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- 21.02.2005 conv.AGEIE su ELTTROSMOG-spunti di riflessione

(commento sulle relazioni svolte al convegno organizzato da AGEIE il 21.02.2005)
 

ELETTROSMOG: Interazione tra Amministrazioni nazionale, locali ed organismi tecnici.

Monitoraggio dei livelli di inquinamento elettromagnetico.

Forme di tutela dei cittadini”

Convegno AGEIE - Roma. 21/02/2005

(commento a cura dell’avv. Massimo Bachetti, membro Consiglio Direttivo Nazionale AGEIE)

Dal dibattito sembra emergere una diversità fra le posizioni della comunità scientifica  internazionale e quelle di  mondo politico e  magistratura sulla questione dell’elettrosmog. Il Prof. Battaglia, vicepresidente della Fondazione Galileo 2000 ed autorevole esponente del mondo scientifico, ha affermato che il rischio dell’esposizione a sorgenti elettromagnetiche è stato sopravvalutato dalla legislazione italiana. Sul punto bisogna tener conto anche che  in Italia la normativa sull’ elettrosmog è molto più rigorosa rispetto agli altri Paesi europei nello stabilire i limiti di esposizione ed i livelli di attenzione. .Posto che la sensibilità per la salvaguardia della salute e per le questioni ambientali  dell’Unione europea non è certamente minore di quanto sia diffusa in Italia,è da presumersi che il diverso livello di tutela derivi dalla valutazione del rischio. Altro aspetto da esaminare  è l’atteggiamento della magistratura di considerare come parametro per l’adozione di misure cautelari il  rischio potenziale di compromissione della salute dei cittadini. Sotto tale profilo occorre valutare  la correttezza dei criteri seguiti in sede giurisdizionale  per l’individuazione di tale parametro .

Il quadro delineato  pone le esigenze,sempre nell’ottica della interdisciplinarietà.di stabilire una più efficace comunicazione fra mondo scientifico ed istituzioni ed   un regime uniforme a livello europeo fermo restando il principio che la salute dei cittadini costituisce l’imprescindibile bene primario da tutelare.

L’obiettivo di tale interscambio di conoscenze è quello di addivenire ad una corretta applicazione del cd principio di precauzione.  

      Nella prima metà di giugno del 1992 si è tenuta a Rio de Janeiro (Brasile) la Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo, l’«Earth Summit». Si trattò della più grande Conferenza internazionale della storia a cui parteciparono circa settanta capi di Stato, cinquanta capi di governo, centottanta delegazioni governative ufficiali ed anche qualche principe ereditario. Senza prendere alcuna decisione definitiva, il convegno cercò di mettere d’accordo le esigenze dell’ecologia con le ragioni dello sviluppo lasciando però sul tavolo gli obiettivi concreti e i mezzi per ottenerli, che le singole Nazioni avrebbero dovuto affrontare in un momento successivo.

    Fra le tante proposte venne anche raccomandata l’applicazione del cosiddetto “principio di precauzione” una norma che fece la sua prima comparsa agli inizi degli anni ’70 e che, dopo una serie di modifiche e aggiustamenti, trovò in quella occasione la sua formulazione definitiva divenendo materia dei trattati internazionali. 

    Tale principio, contenuto nell’articolo 15 della Dichiarazione di Rio, afferma quanto segue: “Ove vi siano minacce di danno serio o irreversibile, l’assenza di certezze scientifiche non deve essere usata come ragione per impedire che si adottino misure di prevenzione della degradazione ambientale”. Esso sembra quindi esprimere il saggio consiglio per cui “è meglio prevenire che curare”, ma in realtà sostiene che non si devono applicare i risultati della ricerca scientifica fino a che non si sia sicuri della loro assoluta non pericolosità per l’ambiente.

    L’Unione europea, ratificando il principio di precauzione, ha ritenuto che esso dovesse avere una portata più generale in modo da potersi applicare a tutte le situazioni nelle quali si rendesse necessario tutelare la salute dei consumatori. Il campo d'applicazione divenne quindi più vasto di quello previsto nella Dichiarazione di Rio e si estese alla salute umana, animale e vegetale. Esso finì pertanto per assumere la forma seguente: “Quando un'attività crea possibilità di fare male alla salute umana o all'ambiente, misure precauzionali dovrebbero essere prese anche se alcune relazioni di causa-effetto non sono stabilite dalla scienza”. Il principio così ampliato è diventato un’esortazione invocata con sempre maggiore frequenza dai movimenti ambientalisti per indurre lo Stato ad intervenire a difesa dell’ambiente e della salute dei cittadini, ma nello stesso tempo ha lasciato perplessi e molto critici gli scienziati.   

Il Trattato CE contiene un solo riferimento esplicito al principio di precauzione, e più precisamente, nel titolo consacrato alla protezione ambientale. Tuttavia, nella pratica, il campo d'applicazione del principio è molto più vasto e si estende anche alla politica dei consumatori e alla salute umana, animale o vegetale.

In assenza di una definizione del principio di precauzione nel Trattato o in altri testi comunitari il Consiglio, nella sua risoluzione del 13 aprile 1999, ha chiesto alla Commissione di elaborare degli orientamenti chiari ed efficaci al fine dell'applicazione di detto principio. La comunicazione della Commissione costituisce una risposta a questa domanda.

Secondo la Commissione, il principio di precauzione può essere invocato quando gli effetti potenzialmente pericolosi di un fenomeno, di un prodotto o di un processo sono stati identificati tramite una valutazione scientifica e obiettiva, ma quando questa valutazione non consente di determinare il rischio con sufficiente certezza. Il ricorso al principio si iscrive pertanto nel quadro generale dell'analisi del rischio (che comprende, oltre la valutazione del rischio, la gestione e la comunicazione del rischio) e più particolarmente nel quadro della gestione del rischio che corrisponde alla presa di decisione.

La Commissione sottolinea che il principio di precauzione può essere invocato solo nell'ipotesi di un rischio potenziale, e che non può in nessun caso giustificare una presa di decisione arbitraria.

Il ricorso al principio di precauzione è pertanto giustificato solo quando riunisce tre condizioni, ossia: l'identificazione degli effetti potenzialmente negativi, la valutazione dei dati scientifici disponibili e l'ampiezza dell'incertezza scientifica.

Per quanto riguarda le misure risultanti dal ricorso al principio di precauzione, esse possono prendere la forma di una decisione di agire o di non agire.

La risposta scelta dipende da una decisione politica, che è funzione del livello di rischio considerato come "accettabile" dalla società che deve sostenere detto rischio.

Quando agire senza attendere maggiori informazioni scientifiche sembra essere la risposta appropriata a un rischio in virtù dell'applicazione del principio di precauzione, bisogna ancora determinare la forma che deve prendere questa azione. Oltre all'adozione di atti giuridici suscettibili di controllo giuridico, tutta una serie di azioni è a disposizione dei responsabili (finanziamento di un programma di ricerca, informazione del pubblico quanto agli effetti negativi di un prodotto o di un processo ....).

In nessun caso la scelta di una misura dovrebbe basarsi su una decisione arbitraria.

Tre principi specifici dovrebbero sottendere il ricorso al principio di precauzione:

·                          l'attuazione del principio dovrebbe fondarsi su una valutazione scientifica la più completa possibile. Detta valutazione dovrebbe, nella misura del possibile, determinare in ogni istante il grado d'incertezza scientifica;

·                          qualsiasi decisione di agire o di non agire in virtù del principio di precauzione dovrebbe essere preceduta da una valutazione del rischio e delle conseguenze potenziali dell'assenza di azione;

·                          non appena i risultati dalla valutazione scientifica e/o della valutazione del rischio sono disponibili, tutte le parti in causa dovrebbero avere la possibilità di partecipare allo studio delle varie azioni prevedibili nella maggiore trasparenza possibile.

Oltre a questi principi specifici, i principi generali di una buona gestione dei rischi restano applicabili allorché il principio di precauzione viene invocato. Si tratta dei cinque seguenti principi:

·                          la proporzionalità tra le misure prese e il livello di protezione ricercato;

·                          la non discriminazione nell'applicazione delle misure;

·                          la coerenza delle misure con quelle già prese in situazioni analoghe o che fanno uso di approcci analoghi;

·                          l'esame dei vantaggi e degli oneri risultanti dall'azione o dall'assenza di azione;

Bisogna quindi verificare se i parametri stabiliti dalla Commissione europea nell’applicazione del principio di precauzione nel caso dell’elettrosmog siano correttamente applicati dallo Stato italiano.

La domanda da porsi sono:

il livello di protezione viene determinato sulla base dei risultati scientifici? il criterio di proporzionalità è correttamente applicato? vi sono difformità fra l’Italia e gli altri partners europei nell’applicazione del principio di precauzione ed eventualmente quale siano le ragioni?

Inoltre sotto il profilo dei vantaggi ed oneri risultanti dall’azione o dall’assenza di azione, vanno esaminate le ricadute sul sistema economico complessivo di una più o meno rigorosa applicazione del principio di precauzione.

Altro aspetto di particolare rilevanza emerso nel convegno è da individuarsi nell’esigenza di una attività di mediazione dei conflitti fra gestori,Enti locali,associazioni ambientalistiche , cittadini e terzi lesi  nel diritto di proprietà.

Il 17 Dicembre del 2003 l’Associazione nazionale dei comuni italiani ed il ministero delle telecomunicazioni ,gli amministratori delegati delle società di telefonia hanno sottoscritto un protocollo d’intesa per collaborare sia nella fase di installazione  sia nelle fasi successive che prevedono  il monitoraggio,il controllo e la razionalizzazione degli impianti di stazioni radio. Il protocollo prevede la realizzazione di un catasto nazionale delle infrastrutture di impianti radio ed  antenne ,l’ attivazione con periodicità progetti di monitoraggio tesi a controllare i livelli di esposizione ed attivare innovazioni tecnologiche  per minimizzare i rischi  della popolazione a promuovere  l’adozione sul piano locale di protocolli d’intesa fra i singoli comuni ed i gestori dei servizi di telefonia cellulare .

Al fine di risolvere eventuali controversie derivanti dall’applicazione del protocollo d’intesa è istituiti preso l’ANCI un gruppo tecnico ristretto composto dal ministero delle telecomunicazioni,dai Comuni e gestori del servizio di telefonia mobile.

Non vi è menzione nel testo del protocollo degli interessi dei proprietari terzi,di  profili di tutela paesaggistica,ambientalistica ed urbanistica.

Le situazioni di conflitto sono gestite nell’ambito delle consulte municipali per l’inquinamento elettromagnetico alle quali partecipano le autorità municipali associazioni ambientalistiche e cittadini.

Non esiste invece una struttura preposta a mediare gli interessi contrapposti fra gestori,cittadini,comuni,associazioni e terzi proprietari. E’ prevista solo  l’istituzione della figura di un difensore civico per questioni ambientali.

C’è la necessità di costituire un servizio  in posizione di terzietà  che svolga una funzione di mediazione,in grado di conoscere i complessi profili giuridici sottesi ai vari interessi coinvolti ed a suggerire eventuali ipotesi di composizioni.

Le modalità di siffatto servizio potrebbero essere disciplinate in apposite convenzioni con i Comuni interessati.

Prima però è importante definire beni i contenuti e le modalità del servizio .

Seguirei i seguenti criteri:

individuazione :a) dei punti di criticità del rapporto fra Comune  e gestori;

b) degli interessi di soggetti terzi:controinteressati, associazioni ambientalistiche;

c) degli interessi pubblici non presi in considerazione nel protocollo ANCI: urbanistici,ambientali paesaggistici (che non configurano diritti,ma interessi che possono dare luogo anche ad azioni risarcitorie);

d)modalità di intervento della struttura di mediazione:nell’ambito delle consulte anche in stretto rapporto con i municipi,come referente del comune  per risolvere le singole controversie e come referente principale per le valutazioni sulle problematiche generali in materia di elettrosmog (nel caso specifico) anche viste sotto il profilo dell’analisi economica

e)delle modalità di svolgimento del servizio da attuarsi in stretta collaborazione con i municipi(anche partecipando direttamente alle consulte) e come canale di collegamento con il Comune ;f)distinguere bene la diversità dell’attività di mediazione rispetto alle funzioni del difensore civico stabilendo anche forme e modalità di interazione con tale figura .

L'attività di mediazione attiene normalmente  ai conflitti in materia di diritti soggettivi fra Pubblica Amministrazione e privati. L'ipotesi a si pensa nella fattispecie  è più ampia :riguarda l'utilizzo delle tecniche di mediazione anche anche per la soluzione di problematiche che non riguardino strettamente posizioni di diritto soggettivo. Sul tema va considerato che in materia di elettrosmog i principali interessi contrapposti sono il diritto alla salute e la libertà di iniziativa economica .La tutela paesaggistica e quella urbanistica  appaiono di secondo piano e comunque devono trovare forme di conciliazione con gli interessi principali(salute ed iniziativa economica).

In conclusione vedo da una parte  le problematiche connesse all’attuazione del principio di precauzione e dall’altra  alla costituzione di una struttura che svolga attività di mediazione come importanti tematiche da sviluppare,promuovendo  anche l’organizzazione di altri convegni finalizzati alla realizzazione di iniziative operative .

DOCUMENTI ALLEGATI:

nessun documento allegato.

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