorgono i problemi di armonizzazione (e dei livelli di armonizzazione) degli ordinamenti nazionali, i problemi della sussidiarietà e della proporzionalità;
(iii) l’accezione con la quale si allude al complesso delle tradizioni, ai valori, ai principi che sono propri, o si ritengono propri, della cultura giuridica europea, e che hanno dato luogo alle codificazioni e alla case law, che hanno dato luogo alle costituzioni e quindi ai principi costituzionali sui quali riposa la stessa Unione europea; in un’ ottica interna su queste regole riposano la gran parte delle regole comunitarie; in un’ottica esterna esse presentano modelli tra loro differenziati, sia dal punto di vista della coesione (modelli unitari, modelli misti), sia dal punto di vista della loro formazione storica, sia dal punto di vista dell’apparato linguistico, concettuale e operazionale, che tuttavia stanno convergendo tra loro per impulsi interni e per impulsi esterni, sì che all’osservatore appaiono più rilevanti gli aspetti di sovrapposizione, di contatto, di similitudine, che non quelli che ancora li distaccano e li distanziano.
I fenomeni a cui alludono i tre significati estrapolati da una letteratura ormai sterminata, frutto di ricerche individuali e di gruppo, di centri di studio, di iniziative nazionali e internazionali, non sono frutto di astrazione o di costruzioni ideali, ma esperienza reale ed in atto: questo assunto è avvalorato da molti documenti comunitari, sia di tenore generale, sia di tenore specifico. Basta menzionare, tra gli altri, le Comunicazioni più recenti delle Comunità europee riguardanti il diritto contrattuale (2001, 398) e il diritto dei consumatori (2001, 531), che investono il comparto delle obbligazioni e dei contratti; ad esse occorre affiancare almeno il complesso di direttive concernenti i dati personali, il commercio elettronico, i sistemi di pagamento, le telecomunicazioni, e l’ambiente. Ed ancora le direttive che coordinano gli interventi normativi comunitari in materia di rapporti bancari, e i progetti di disciplina coordinata dell’intermediazione finanziaria, delle assicurazioni, delle società commerciali, delle associazioni, delle libere professioni.
In altri termini, le fonti normative che compongono il diritto privato europeo nelle accezioni sub (i) e (ii) sono già in vigore, ed il processo che ha dato luogo alla sua formazione ormai è irreversibile (v. in particolare Scalisi (V.), Codice di diritto privato europeo).
Ma vi è di più. Questo processo è circolare: è persino lapalissiano osservare che la gran parte delle regole oggi incluse nei Trattati comunitari e create dalle fonti di produzione del diritto comunitario riflettono terminologie, concetti, istituti, appartenenti alle culture e quindi agli ordinamenti di singoli Paesi membri; è lapalissiano rintracciare in ciascuna esperienza frammenti, principi, concetti propri di altre culture ed estranei a quella considerata, ma ormai ad essa connaturati per effetto dell’introduzione dei regolamenti o dell’attuazione nel diritto interno delle altre fonti comunitarie; non è lapalissiano chiedersi se questi fenomeni , tra loro strettamente connessi, che presentano per opinione consolidata tradizioni, valori e principi comuni, consentano di identificare quelle tradizioni, quei valori e quei principi in una sorta di quadro complessivo e ordinante, dotato della necessaria relatività ed elasticità; se sia possibile o utile, o finanche necessario, far sì che quelle tradizioni, quei valori, quei principi siano raccolti - come è avvenuto per la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e oggi come si propone di progettare per la Convenzione europea – in altrettanti restatements, ovvero in codici- modello o addirittura in un codice civile.
Ed è questa l’accezione (iv) più recente, con cui si vuol appunto alludere a modelli normativi nuovi, in cui convergano le diverse esperienze che fanno parte dell’Unione europea: il diritto privato europeo come corpus di regole in cui si riconoscono le diverse esperienze dei Paesi appartenenti all’Unione, diretto ad integrare il diritto pubblico europeo raffigurato nei principi costituzionali comuni, nei principi dei Trattati, nella Carta dei diritti fondamentali, e, prossimamente, nella Convenzione europea. Tutto ciò, ovviamente, in conformità alla disciplina costituzionale dei singoli Stati Membri (Perlingieri, Diritto comunitario e legalità costituzionale).
Ciò perché per poter dare maggiore certezza ed effettività alle regole del diritto privato europeo è necessario coordinare le regole ed inserirle in un quadro omogeneo : un quadro che, nei diversi stadi che si possono ideare, può attestarsi su uniformi indirizzi interpretativi, può costruirsi con cornici di principi, può definirsi con regole ad hoc di tenore generale e comprensivo.
Si deve segnalare inoltre che in alcune esperienze si sta accentuando un fenomeno – di cui per il momento emergono soltanto indizi – che sottolinea la pervasività della normativa di derivazione comunitaria al di là dei suoi confini : si tratta, per fare solo uno dei numerosi esempi, della applicazione della disciplina volta a tutelare i consumatori nei rapporti con i professionisti anche a soggetti che non rivestono in senso proprio la qualifica di “consumatore” ma sono o collettività che non perseguono finalità di lucro e non svolgono attività economica in senso stretto o sono professionisti in una posizione per così dire “debole” rispetto alla loro controparte.
2. Alcuni interrogativi di base.
Gli interrogativi che si pongono agli interpreti sono allora molteplici.
Quanto alle tradizioni:
(i) se esse debbano essere ricostruite nel loro processo storico, tenendo conto del loro divenire e delle numerose interpolazioni e contaminazioni che hanno segnato la loro vita, dei trapianti e delle imitazioni che le hanno arricchite;
(ii) se esse, pur appartenendo al patrimonio culturale di una nazione (o di un gruppo infranazionale, o di gruppi supernazionali) debbano essere consegnate alla storia e alla memoria, e non debbano condizionare più che tanto il futuro della uniformazione del diritto privato europeo inteso nella accezione più moderna (indicata sopra sub (iv));
(iii) se esse – appartenendo al mondo del diritto – siano davvero parte, elemento essenziale, connotato insuperabile di una identità nazionale o non siano piuttosto epifanie di una cultura che appartiene solo ai giuristi;
(iv) se la tradizione eserciti un’influenza tale sugli ordinamenti attuali da dover essere considerata come fattore ad essi connaturale al punto che il fenomeno del diritto privato europeo di cui oggi si discute possa costituire non solo l’erede diretto del “diritto comune” dei secoli passati ma addirittura il medesimo fenomeno che si presenta sotto nuove spoglie e pertanto dia luogo ad un nuovo diritto privato europeo;
quanto ai valori e ai principi:
(i) se sia possibile individuare, al di là delle regole scritte o consegnate dalla case law, valori comuni ad esse sottostanti, che irradiano le norme e ne costituiscano l’ humus unitario;
(ii) se a questi valori, che muovono – nelle categorie del diritto moderno - dal riconoscimento della dignità della persona e dalle libertà personali, per poi abbracciare il lavoro, la vita intellettuale, la libertà di iniziativa economica, la proprietà, si possa imprimere una scala gerarchica, in modo da far sì che, anche nel diritto privato europeo si possa procedere ad una sorta di Drittwirkung , quale viene praticata in alcune esperienze nazionali a proposito della normativa costituzionale applicata ai rapporti tra privati;
(iii) come si debba risolvere il problema della laicità dell’ordinamento (e quindi del diritto privato europeo) in rapporto alla “ res publica Christianorum”;
(iv) come si debba risolvere il problema della preminenza dei valori connessi alla persona rispetto a quelli connessi al mercato;
quanto ai problemi di armonizzazione :
(i) se l’armonizzazione debba procedere attraverso la “naturale” evoluzione dei rapporti economici e quindi non implicare alcun intervento comunitario;
(ii) se l’armonizzazione possa essere compatibile con il principio di sussidiarietà;
(iii) se per contro essa possa comportare l’introduzione di modelli di tutela degli interessi trascurati dal mercato e costituire così una base inderogabile di limiti al di sotto dei quali i legislatori statuali non possano scendere;
(iv) se l’armonizzazione debba procedere per gradi e per singoli settori oppure possa riguardare interi comparti del diritto privato;
(v) se l’armonizzazione debba procedere sulla base di un quadro generale di regole all’interno del quale si possano collocare in modo organico le discipline di settore;
(vi) finalmente si si possano considerare corpi normativi con la struttura di “codici” (o di testi unici);
quanto al rapporto tra intervento pubblico e autonomia privata:
(i) se sia il mercato l’unico modello di regole nei rapporti tra privati;
(ii) se l’autodisciplina possa soddisfare integralmente le esigenze di un mercato unitario;
(iii) se l’intervento comunitario debba espandersi nel tentativo di instaurare rapporti equi ;
(iv) se l’intervento legislativo armonizzatore si debba collocare al più alto livello sopportabile o se debba affidare ai singoli Stati gli spazi più ampi perché possano adeguare le regole alle necessità interne.
Esiste un filo unitario che unisce la storia delle tradizioni, le regole vigenti nei singoli Paesi, i modelli comunitari, i progetti di uniformazione: ai due pilastri del diritto dell’Unione, la Costituzione europea e il diritto privato europeo ( comunque sia decifrato e rappresentato) spetta il compito di conservarlo e di rafforzarlo.
3. Il diritto privato europeo come strumento di evoluzione della cultura giuridica. Cenni bibliografici.
Il giurista, nella prospettiva scientifica e accademica, nella sua veste di ricercatore, può trovare immense risorse nella letteratura recente. Innanzitutto, nei manuali e nelle opere collettanee in cui si rappresentano il metodo e i contenuti del diritto privato europeo. Metodo e contenuti che affondano le loro radici nel diritto comunitario, nel diritto privato internazionale, nel diritto comparato, (e, par quanto necessario,nel diritto costituzionale comparato) e che creano tuttavia un nuovo modo di pensare al diritto privato del terzo millennio.
Si tratta, anzitutto, di un problema di metodo, come aveva segnalato Luigi Moccia, nelle due opere collettanee pubblicate agli albori della costruzione del “diritto privato europeo” nella esperienza italiana ( Il diritto privato europeo: problemi e prospettive; I giuristi e l’Europa) e come propongono Hesselink (The New European Culture) e i contributi raccolti da Poillot-Peruzzetto nel volume intitolato Vers une culture juridique européenne? Si tratta di percepire le spinte verso la convergenza dei modelli continentali e dei modelli insulari che appartengono all’Europa intesa in senso geografico, come insegna Markesinis ( The Gradual Convergence. Foreign Ideas, Foreign Influences,and English Law On the Eve of the 21st Century; The Coming Together of the Common Law and the Civil Law).
Il giurista deve essere consapevole del divenire della storia, sicché , invitato a considerare la formazione storica della cultura giuridica europea, non può indulgere ad anacronismi: in altri termini, deve leggere in modo accorto sia le ricostruzioni storiche degli studiosi del diritto medievale e moderno che fanno impiego del termine “Europa”o dell’aggettivo “europeo”, essendo assodato che il significato politico di questi termini risale, al più, all’Illuminismo ( secondo la concezione di Federico Chabod), per le epoche anteriori avendo essi invece un significato geografico, e, se si vuole , religioso. Diverso è il discorso per la lex mercatoria, che tuttavia riguarda le prassi inerenti a specifici rapporti di natura commerciale. E ancora diverso è l’uso (spesso ideologico) del diritto romano, che si vorrebbe assumere a fondamento del diritto privato europeo contemporaneo, sulla base di una pietrificazione di termini e concetti del diritto bizantino trasposti sic et simpliciter nell’epoca attuale (Monateri, Black Gaius. A Quest for the Multicultural Origins of the “Western Legal Tradition”, 51 Hastings Law Journal, 2000; Mazzacane, “Il leone fuggito dal circo”: pandettistica e diritto comune europeo, Index, 2001,n.29; Giaro, “Comparemus!”. Romanistica come fattore d’unificazione dei diritti europei, Riv.crit.dir.priv., 2001,n.4) . E’ l’insegnamento che si evince dalle opere di Grossi (L’ordine giuridico medievale), di Padoa- Schioppa (Il diritto nella storia d’Europa), di Hespanha (Introduzione alla storia del diritto privato europeo).
Per i manuali, nella letteratura italiana, riflette la prima accezione di diritto privato europeo a cui ho fatto cenno, l’opera ripartita in due volumi coordinata da Antonio Tizzano, che ha ad oggetto per l’appunto Il diritto privato dell’Unione europea; il manuale di Benacchio, Diritto privato della Comunità europea; già si era posto in questo solco Rizzo, con i due volumi di contributi riguardanti il Diritto privato comunitario (Fonti, principi, obbligazioni e contratti; Lavoro impresa e società); riflette la seconda accezione di diritto privato europeo l’opera, anch’essa ripartita in due volumi, coordinata da Nicola Lipari (Diritto privato europeo).
Una analisi del diritto privato europeo in prospettiva storica, nei suoi contenuti tipici (diritto contrattuale e diritto dei consumatori; contratto in generale e contrattiu speciali; responsabilità civile; altre fonti delle obbligazioni; famiglia e successioni; ambiente; proprietà, trust e diritto societario), è la via d’ingresso all’idea di un “codice civile europeo”, di Hartkamp, Hesselink, Hondius, Joustra, du Perron (Towards a European Civil Code); nello stesso solco si muovono gli autori che hanno collaborato al’opera su Le droit privé européen, diretta da de Vareilles-Sommières e gli autori che hanno offerto il loro contributo a Van Hoecke e Ost (The Harmonisation of European Private Law).
In una prospettiva più semplificata e didascalica si colloca l’opera di Vranken (Fundamentals of European Civil Law).
Il delinearsi di un diritto privato europeo è oggetto delle analisi dei comparatisti che si occupano dei “sistemi misti”, nei quali vigono ordinamenti sub-nazionali, ovvero convivono culture giuridiche di tradizione storica diversa. In questa prospettiva, il diritto privato europeo è inteso come un organismo in cui possono (o secondo alcuni debbono) convivere sistemi diversi che mantengano tuttavia la loro specificità (AA.VV., The Contribution of Mixed Legal Systems to European Private Law a cura di Smits, e dello stesso Smits, The Making of Eurpean Private Law. Towards a Ius Commune Europaeum as a Mixed Legal System)
E’ nel campo del contratto, in generale, e della responsabilità civile che si sono misurate le forze degli studiosi di diritto privato e di diritto comparato per individuare il common core dei sistemi dell’ Europa (anche non comunitaria) e per individuare modelli di decisione trasponibili anche al di fuori dei confini nazionali, o assimilabili : i contributi più significativi costituiscono il prodotto della Scuola di Trento, con gli apporti degli studiosi europei che collaborano al progetto (ad es., Good Faith in European contract Law a cura di Zimmermann e Whittaker; The Enforceability of Promises in European Contract Law, a cura di Gordley), le iniziative di Grundmann con l’associazione Secola, di Andenas al British Institute of International and Comparative Law, o l’opera di singoli studiosi come ad es. v. Bar, The Common European Law of Torts,vol. I, II ) ;Markesinis (The German Law of Torts); Koetz ( Europaeisches Vertragsrecht), Ranieri( Europaeisches Obligationenrecht).
Senza considerare poi i numerosi studi che si sono raccolti sul progetto di codice europeo proposto dalla commissione guidata da Ole Lando ed ora da Christian v. Bar (ad es., v. Principi di diritto europeo dei contratti, parti I e II, a cura di Castronovo, Studia iuridica. Um còdigo civil para Europa; Los principios del derecho europeo de contratos, a cura di (L.) Dies-Picazo , Roca Trias, Morales.
I centri di studio sono ormai disseminati in tutta Europa: per l’Italia, si occupano di diritto privato europeo pressoché tutte le Università; e tra i centri più famosi in Europa, basti pensare a Londra, Osnabrueck, Treviri, Halle, Utrecht, Tilburg, Amsterdam, Parigi, Barcellona, Madrid, Coimbra, Oporto, e anche ai centri dei Paesi che entreranno a far parte dell’Unione nei prossimi anni.
Anche le riviste sono offrono una palestra utile per indagare il diritto privato europeo: per tutte vorrei segnalare la European Review of Private Law diretta da Hondius e (M.L.) Storme per i tipi di Kluwer Law International (per la nostra esperienza, Contratto e impresa/Europa ed Europa e diritto privato).
4. Il diritto privato europeo come strumento di formazione dell’esperienza professionale.
Il diritto privato europeo non è solo un laboratorio di speculazioni teoriche, ma ha un risvolto pratico notevolissimo.
Mentre sussiste ancora un solco tra il c.d. notariato latino e le professioni che potremmo definire notarili dell’Europa continentale settentrionale e dell’Europa insulare, per gli avvocati e i giudici la creazione del diritto privato europeo è un formidabile strumento di formazione e di applicazione professionale.
Per quanto riguarda gli avvocati e i magistrati, il diritto privato europeo, inteso nei suoi aspetti sostanziali e processuali, è già fin d’ora strumento di lavoro quotidiano. Ciò non solo per i rapporti transnazionali, ma anche per i rapporti regolati dal diritto nazionale, che afferiscono ai settori sopra indicati.
Queste note possono – allo stato - riportare solo qualche indicazione bibliografica sugli argomenti in discussione.
L’attenzione degli Ordini professionali, distrettuali e nazionali, delle associazioni di categoria, delle istituzioni che si occupano della formazione degli avvocati si è accentrata su questo fenomeno: per fare l’esempio più vicino a noi, il diritto privato europeo è materia di insegnamento nelle scuole universitarie e nelle scuole professionali, nei seminari dedicati all’aggiornamento professionale, nei seminari e nelle conferenze organizzati per gli utenti del diritto (per tutti v. (S.M.) Carbone, Il nuovo spazio giudiziario europeo dalla Convenzione di Bruxelles al Regolamento CE 44/2001; Bernitz e Hallstroem, Principles of Justice and the European Union)
Ma anche la magistratura riserva attenzione per il tema: basti citare i seminari organizzati dal CSM, per quanto riguarda la nostra esperienza, e i seminari organizzati dalla Corte di Cassazione francese a cura del Group de travail sur l’avenir de l’Europe curato dal presidente Canivet ; le ricerche che registrano il ricorso per la soluzione dei “casi difficili” alla giurisprudenza straniera (per l’esperienza italiana v. Somma, L’uso giurisprudenziale della comparazione nel diritto interno e comunitario; per l’esperienza inglese v. Markesinis, Foreign Law and Comparative Methodology. A subject and a Thesis; Always on the Same Path); gli studi sul metodo di amministrazione della giustizia e sulla valutazione del giudice (Juges et jugements:l’Europe au plurielle; a cura di Vogel; La conscience du juge dans la tradition juridique européenne, a cura di Carbasse e Depambour-Tarride).
Ed investe direttamente l’uso del diritto sostanziale la progettazione di codici europei: a questo aspetto della problematica sono indirizzati gli sforzi del Consiglio nazionale forense e della Cassa di previdenza forense (oltre alle raccolte degli atti seminariali su Il codice civile europeo, a cura di Alpa, Buccico e Danovi e La riforma dei codici in Europa e il progetto di codice civile europeo, a cura di Alpa e Buccico, v. ora Diritto dell’economia, a cura di De Tilla, Alpa e Patti).
Il tema della “codificazione” è al centro del dibattito sulla edificazione del diritto privato europeo, anche se ne coglie sono un aspetto, forse il più affascinante ma anche il più complesso e contrastato: tra le posizioni più recenti dell’anno in corso, in una letteratura che si avvia ad essere vastissima, v. ad es. Rodotà, Un codice per l’Europa?Diritti nazionali, dirittoo europeo, diritto globale, in Codici. Una riflessione per il millennio, a cura di Cappellini e Sordi, nei Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno,a cura di Grossi, n. 61; Cornu, in D., 2002, chron., 351; Malaurie, in JCP, 2002, I, 110; Charbit, ivi, I, 100; Lequette, in D. 2002, 2202; Fauvarque-Cosson, in Rev.tri.dr.civ., 2002, 463; Bush, Hondius, van Kooten, Schelhaas, Schrama, The Principles of European Contract Law and Dutch Law;
Per quanto riguarda la codificazione del diritto dei consumatori v. i materiali raccolti da Osman, Vers un code européen de la codification. Codification, unification et harmonisation du droit des Etats-membres de l’Union européenne. Towards a European Consumer Code.Codification, unification, and harmonization of European Union Member-States Law, per i tipi di Bruylant, 1998; Alpa. Il diritto dei consumatori, V ed., Roma-Bari, 2002
Ma come dicevo le soluzioni – peraltro discusse nei precedenti seminari organizzati dal Consiglio Nazionale Forense - possono procedere per gradi: individuare i punti di connessione e di convergenza, come propongono gli esponenti della Scuola di Trento; redigere un quadro di principi entro i quali collocare le regole speciali; pervenire alla redazione di un codice modello; pensare ad un codice unitario applicabile in tutti i Paesi Membri, una sorta di “lingua franca” composta dalle regole giuridiche suscettibile di essere compresa, parlata, manipolata nei quindi (e poi nei venticinque) Stati dell’Unione.
Uno ius commune che sia costruito “intorno a valori condivisi e metodi giuridici generalmente riconosciuti , come pure attorno a principi comuni e massime guida, …formato da giudici, legislatori e docenti che agiscano in cooperazione gli uni con gli altri” (Zimmermann, Diritto romano, diritto contemporaneo, diritto europeo: la tradizione civilistica oggi, Riv.dir.civ., 2001, 707-708).
Ma non si tratta, come preconizza chi ha formulato questo assunto, di un auspicio, né di un ritorno al passato all’insegna di una continuità, del tutto fallace, tra diritto romano e diritto contemporaneo: si tratta di un diritto già vigente, a cui, per il momento (ma ancora per poco, si spera) manca il consolidamento dei frammenti che ne compongono la base e l’estro modellatore del giurista proiettato nel futuro.