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- FRATELLANZA dei VIGILANTI - i compiti

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Il Compito della Fratellanza dei Vigilanti ¨¨

la tutela del CAMMINO MICHELITA dei Signori Pellegrini e dei Signori Malati

di Alferius Ispanicus

TUTTI SIAMO GUERRIERI

NELLA BATTAGLIA DELLA VITA,

MA ALCUNI CONDUCONO, ALTRI SEGUONO"

(Klalil Gibran)

.... ¡°tutela¡± in senso lato; ci rientra lo studio, quindi l¡¯approfondimento storico, al fine di meglio capire ed apprezzare l¡¯intervento angelico nella vita dell¡¯uomo.

Ci rientra, in base sempre alle proprie disponibili forze (fisiche, psichiche, energetiche ¨C anche il danaro ¨¨ una forma di energia, come anche il pensiero), lo spendere alcune di esse per la causa.

Cio¨¨: la conoscenza o la conoscibilit¨¤ dell¡¯azione angelica, che ha come scopo l¡¯avvento del Regno della Luce.

In effetti, ruolo dei Vigilanti ¨¨ essere strumento dell¡¯avvento del Regno della Luce.

Dico subito che questo piccolo lavoro, ben misero tributo alla cultura angelica, proporr¨¤ soprattutto MichEl, in quanto noi uomini cos¨¬ conosciamo la di lui primazia sugli altri esseri spiriti e, quindi, probabilmente, ¨¨ cops¨¬ che dobbiamo conoscere.

Ma, da quel che so, teniamo ben presente che un altro ¨¨ il Santo o Arcangelo Protettore della Via della Luce: e cio¨¨ PHANUELE o URIEL, di cui tratter¨° a parte.

Devo aggiungere un altro dato: l¡¯esposizione intreccer¨¤ vari argomenti (ovviamente nessuno trattato in modo esaustivo, ma solo toccato ai fini di fornire il pi¨´ possibile completo quadro) tra cui: storia locale, reti viarie, significato dei simboli, ¡­

Culto michelita

A Costantinopoli, dove il culto era approdato precedentemente muovendo forse dalla Frigia (ma che a Cheretopa, Colossae, Chonai, l¡¯Angelo Michele era venerato soprattutto come guaritore, in connessione con le virt¨´ salutifere delle acque termali) si pregfer¨¬ conferire a Michele l¡¯aspetto  ed il volto di un alto dignitario di corte, in bianca tunioca od in uniforme da comandante in capo delle milizie celesti, vestito con clamide purpurea e lorica imperiale, generalmente appoggiato ad una lancia, nella sinistra il labaro od il globo crocesigniato ([1]).

Abbiamo qui, dunque, gi¨¤ un breve tratteggiamento delle principali caratteristiche della figura: (A) Santo e Archangelo, (B) funzione di guaritore, (C) modo di manifestarsi, (D) attributi esteriori.

In Nord-europa, specificamente in Bretagna, sembra che fosse portato dalle popolazione celtiche.

In Italia, sembra che il culto degli angeli ¨C poco, ma gi¨¤ presente nella cultura paleocristiana ¨C sia stato introdotto dall¡¯innestarsi della cultura orientale, quindi bizantina.

Ma solo con i longobardi esso si ¨¨ attestato, posto che essi avevano preso a tutore del loro regno proprio MichEl. Non ¨¨ quindi un caso che la ¡°via michelita¡± sia costellata di roccaforti-abazie fondate o cofondate da essi; si pensi a S. in Silvis (PN), a S. Salvatore (SI); a S. Salvatore in Tancia (RI), fino al Tempio sul Gargano.

In particolare, Grimoaldo ¨C duca longobardo di Benevento, divenuto poi re del popolo longobardo ( .. ) ¨C avendo attribuito al miracoloso intervento dell¡¯Arcangelo la vittoria sui Bizantini, aveva fatto dell¡¯immagine di questi un vero istrumentum regni, un emblema della nazione longobarda ([2]); effige che rester¨¤ impressa nella monetazione fino all¡¯avento franco (re Kunibert o Cuniperto, 688 / 700).

Le grandi apparizioni ¨C ora conosciute - del Principe Celeste iniziano in questa epoca.

Cammino michelita

Il culto michelita si ¨¨ diffuso in Europa lungo un asse che (idealmente ?) unisce il santuario esistente sul Monte Gargano ¡°Montesantangelo¡± a quello esistente sulla costa di normandia francese ¡°Mont-Saint-Michel¡± ([3]).

L¡¯asse percorre nel tratto francese, la via ¡­ e nel tratto italiano in buona parte lo sviluppo della via Francigena; quindi non a caso la cerniera fra questi due tratti del percorso ¨¨ l¡¯abbazia della Chiusa, meglio nota come Sacra di San Michele in Val di Susa.

Nacque cos¨¬ quella Via Sancti Michaelis che costituiva uno degli itinerari di pellegrinaggio insieme a quelli per Santiago di Compostella, Roma e la Terrasanta. Anzi, costituendo l¡¯ossatura stessa di detti Cammini, dava vita alla stessa idea di viaggio per scoprire, per cercare.

E questa Cerca comincia spesso con un dubbio o una percezione, finisce sempre con la visione di una Stella. Un po¡¯ come successe ai Re Magi o all¡¯imperatore Costantino.

Si assistette cos¨¬ al proliferare di santuari dedicati all¡¯arcangelo Michele: piccole pievi, come la chiesa di Montesiepi, vicino all¡¯abbazia di San Galgano (SI); edifici elaborati, come il San Michele in Foro (LU); fino all¡¯abbaziale riccamente affrescata di Sant¡¯Angelo in Formis, presso Capua (LT).

Tutto questo a testimonianza di una devozione che non ha avuto ostacoli almeno fin dal IV secolo d.C., quando l¡¯arcangelo apparve sul Monte Gargano.

Rete viaria

Ma non posso trattare della ¡°via michelita¡±, senza citare subito alcune notizie sulla cos¨¬ detta rete viaria del tempo. Una ¡°rete¡± in parte diversa da quella attuale, soprattutto in considerazione della tipologia dei mezzi usati per spostarsi ([4]) ed anche del significato usuale del viaggio ([5]).

 

Era infatti denominato Via Francigena quell'insieme di percorsi che servivano a mettere in comunicazione Roma, citt¨¤ santa, con i territori dell'Europa centro-occidentale ([6]) e le sue origini si collocano nei secoli VII e VIII e per la necessit¨¤ dei Longobardi di collegare il regno di Pavia con i territori del centro e sud Italia ([7]).

La via era presidiata nei punti strategici da una rete di fortificazioni: oltre a vere e proprie fortezze, stabilmente presidiate con soldati, la funzione di sicurezza era affidata alle "abbazie regie", monasteri fortificati che obbedivano direttamente ai re longobardi e che gestivano anche le funzioni di ospizio per i viandanti ([8]).

 

Deve per¨° essere ricordato un concomitante - a volte sovrapponentesi, altre con rapporto causa/effetto - fenomeno: tra l'VIII ed il XII secolo l¡¯Ordine dei Benedettini aveva fondato numerose abbazie, inizialmente con scopi missionari, ivi compresa la bonifica con tecniche innovative di terre abbandonate o incolte ([9]). Esse ¨C allora come ora - presto divennero luoghi ove alloggiare pellegrini, viandanti, malati e bisognosi di varia natura.

Si incrementarono cos¨¬ degli itinerari e sottoitinerari, caratterizzati soprattutto dall¡¯accoglienza e dalla sicurezza delle comunicazioni, hce aveva senz¡¯altro ripreso percorsi viari resi validi dall¡¯impero.

Questi itinerari costituivano la ¡°rete di comunicazioni¡± del tempo e, n¨¦ pi¨´ n¨¦ meno come oggi, c¡¯erano concessionari e subconcessionari che fornivano i servizi necessari alla permanenza di tale situazione: dalla riparazione delle strade, all¡¯assistenza ai viaggiatori ed alle merci, alla sicurezza ed al loro diletto.

Cos¨¬ i vari Ordini Ospitalieri, longa manus dei diversi Ordini Religiosi, a loro volta ¨C spesso ¨C diretti ¡°concessionari¡± di pi¨´ o meno lunghi tratti viari, servivano i Signori Pellegrini.

In tal modo, ritengo, essi servivano l¡¯idea di mettere in comunicazione gli uomini, far viaggiare le notizie, irradiare la cultura.

 

Lungo l'itinerario si trovavano, come detto, edifici di vario tipo e genere, da grandi abazie a piccoli luoghi di riparo del viandante.

Cos¨¬ si ricordano nel Centro-Italia le abbazie di San Pietro e di San Gaudenzio (a Rimini [10]), San Paolo (Monte San Paolo) [11], San Michele Arcangelo in Sasso (Sasso di Simone), San Michele Arcangelo in Lamoli, San Michele Arcangelo dei Tedaldi (Badia Tedalda) [12] e Santo Sepolcro (Sansepolcro [13]).

Altri "Hospitalia" appertennero all'ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro.

Le chiese e gli ospedali da loro gestiti, lungo il percorso qui descritto, erano il monastero di San Salvatore e l'ospedale di Ospedaletto ([14]), Santa Croce di Monte Tassi, Santa Croce e Santa Caterina di Montecerignone [15].

Altri "Hospitii" appertennero all'ordine dei francescani, che avevano fondato conventi con annessi ospedali e lebbrosari.

Di essi sono da citare il Convento della Faggiola (San Bonaventura), San Lazzaro (Ponte Cappuccini), San Nicol¨° (Carpegna) e Santa Maria di Montecasale .

Pi¨´ difficile ¨¨ ricostruire le mappe con luoghi protetti dai Cavalieri del Tau (tra cui: abazia di San Salvatore a Monte Corona, abazia San Salvatore a Monte Amiata [16]), dai Cavalieri Antoniani e di quelli di San Tommaso, ai quali appartenevano soprattutto magioni lungo la dorsale appenninica.

Altri appartennero all'ordine dei benedettini [17].

In particolare, quelli sui valichi appenninici, erano edifici fortificati di ricovero - gestiti da monaci armati - che facevano anche da guida ai gruppi di pellegrini sui tratti montani (Palazzo dei Monaci presso Viamaggio).

Lungo i percorsi le c.d. "maest¨¤" - cio¨¨ pievi, chiesette e cappelle isolate con panchine ai lati interni - davano riparo ai viandanti in caso di improvviso maltempo o al sopraggiungere della notte (si ricordano, tra le innumerevoli pievi, celle, altari, [18]).

Le infrastrutture "di ospitalit¨¤" (da cui hospitale e hospitio¡±) gestite dai religiosi si mantennero per lo pi¨´ grazie ai doni dei pellegrini, nonch¨¦ dei signori del luogo; in parte anche dai proventi delle terre ad esse pertinenti.

 

Interessante ¨¨ poi ricordare che anche il potere civile tent¨° di sfruttare e controllare il flusso migratorio.

Tra i sistemi vi era quello di riscuotere pedaggi o tariffe, ma anche la gestione di taverne, locande e molini ([19]) nei centri abitati. Anche in questi casi, tuttavia, aveva luogo un ¡°arrendamento¡± cio¨¨ una concessione a privati del diritto di sfruttamento, a fronte del pagamento di un importo (in genere una tassa annuale fissa; a volte, sotto forma di percentuale costante).

Anche in questi casi, il controllo delle strade veniva effettuato, o tramite le torri isolate (come quelle di: torre di Monte Faggiola, torre di San Cristoforo [20], torri di Montelabreve, Parchiule, Ville di Parchiule, Pischiano e Ca' d'Onofrio) o castelli (come quelli di Montetauro, Montegiardino, Faetano, castello di San Pietro di Rocca Corbara, castello Begni, rocca di Montecerignone [21], torri di Monteboaggine, Paschio, Miratoio, castelli di Petrella Massana e Stiavola, ¡­).

Alcuni di essi erano proprio luoghi isolati, spesso malfamati; la loro gestione era affidata a civili che ¨C di fatto ¨C riscuotevano il pedaggio n¨¦ pi¨´ n¨¦ meno di quanto facevano i briganti, divenuti a volte famosi (come Ghino di Tacco a ¡­).

 

Con curiosa analogia si possono anche ricordare gli esempi marinari dei capitani che ricevevano i ¡°brevetti di corsa¡±, con i quali potevano impunemente taglieggiare i commercianti, con la scusa di portare danni alle flottiglie nemiche [22].

 

I pellegrini

La sensazione di essere un "pellegrino" sulla terra ¨¨ ben presente nei testi dell'epoca.

Scriveva un cronista dell' XIII secolo: "II tempo del pellegrinaggio ¨¨ l¡¯et¨¤ presente, nella quale siamo sempre come uomini in battaglia".

Appare evidente che la concezione cristiana della vita, in epoca medievale, ¨¨ profondamente legata al significato del "viaggio"; ma anche a quello del ¡°sacrificio¡± e della immanenza della dimensione spirituale.

Viaggio per conoscere, gli altri e s¨¦ stessi; ma anche viaggio per redimersi. Tipico simbolo di tale viaggio ¨¨ infatti il ¡°labirinto¡±, dove ci si pu¨° perdere, oppure ritrovare la vera vita.

I luoghi della "salvezza" per la fede cristiana erano a quell'epoca Gerusalemme, Roma, Campostella.

I percorsi per raggiungerli erano costellati di insidie, difficolt¨¤, incognite, proprio come la vita dell'uomo.

 

Fra il V ed il IX secolo. Stando alla impressione che personalmente ho tratto dalle letture storiche, i viaggiatori erano per lo pi¨´ mercanti, cio¨¨ soggetti tenuti a spostarsi per ragioni di lavoro. Per lo pi¨´ tali spostamenti avvenivano per brevi tratti e comunque all¡¯interno di sfere di pertinenza. I grandi viaggiatori .- come ¨¨ il caso di missionari, diplomatici, scopritori ¨C erano delle eccezioni.

Per questa epoca, quindi, non poarlerei di sicurezza o meno delle strade; semplicemente, non c¡¯era vera comunicazione.

Fra il X ed il XIV secolo la maggioranza dei viandanti ¨C diversi dai mercanti - era probabilmente costituita dai pellegrini [23].

Una parte di essi si recava in pellegrinaggio per motivi di fede, per desiderio di ascesi o per venerare la tomba di un santo. Ma una parte, probabilmente non indifferente, intraprendeva il viaggio per penitenza.

L'insicurezza del viaggiare nel medioevo, con il pericolo di contrarre malattie od incorrere in incidenti spesso mortali, di essere assaliti, derubati ed a volte anche uccisi dai briganti ¨C sorte da cui non erano esclusi neppure i signori dei castelli - rendeva talvolta il pellegrinaggio una pena maggiore di quelle corporali.

Quanto fosse grande la paura di soccombere alle fatiche ed ai pericoli del viaggio possiamo dedurlo dai numerosi testamenti di quell'epoca pervenutici; prassi che, in certe epoche, divenne addirittura un obbligo.

La condanna al pellegrinaggio penitenziario veniva inflitta dalle istituzioni ecclesiastiche per assassinio del padre, dei parenti prossimi o dei membri del clero, incesto, sodomia, furti dei beni della Chiesa, alle donne per adulterio, aborto ed infanticidio, reati che venivano spesso allo scoperto solo nei confessionali. Alla meta prescritta questi pellegrini coatti dovevano esibire e far firmare una speciale lettera indirizzata alle autorit¨¤ religiose e solo se la riportavano al loro paese d'origine veniva loro perdonato il reato.

L'insicurezza del viaggio indusse i pellegrini ad aggregarsi fra loro o, se era possibile, alle carovane dei mercanti che spesso erano scortate da soldati armati. Sui valichi potevano chiedere l'aiuto di guide armate alle dipendenze delle abbazie.

Solo i ricchi si potevano permettere l'uso del cavallo; per gli altri ¡­c¡¯erano i piedi. Anzi, per i pellegrini coatti solo i piedi nudi, con vestiti a brandelli ed a volte con addosso delle catene.

 

In questo contesto, appare importante ¨C anche se non molto nota, la c.d. ¡°via di San Colombano¡±. Essa svolgeva funzione di collegamento tra Pavia e Bobbio e tra quest'ultima ed i monasteri "gemelli": Luxenil, Fontaine ed Annegray, da una parte e gi¨´ fino a Roma passando per San Salvatore sull¡¯Amiata, San Salvatore sul Tancia, dall¡¯altra [24].

 

Apparizioni michelite

E¡¯ lui la guida, il tramite, l¡¯ispiratore.

Il culto ¨¨ precoce nell¡¯era cristiana italiana. Gi¨¤ nel V secolo ¨¨ attestato sia in Umbria - con un gran numero di chiese, cappelle e oratori - che a Roma, con una chiesa dedicata a Sancti Arcangeli Michael al VI miglio della via Salaria.

La diffusione nel ducato spoletino, nella Sabina, nel Reatino in particlare, in Abruzzo e nel ducato romano fu anche opera dei benedettini di Farfa ai quali il duca Ildeprando di Spoleto nel 774 don¨° il santuario dedicato al santo sul monte Tancia.

Nei luoghi delle sue apparizioni sorsero santuari, la cui origine si pu¨° collocare tra la fine del V e l¡¯inizio del VI secolo. Ed ¨¨ il Liber de apparitione santi Michaelis, la cui stesura risale all¡¯VIII secolo, fatta per celebrare l¡¯evento garganico, che ricostruisce in maniera suggestiva alcuni dei fatti miracolosi che diedero origine al culto dell¡¯Arcangelo.

Il culto ¨¨ legato ad una serie di apparizioni avvenute nel corso dei secoli [25].

La prima, sembra, fu quella del Monte Tancia, intorno al 330 [26].

Poi vi ¨¨ quella che viene tradizionalmente datata all¡¯anno 490 [27].

Quindi l¡¯apparizione di S. Michele, detta ¡°della Vittoria¡±, datata al 492 [28].

L¡¯apparizione chiamata ¡°L¡¯episodio della Dedicazione¡± viene posta nell¡¯anno 493 [29].

Ad esse va aggiunta quella di Roma databile intorno al 600 [30].

Infine (?), l¡¯apparizione molto pi¨´ recente del 1656 [31].

Il principe Celeste ¨¨, tra l¡¯altro, il nume tutelare di un personaggio particolare fr¨¤ Galgano da Monte Siepi, figura di uomo tra le pi¨´ suggestive del medioevo e di santo tra i pi¨´ particolari della cristianit¨¤.

Entrambi ¨C persona e luogo ¨C a loro volta connessi con una serie di luoghi, fin su l¡¯irlanda.

Longobardi

A tale popolazione ¨C spesso definita barbara, irruenta, grezza, .¡­ - un merito storico credo vada riconosciuto: nel declino economico ed istituzionale della societ¨¤ romana, nella quale sembra che parte importantissima era lo sfruttamento del lavoro degli schiavi, essi portarono le loro strutture socio-economiche.

In tal modo, da una parte, sostituirono gradualmente la societ¨¤ localistica e parcellizzata delle ¡°mansioni¡± a quella ¡°globalizzata¡± del proprio regno. Al diritto ¡°personale¡± sostituirono le proprie istituzioni, tra cui specificamente  il principio per loro fondamentale del diritto consuetudinario.

Entrambi applicati assieme al criterio del c.d. "mundio", che consisteva in un principio di protezione bidirezionale: dall'alto verso i sudditi, in cambio di vari tipi di sottomissione; esso, in sostanza introduceva un reciproco rispetto, basato dull¡¯utilit¨¤ vicendevole. In esso rimaneva pur sempre una societ¨¤ divisa in classi - vassalli, arimanni, aldi, servi della gleba, liberti - in cui le libert¨¤ e i diritti umani erano probabilmente precari e comunque difformi da quel concetto di legalit¨¤, proprio ¨C almeno teoricamente - del tempi moderni.

In tale situazione, quasi difficile da comprendersi, la Chiesa romana riusc¨¬ a mantenere i propri possedimenti territoriali, riuscendo addirittura a stabilire con i nuovi occupanti rapporti di equilibrio, che diventarono di pacifiche intese, fino ad arrivare ad una forte influenza durante il regno del re Autari, la cui abilit¨¤ politica determin¨° migliori condizioni per una elevata integrazione etnica.

Fra i suoi successori, va ricordato Rotari, il cui famoso Editto costitu¨¬ un interessante tentativo di codificazione di antiche consuetudini germaniche (proprie dei longobardi) combinate ed inquadrate con i principi derivanti dal diritto romano, sia consuetudinario che dalla raccolta di leggi di Giustiniano. Probabilmente tale coacervo costituiva una legislazione bizzarra - a volte difficilmente applicabile e di fatto inapplicata - ma pur sempre un sistema normativo generale che regolava i rapporti umani; sistema che ha poi peraltro influito sulle legislazioni posteriori.

Succedutogli Liutprando, morto intorno all'anno 740, sal¨¬ al trono Rachis, il re longobardo che, ispirato da evocazioni divine, erog¨° omaggi e privilegi a papa Gregorio III e promosse la costruzione di numerosi monasteri nei territori ove esercitava il potere longobardo.

E¡¯ in tale contesto che si pose il nobile Erfone [32].

Erfone, Marco e Anto, erano figli di Pietro, duca longobardo del Friuli. Di essi, viene normalmente ricordato il primo che, preso da entusiasmo per la vita monastica, spinto forse da una sincera vocazione cristiana oppure da altre motivazioni difficilmente oggi provabili, fond¨° una serie di edifici monastici.

La peculoiarit¨¤ di tale opera, per¨°, sta sia nella loro dislocazione ¨C lungo la via militare di penetrazione del territorio italico ¨C e sia nelle particolari pitture e sculture che vi erano rappresentate.

Erfone, dopo che nel Friuli aveva fondato due conventi ¨C le Abazie di Sesto in Silvis [33] e di Salto di Cividale [34] ¨C scese in Toscana, per far edificare Abadia San Salvatore in Monte Amiata.

Tale ultimo edificio, per lui evidentemente cos¨¬ importante, fu eretto forse ¨C e come io credo - su incoraggiamento del Re Rachis, con dedicatio al Salvator Mundi, secondo il culto cristiano e la liturgia longobarda. Per la fondazione e la crescita del monastero da lui stesso presieduto addirittura come abate, dal re ebbe anche un vasto dominio adiacente costituito da campi arativi e boschivi, con i relativi diritti.

E tutto ci¨° avveniva contemporaneamente all¡¯arrivo di San Brandano dall¡¯Irlanda, figlio spirituale di San Patrizio [35], latore di Sacre Reliquie e di Cultura.

Nel VIII secolo dopo Cristo, nasce il primo nucleo del monastero di San Salvatore [36]. Ma vari altri erano i luoghi di presidio [37]. I siti ad oggi rilevati, a seguito di recenti e meno recenti ricognizioni, si collocano preferibilmente nella fascia di fondovalle, tra i 400 e i 600 metri di altitudine mentre alcuni di minore dimensione e importanza sono collocabili in fasce altitudinali pi¨´ elevate.

Il monte Amiata ed il Monte Soratte [38] rientravano nella conquista dei Longobardi, che non fu una conquista stabile e breve, ma un processo di razzie e di invasioni progressive a largo raggio, che conobbe una intensificazione con Alboino in un periodo in cui le difese del tardo impero romano venivano dislocate in altri fronti territoriali. In questo periodo di dominazione longobarda, la parte orientale del monte Amiata [39], si presume inserita in uno dei potentati dell'Italia Centrale e pi¨´ precisamente quello di Chiusi, che coincideva anche con una specifica diocesi pontificia.

¨C S E G U E ¨C

di Alferius Ispanicus



[1] BELLI D¡¯ELIA, P., L¡¯iconograziea di San Michele o dell¡¯Arcangelo Michele, on web.

[2] BELLI D¡¯ELIA, op. cit.; OTRANTO, ¡­1988.

[4] Dopo il crollo dell'Impero Romano la rete stradale si dissest¨° per la mancanza di manutenzione in un periodo di elevata piovosit¨¤ e per le frequenti alluvioni. Anche a causa delle invasioni barbariche e delle guerre condotte nella regione dai bizantini e dai goti, dai longobardi e dai franchi carolingi, la vita era segnata dall'autarchia; il commercio su lunga distanza era quasi cessato. Le vie erano percorse solo da chi sentiva la necessit¨¤ o era costretto a viaggiare. Erano commercianti, soldati, studenti ed artigiani che intendevano perfezionare la loro arte od il mestiere altrove, pellegrini e religiosi. Il trasporto delle merci veniva effettuato su barche, quando era possibile, o su animali da soma. Le "strade" medioevali di solito non erano altro che sentieri e mulattiere. Nel tratto appenninico si preferivano i sentieri di cresta, non solo per il clima pi¨´ salubre e ventilato, la minore presenza di guadi, di tratti melmosi, di fitta vegetazione, l'assenza di zanzare, la presenza di sorgenti di acqua pulita, ma anche perch¨¦ dall'alto, sui tratti esposti, si correva minor pericolo di essere sorpresi da malviventi che depredavano i viandanti. Gli itinerari variavano a seconda delle condizioni meteorologiche (neve, valanghe, piene dei corsi d'acqua), dello stato delle vie (frane e smottamenti) e della situazione politica dei paesi da attraversare (pedaggi da pagare, guerre tra i castelli). Inoltre c'era anche chi evitava i castelli per vari motivi, non di rado giuridici, e preferiva pernottare in luoghi isolati. Per i viaggiatori, sopratutto i pellegrini, sorgevano lungo gli itinerari infrastrutture per l'accoghenza ed il soccorso.

[5] Da quando esistono religioni con un culto legato a localit¨¤ che si ritenga abbiano particolari poteri sopranaturali, l'uomo compie pellegrinaggi per raggiungere tali luoghi sia per chiedere grazie alle divinit¨¤ celebrate nei santuari, sia per offrire ex voto. Questo fenomeno continu¨° anche dopo la diffusione del cristianesimo in tutta Europa ed i fedeli si recavano sulle tombe dei santi o nei luoghi dove si custodivano reliquie provenienti dalla Terra Santa. Durante il medioevo la sede del vescovo di Roma, capo della cristianit¨¤ occidentale, divenne una delle principali mete dei pellegrinaggi. A Ravenna convergevano le linee viarie e marittime dirette dai paesi dell'est e nord-est verso Roma; Ancona era porto d'imbarco per l'oriente cristiano e Gerusalemme. Una fascia di "strade" congiungeva la costa adriatica con la valle del Tevere, lungo la quale era pi¨´ facile raggiungere Roma.

[6] Il nome metteva in risalto la sua origine dai territori "francesi", ma localmente era anche detta "Romea" per sottolineare che portava a Roma, centro della cristianit¨¤. In realt¨¤ il termine "Francia" indicava s¨¬ l'attuale territorio francese, ma, pi¨´ in generale, i territori dominati dai Franchi, e quindi anche parte dell'Europa centro-settentrionale

[7] Con il passaggio della dominazione longobarda alla dominazione franca la strada crebbe di importanza.

Relazioni di viaggiatori alla fine del primo millennio documentano il percorso che per molti secoli, pur con numerose varianti locali, rest¨° comunque confermato nelle sue direttrici fondamentali.

[8] Allontanandosi da Roma, la Via Francigena seguiva il tracciato dell'antica Cassia e, toccata Bolsena e Acquapendente, si inoltrava in Val d'Orcia sino a Siena e poi seguiva la Val d'Elsa sino a San Gimignano. Di qui traversava i colli della Toscana centrale sino a Lucca e Camaiore; risaliva la Versilia sino a Luni / Sarzana. Di qui i pellegrini diretti a Santiago de Compostela potevano imbarcarsi e navigare fino al delta del Rodano ricongiungendosi, a Montpellier, alla Via Tolosana. Da Luni si inoltrava in Lunigiana valicando l'Appennino al passo del Monte Bardone (ora passo della Cisa). Passati il borgo antico di Berceto la strada scendeva il versante appenninico fino a Fornovo e, raggiunta la pianura padana, piegava verso nord ovest toccando Fidenza e Piacenza, dove guadava il Po. Toccando Pavia, Vercelli e Ivrea si poteva proseguire nella Val d'Aosta superando le Alpi tramite il passo del Gran San Bernardo (nord ovest).

[9] Utile da consultare: in http://www.cairimini.it/sentieri/sentiero08.htm ¡°La Strada Romea, da Rimini a Sansepolcro ripercorrendo il sentiero dei pellegrini¡± di : Detlef Musielak.

[10] Rimini - Venne fondata nel 268 a.C. dai Romani. Fu ducato sotto i Longobardi e pass¨° nel 571 alla Chiesa per donazione di Pipino Re dei Franchi. Nel 1157 venne riconosciuto da Federico Barbarossa libero Comune. Dalle lotte fra Guelfi e Ghibellini uscirono vincitori nel 1295 i Malatesta che ressero le sorti della citt¨¤ fino al XVI secolo, quando Rimini torn¨° sotto il diretto governo della Chiesa. Borgo San Giuliano, sorto nell'alto medioevo attorno all'abbazia benedettina di San Pietro (dell'816), edificata sul posto di una chiesa paleocristiana costruita sulle rovine di un tempio pagano. L'abbazia ¨¨ scomparsa. Al suo posto si trova dal XVI secolo la chiesa di San Giuliano. Sant'Agostino, edificata nel 1247. Della primitiva chiesa e del convento agostiniano resta il campanile, in stile romanico. La chiesa conserva il maggiore ciclo di pitture trecentesche dell'Italia. Tempio Malatestiano, chiesa risalente al XIII secolo e dedicata a San Francesco e Santa Colomba, assunse l'aspetto attuale nel 1450-60.

Chiesa dei Servi, del 1314 e restaurata nel 1778. Santa Maria di Misericordia, del 1368. Vi era annesso un ospedale. San Giovanni Battista, del XII secolo, completamente rinnovata nel XVIII secolo. Dapprima convento dei carmelitani, nel 1797 pass¨° ai cappuccini. Sant'Agnese, fondata prima del 1000, poi rifatta e dopo il terremoto del 1916 interamente ricostruita

[11] Monte San Paolo, il convento benedettino che qui sorse nel XII secolo venne saccheggiato e rovinato nel XIV secolo. I monaci si trasferirono nell'abbazia di San Cristoforo di Urbania. Montetassi, il "Castrun Mons Taxorum" ebbe nel 1293 trenta famiglie. La rocca venne fatta costruire dai conti Candolfini, che vi risiedettero sino al XVIII secolo. Il "Castrum Luxorio" presso la chiesa di Santa Lucia ¨¨ dirupato nel 1293. Anche del Castelvecchio presso la chiesa di Santa Croce non restano tracce. La chiesa, del XII secolo, fu dell'Ordine del Santo Sepolcro ed aveva un'ospedale. San Bonaventura, convento francescano fondato nel XIII secolo. Ora ¨¨ casa colonica. Ponte Cappuccini, presso la chiesa di San Lazzaro esisteva un'ospedale per i pellegrini. Agli inizi del 1500 su quest'area sorse il convento tuttora dei frati cappuccini, che ha dato nome all'abitato. Carpegna, conosciuta all'epoca romana come "Pagus Arpineus". Vi sorsero due castelli: "Castrum Carpinei" sul pianello, ora franato, ed il longobardo "Castrum Arimannorum" (la Castellaccia). Questi due castelli vennero uniti nel Comune di Carpegna nel 1817. Dall'XI secolo vi risiedono i conti di Carpegna. Nel 1570 i Medici si impossessarono della Contea, che venne assorbita dalla Chiesa nel 1819. Palazzo Carpegna, voluto dal cardinale Gaspare di Carpegna e costruito fra il 1675 ed il 1695 in stile rinascimentale-barocco. Fontana pubblica, la vasca ¨¨ ricavata da un'antico sepolcro. Chiesa di San Leo, costruita nel 1203, con affreschi di Evangelista di Piandimeleto (maestro di Raffaello) ed un quadro del Tiepolo. San Pietro, del 1626, ospita una statua della Madonna del Rosario del XVI secolo. San Nicol¨°, del 1600, che fino al 1818 era dedicata a Sant'Annunziata e San Francesco d'Assisi. Dal 1492, quando il loro convento alla Selva dei Frati fu travolto da una frana, ospita i frati francescani. La chiesa fu protagonista, nel 1970, del suono delle campane senza che esse si mossero.

[12] Il Sasso di Simone ed il Simoncello sono due massi di calcare corallino che "galleggiano" come zattere sull'argilla scagliosa. Essa ¨¨ coperta a settentrione da fitta querceta mentre a meridione, dove l'uomo nei secoli passati ha distrutto il manto forestale per ricavarne pascoli, ¨¨ calancata in modo impressionante. I due massi sono circondati da frane composte da blocchi che nel corso dei millenni si sono staccati dalle pareti rocciose. Occhi esperti possono trovare fossili di fauna pelagica (delle barriere coralline). Sul Sasso di Simone sono stati rinvenuti resti di mura e manufatti dell'et¨¤ del bronzo. All'epoca romana era area di pascolo per bovini. Il toponimo sembra derivare da un Simon, compagno di Leus e Marinus, oppure da un monaco bizantino che si sarebbe rifugiato su questo monte. I monaci benedettini eressero sul Sasso di Simone l'abbazia di San Michele Arcangelo, citata la prima volta in un documento del 1124, che venne abbandonata nel XIV secolo per le avverse condizioni meteorologiche che, specie d'inverno, regnavano sulla sommit¨¤. I monaci si trasferirono dapprima a San Sisto e, quando rovin¨° il convento, al Monastero del Mutino.

Lorenzo de' Medici per consolidare il suo potere sulla contea di Carpegna, della quale si era impossessato nel 1570, fece costruire nel 1586, sui ruderi dell'abbazia, una fortezza: la "Citt¨¤ del Sole", che nel 1675 venne abbandonata a causa del clima e delle difficolt¨¤ dell'approvvigionamento.

La chiesa rimase in piedi sino al XVIII secolo. Di questa citt¨¤ tardorinascimentale rimangono la rampa d'accesso selciata, le mura di base delle case e la cisterna, tutte oramai invase da un bosco di cerro.

[13] Sansepolcro, nel 950 venne costruita una cappella per custodire delle reliquie del Santo Sepolcro portatevi da due pellegrini dalla Terra Santa. Sorse poi l'abbazia benedettina del "Sancto Sepolcro in Noceati", attorno alla quale si svilupp¨° il "Borgo San Sepolcro". Feudo degli abati camaldolesi, divenne nel 1296 libero comune, che si difese contro i Castellani, i Perugini e gli Aretini. Fu poi signoria dei Malatesta (1370-1430) e dei Lorena. Il centro storico ha mantenuto il suo aspetto medioevale e rinascimentale nonostante le devastazioni della seconda guerra mondiale. L'originaria abbazia fu demolita ed al suo posto ricostruita la cattedrale tra la fine del XIII e l'inizio del XIV secolo. Altre chiese medioevali sono Sant'Agostino, San Lorenzo, San Francesco e la chiesa dei Servi di Maria. Sansepolcro fu patria del pittore rinascimentale Pietro della Francesca (1420-1492).

[14] San Salvatore, fu chiesa monastica dell'Ordine del Santo Sepolcro, di stile romanico (XI secolo).

Ospedaletto, qui si trovava un'ospedale per i pellegrini, dipendente dal priorato di San Salvatore.

[15] La chiesa di Santa Croce nel borgo era dell'Ordine del Santo Sepolcro. Vi era annesso un'ospedale per i pellegrini; oggi ¨¨ un'edificio condominiale.

La chiesa di Santa Caterina, anch'essa dell'Ordine del Santo Sepolcro, con l'annesso ospedale, divenne convento femminile ed ospita oggi la biblioteca e le scuole comunali.

Altre due chiese sono Santa Maria Vecchia edificata sulle macerie del tempio della dea Lucina, e Santa Maria delle Grazie, o Santuario del Beato Domenico che fece parte di un convento domenicano.

La rocca pass¨° dai Malatesta ai Montefeltro nel 1464. Si presenta oggi nell'aspetto che assunse dopo la ristrutturazione del 1478 a cura di Francesco di Giorgio Martini da Siena.

[16] Le fonti documentali pi¨´ antiche sulla vita del monastero di San Salvatore sul Monte Amiata risalgono al 742 dopo Cristo, anche se vi ¨¨ da dire che l'attendibilit¨¤ di alcune di queste carte ¨¨ stata messa in discussione. Ma ¨¨ nel settembre del 770 che abbiamo il primo riscontro sicuro sull'esistenza del monastero; altri documenti immediatamente successivi ci informano che il monastero era gi¨¤ conosciuto e attivo da vari anni, per cui ¨¨ lecito presumere che il monastero sorse sicuramente nei primi decenni dell'ottavo secolo.

Un contributo alla conoscenza delle circostanze che determinarono la fondazione del monastero viene forse dal noto "diploma di Rachis", riconosciuto poi come sicuramente apocrifo, per cui assume oggi soltanto il sapore di leggenda, una leggenda che tuttavia non ¨¨ estranea a tradizioni lungamente tramandate nel tempo e che ha il merito di confondere assieme all'alone fantastico che ingenuamente ostenta, anche eventi storici parzialmente provati.

[17] Selva Entiatia, nome dato forse dai romani a questa foresta di querce ai piedi del Sasso di simone. L'etimologia ¨¨ controversa ("Bosco degli Oracoli", "Selva dell'Ispirazione" oppure semplicemente "Bosco dei Campi"). Montelabreve, era nel XII e nel XIII secolo una delle principali tappe della Strada Romea. Venne citato nel XV secolo come castello con torre e molino. Rimase contea molto popolata fino al XVIII secolo. Gorgascura, dell'originario castello restano, ormai invaso dai rovi, pochi ruderi della rocca, della chiesa di San Giovanni e del mulino. Gorgascura era capoluogo di una contea (dei longobardi di Schiantesi di Montedoglio) in eterna lotta con Montelabreve, finch¨¦ nel 1794 venne annesso a questo comune per disposizione del granduca Leopoldo. Castellacciola, castello citato nel XII secolo, ormai abbandonato, cos¨¬ come la chiesa ed il cimitero. Qui sorgeva una torre, che collegava quella di Ville di Parchiule con quella del Poggio Monterano (e Badia Tedalda). Parchiule, il "Castrum Particulae" venne fondato dai monaci di Lamoli e da esso dipendeva. Sorse attorno alla chiesa di Santa maria, ricordata nel 1180. Occupato nel 1337 dai Faggiolani, era di propriet¨¤ nel 1353 di Nerio, figlio di Uguccione della Faggiola. Nel 1390 Papa Bonifacio IX concedette Parchiule in vicariato al conte Antonio da Montefeltro e rest¨° nello stato urbinate fino al 1631. Del castello rimangono i resti della torre. Il villaggio si ¨¨ spostato a valle lungo il fiume Auro. L'attuale chiesa di Santa Maria e San Damiano ¨¨ del 1744. Di fronte, dall'altra parte del ponte medioevale, si trova la Cappella dei Crociani del 1571 ed il mulino del XVII secolo. Lamoli, con l'Abbazia di San Michele Arcangelo fondata dai benedettini nel VII secolo sul luogo di una chiesa ariana. La chiesa, in stile romanico, e l'annesso edificio sono del XII secolo. L'abbazia era, fino al XV secolo, il centro della Massa Trabaria. Nei pressi dell'abbazia nacque il "Castrum Lamularum", che Gentile Brancaleoni di Mercatello port¨° in dote a Federico da Montefeltro. Case Barboni, borgo rurale con edifici di struttura rinascimentale, del 1400. Pare che il toponimo faccia riferimento a fuggiaschi ugonotti che qui si sono stanziati. La loggia di una delle case si dice provenga dall'abbazia abbandonata del Sasso di Simone. Petrella Massana, castello medioevale facente parte della Massa Trabaria. Venne concessa da Bonifacio IX ai Brancaleoni nel 1394. La rocca e la torre sono scomparsi e sostituiti da una croce. Ville di Parchiule, spicca la torre, alta 10 metri e costruita dalla prima met¨¤ del XIII secolo. Dipendeva da Parchiule. L'attuale agglomerato rurale ¨¨ sorto nel XVI secolo. Poggio della Rocca, qui sorgeva nel X secolo una rocca fatta costruire da re Filippo, fratello dell'imperatore Enrico I. Ne restano pochi ruderi. Eremo di Santa Maria di Montecasale, eretto come ospizio per i pellegrini nel XII secolo dai Camaldolesi con le pietre della rocca "Casale d'Afra", sorta nel VIII secolo a poca distanza e smantellata poco dopo il 1186. L'Eremo fu donato nel 1212 a Francesco d'Assisi. Venne ampliato nel 1440-50 e restaurato dopo un crollo nel 1540. Pass¨° nel 1531 ai cappuccini. Soppresso nel 1810 su ordine di Napoleone, torn¨° ai cappuccini nel 1894.

[18] In ¡­. la pieve di S. Pietro in Messa, ¡­¡­¡­¡­¡­¡­¡­¡­¡­¡­¡­ e la pieve di S. Martino in Rafaneto. ¡­¡­¡­.

La pieve Carli, nella val d¡¯Orcia. Al cui proposito, Enzo Carli di recente con argomentazioni stilistiche e notizie d'archivio ha negato tale paternit¨¤ per l'eleganza e lo slancio di quelle sculture che non sembrano avere rapporti con le opere attribuite all'Arrighetti dal Romagnoli: le statue di San Giuseppe nella chiesa dell'Onda a Siena, di Sant'Antonio da Padova e di San Giuseppe della Pieve a Carli. Si tratterebbe piuttosto del lavoro di Domenico Cavedon, un artista quasi sconosciuto, spesso confuso con lo stesso Arrighetti e con lui attivo nel piccolo cantiere di San Niccolo in Sasso negli anni '20 del Seicento (E. Carli,  1995,  p.15  e  segg.).  Nelle  carte  conservate  a  Grosseto  e  relative ai lavori  effettuati  al Duomo intorno a quegli stessi anni ritornano spesso pagamenti e saldi a Domenico Arrighetti  per continue forniture di arredi in legno e stucco

La Cella di San Cristoforo,

L¡¯edicola Madonna del Presale,

Pieve San Salvatore, nella Val tancia.

[19] Sembrerebbe, dall¡¯impressione che se ne trae leggendo archivi e documenti storici, che il possesso di Mulini e di Forni ¨C almeno in alcune epoche storiche, quali i sec. X / XV ¨C fosse connesso a situazioni di potere. Queste, inizialmente, sembrano proprio connotate dal controllo del territorio; successivamente, aapaiono caratterizzate dal possesso di ricchezza sufficiente ad acquisirne la concessione di detenzione. Infatti, per mulini, forni e locande era necessaria una specifica concessione.

[20] Torre di San Cristoforo, ricorda il patrono dei viandanti. Era gi¨¤ nel 1228 dominio dei conti di Carpegna, che qui potevano controllare il flusso dei pellegrini.

[21] Sul Monte Bono esisteva il Castello di San Pietro di Roma Corbara, anch'esso dei conti di Carpegna.

Montecerignone, fonti rinascimentali sostengono che nel 982 il "Castrum Cigunus" venne dato in feudo dall'imperatore Ottone a Uldarico da Carpegna. Pare che in realt¨¤ il castello sia nato nel XIII secolo a difesa del ponte sul fiume Conca, che port¨° al declino del vicino Castel Begni che sino ad allora aveva controllato il guado. Montecerignone pass¨° sotto il dominio di Guidobaldo da Montefeltro. Venne assediato dalle truppe di Lorenzo de' Medici, finch¨¦ Bonaventura da Urbino vinse le milizie fiorentine. Dopo la morte del duca Francesco Maria della Rovere pass¨° alla Chiesa. Fu sede del tribunale montefeltrano.

[22] ¡­ d¡¯altra parte, come avverte Sant¡¯Agostino (in: de Civitate Dei): ¡°".... Bandita la giustizia, che altro sono i regni se non grandi associazioni di delinquenti ? E le bande di delinquenti, che altro sono se non piccoli regni ? Si ha, infatti, un¡¯associazione di uomini, quando un capo comanda, ¨¨ stato accettato un patto sociale e la divisione del bottino ¨¨ regolata da certe convenzioni. Se questa compagnia recluta nuovi malfattori, occupa un paese, stabilisce proprie sedi, s' impadronisce di citt¨¤ e soggioga popoli, pende il nome di regno; titolo che le viene conferito non perch¨¦ sia diminuita la sua cupidigia, ma perch¨¦ a questa si aggiunge l¡¯impunit¨¤. ...."

[23] I grandi pellegrinaggi cristiani si rivolsero dapprima verso la Terra Santa. Dopo la caduta di Acri, l'ultima roccaforte cristiana conquistata dai Turchi nel 1291, le folle si diressero per lo pi¨´ a Campostella ed a Roma. Nel 1300 il papa Bonifacio VIII indisse il primo Anno Santo. Chi si recava a Roma poteva acquisire l'indulgenza plenaria, cio¨¦ la cancellazione delle pene da scontare nel Purgatorio.

Dal XVII secolo il pellegrinaggio perse lentamente d'importanza finch¨¦, nel 1804, venne proibito negli stati d'ispirazione napoleonica con la motivazione che esso facesse perdere giorni di lavoro alle popolazioni rurali ed il camminare a piedi nuocesse alla salute. Ma nel XX secolo il pellegrinaggio riprese vigore, seppure con uno spirito diverso.

L'itinerario della ricordata Via Francigena non era l'unico che attraversava l'Appennino. Da numerose ricerche ¨¨ per¨° confermato che fosse uno dei pi¨´ importanti e pi¨´ frequentati dai pellegrini che, provenienti dall'Europa centro-orientale, si dirigevano verso Roma.

La meglio conosciuta Via Romea, tra Rimini e Ravenna, non ¨¨ altro che un tronco della via qui descritta.

I perni dell'itinerario, dove confluivano vari percorsi, erano Rimini, il Sasso di Simone, con la sua abbazia, e Sansepolcro. Il Sasso di Simone ¨¨ tuttora un punto di riferimento visibile da tutte le direzioni.

[24] A cominciare dall'anno 860 il monastero di Bobbio godeva del privilegio del libero transito delle proprie imbarcazioni sul Po e sul Ticino allo scopo di favorire il collegamento con Pavia e con le strade per la Francia. E' quindi in questo periodo storico che I' antica via si afferma come il percorso pi¨´ importante fra quelli che attraversavano I'Oltrep¨° Pavese fino a Pavia. Nell'860 questo percorso da Bobbio a Pavia c'era gi¨¤ e, dalla documentazione esistente, possiamo dire che era gi¨¤ una via frequentata. E doveva essere una via abbastanza sicura, quasi tutta in costa o "a mezza costa". A partire dal IX e dal X secolo, sulle tracce dei monaci e di San Colombano, si afferma quindi un itinerario di notevole importanza.

L'Abbazia cistercense di San Pastore si trova nelle vicinanze dell'abitato di Spinacceto, comune di Greccio, a met¨¤ strada verso la montagna, ben distinta sul colle simile ad un fiero castello. La prima pietra di questa opera, fu posta, come testimoniava una lapide, il 5 maggio 1255 per opera dell'abate Andrea, del priore Roberto e del maestro d'opera Anselmo. Nel 1264 i lavori maggiori erano compiuti: la chiesa, il chiostro con l'aula capitolare,la sacrestia e il parlatorio. Nel 1283 il monastero era ancora in costruzione seguendo i canoni dell'arte cistercense e nel 1292 era stata ultimata anche la torre campanaria. Per tutto il XIV secolo San Pastore era in fiorentissimo stato e godeva di altissime considerazioni dal comune di Rieti.Tra i secoli XIV e XV incominci¨° per l'abbazia cistercense la parabola discendente; probabilmente dovuta a devastazioni dei fondi, rapine, saccheggi e al malgoverno. Nel 1426 molti beni del monastero furono ceduti e l'abbazia divenne commenda. Varie vicissitudini si ebbero poi per il monastero sino a farlo diventare un rudere fino al 1988.

[25] Si v. tra gli altri:M. G. MARA, Sul culto di S. Michele nel Lazio, in ASRSP, vol. LXXXIII, Roma 1960. Tale A. ricorda che le chiese dedicate a S. Angelo nell¡¯altomedioevo sono tutte da attribuirsi alla venerazione di san Michele arcangelo poich¨¦ il culto dell¡¯arcangelo Gabriele inizi¨° intorno all¡¯anno Mille.

[26] Il culto sul Tancia venne assicurato dalla donazione fatta da Ildebrando, duca longobardo di Spoleto, ai benedettini di Farfa del Santuario di San Michele nel 774. Allo stesso periodo ¨¨ databile un affresco del monastero di S. Silvestro sul monte Soratte nel quale insieme all¡¯Arcangelo compare S. Silvestro papa, che racconta la ¡°Leggenda di S. Michele sul Tancia¡±; essendosi egli ritirato sul Soratte per sfuggire alle persecuzioni di Costantino, da l¨¬ vide l¡¯arcangelo Michele e la milizia celeste sconfiggere il serpente pestifero annidato nella grotta sul monte.

Silvestro, vissuto nell'epoca di passaggio fra le ultime persecuzioni e l'era della pace inaugurata dall'imperatore Costantino, fu per vent'anni vescovo di Roma (314-335). Ricordo che questo fu il Papa che ebbe dall¡¯Imperatore la famosa quanto discussa "Donazione", in cambio della guarigione dalla lebbra.

Egli dimor¨° a lungo in Sabina, lasciata Roma dove infierivano devastanti persecuzioni imperiali, e si era rifugiato nei ruderi di un tempio di Apollo, sito sulla cima del Monte Soratte. Mentre in una notte buia e tempestosa, vegliava in preghiera, scorse, in direzione dei monti sabini, un intenso bagliore, proprio al di sotto dell'altura da dove stava per sorgere il sole; nel frattempo che la tempesta si dileguava gradualmente, il baleno del sole cresceva sempre di pi¨´.

Egli ritenne che Dio voleva richiamare la sua attenzione su quelle cime boscose e si mise in cammino in direzione del monte Tancia. Giunto sul luogo dopo aver percorso una ventina di chilometri, apprese che proprio sul sito dove era apparsa la luce si trovava una grotta al centro della quale era adagiato un grosso stalattite, adorato come un influente dio sabino. Silvestro si adoper¨° di convertire subito i guardiani, distrusse l'idolo e pose al suo posto un altare dedicato a San Michele, il c.d. santo delle alture.

Ci¨° fa pensare che la diffusione del culto nella zona, fino a Civita Castellana, ¨¨ da mettere in relazione con l¡¯inizio della devozione nel monastero di S. Silvestro sul Soratte. Elemento utile ¨¨ la chiesa di S. Angelo, la cui presenza ¨¨ attualmente attestata a Viterbo, ma non a Civita Castellana, dove per¨° ¨¨ possibile risalire al culto micaelitico grazie alla cronaca cinquecentesca del notaio Francesco Pechinoli. Nel descrivere la costruzione della nuova via Alessandrina, il Pechinoli dice che la vecchia strada che conduceva in citt¨¤, passava ¡°avanti la porta principale dela Chiesa di San Angelo¡±. La chiesa di S. Angelo era situata all¡¯estremo lembo orientale del pianoro tufaceo di Civita Castellana, al culmine della salita che dalla porta a saracinesca ¨C incastonata nella rupe - portava sul piano, nelle immediate vicinanze della chiesa di S. Chiara, ed almeno sino al XVI secolo risulta ancora in uso. Annessi alla chiesa di S. Angelo c¡¯erano dei locali ad uso abitativo, tant¡¯¨¨ che i monaci ¨C come si ¨¨ visto - avevano la potest¨¤ di dimorarvi.

Il documento parla di una cella ubi antea redidebat, e con il termine cella, che nei documenti farfensi spesso si identifica con oratorium, era indicata una colonia, una dipendenza, un¡¯unit¨¤ aziendale di un monastero. Ed ¨¨ proprio un monastero civitonico dedicato a S. Angelo, con i suoi beni, l¡¯oggetto di una donazione che un vescovo di Civita Castellana dispone a favore del monastero di S. Pastore a Contigliano in Sabina, la quale viene confermata da papa Alessandro IV il 29 gennaio 1260. S. Angelo ¨¨ inserito nella categoria dei monasteri che non sono mai stati sede di una comunit¨¤ monastica autonoma, ma dipendenti da un monastero maggiore. Tale circostanza pu¨° considerarsi come la conferma dell¡¯identificazione dell¡¯oratorio-cella dell¡¯VIII secolo con il monastero privo di autonomia del XIII secolo.

Per la storia del territorio, v. anche: CORTONESI, A., terre e signori nel Lazio medievale, Napoli, 1988; KING, A.C., scavi a Mola di Monte Gelato, presso Nazzano Romano, in: Archeologia Medev., XV, Firenze, 1988,; MARA, M.G., sul culto di S.Michele nel Lazio, in: ASRSP, vol. LXXXIII, Rn, 1960.

[27] Questa apparizione stupefacenti viene ricordata come l¡¯episodio del toro. "Un giorno un ricco signore di Siponto faceva pascolare i suoi armenti sulla montagna del Gargano. All¡¯improvviso scomparve il pi¨´ bel toro. Dopo la lunga e affannosa ricerca lo trov¨° inginocchiato sull¡¯apertura di una spelonca. Preso dall¡¯ira, scocc¨° una freccia contro l¡¯animale ribelle, ma in modo inspiegabile, anzich¨¦ colpire il toro, la freccia fer¨¬ ad un piede il ricco signore. Turbato dall¡¯evento, egli si rec¨° dal vescovo, che, dopo aver ascoltato il racconto della straordinaria avventura, ordin¨° tre giorni di preghiere e di penitenza. Allo scadere del terzo giorno, al vescovo apparve l¡¯Arcangelo Michele che cos¨¬ gli parl¨°: ¡°Io sono l ¡®Arcangelo Michele e sto sempre alla presenza di Dio. La caverna ¨¦ a me sacra, ¨¦ una mia scelta; io stesso ne sono il vigile custode... L¨¬ dove si spalanca la roccia possono essere perdonati i peccati degli uomini... Quel che sar¨¤ qui chiesto nella preghiera sar¨¤ esaudito. Va, perci¨°, sulla montagna e dedica la grotta al culto cristiano¡±. Ma poich¨¦ quella montagna misteriosa e quasi inaccessibile era stata anche luogo di culti pagani, il vescovo esit¨° a lungo prima di decidersi ad obbedire alle parole dell¡¯Arcangelo"

[28] anche se alcuni studiosi di oggi riferiscono il fatto ad un episodio della guerra tra il duca longobardo Grimoaldo (poi divenuto re) ed i Greci nel 662-663, quando la vittoria avvenuta l¡¯8 maggio fu attribuita dai Longobardi all¡¯intercessione e al valido aiuto di S.Michele. "Secondo la tradizione, la citt¨¤ di Siponto, assediata dalle truppe nemiche, era ormai vicina alla resa. Il vescovo S. Lorenzo ottenne dal nemico una tregua di tre giorni e si rivolse fiducioso al Celeste Condottiero con la preghiera e la penitenza. Allo scadere del terzo giorno, al vescovo apparve l¡¯Arcangelo Michele che gli predisse una vittoria sicura e completa. Questo messaggio riemp¨¬ di speranza i cuori degli assediati. I difensori uscirono dalla citt¨¤ e diedero inizio ad una furiosa battaglia, accompagnata da folgori, tuoni e saette di straordinaria intensit¨¤. La vittoria dei Sipontini fu strepitosa"

[29] dopo la vittoria, il vescovo era ormai deciso ad eseguire l¡¯ordine del Celeste Messaggero e consacrare la Spelonca a S.Michele in segno di riconoscenza, confortato anche dal parere positivo espresso da papa Gelasio I (492-496), ma di nuovo gli apparve l¡¯Arcangelo e gli annunzi¨° che Egli stesso aveva gi¨¤ consacrato la Grotta. Allora il vescovo di Siponto, insieme ad altri sette vescovi pugliesi in processione, con il popolo ed il clero Sipontino, si avvi¨° verso il luogo sacro. Durante il cammino, si verific¨° un prodigio: alcune aquile, con le loro ali spiegate, ripararono i vescovi dai raggi del sole. Giunti alla Grotta, vi trovarono gi¨¤ eretto un rozzo altare, coperto di un pallio vermiglio e sormontato da una Croce; inoltre, come racconta la leggenda, nella roccia trovarono l¡¯orma del piede di un bambino, segno soprannaturale lasciato da S.Michele. Il Santo Vescovo vi offr¨¬ con immensa gioia il primo Divin Sacrificio. Era il 29 Settembre. La Grotta stessa, come unico luogo di culto non consacrato da mano umana, ha ricevuto nei secoli successivi il titolo di ¡°Celeste Basilica¡±.

[30] Michele appare a papa Gregorio I Magno (590-604) sopra la mole Adriana, nell¡¯atto di rinfoderare la spada, annunciando cos¨¬ la fine della terribile peste che infestava la citt¨¤. In seguito a questo episodio, il mausoleo di Adriano cambia nome e diviene Castel Sant¡¯Angelo. Nell¡¯VIII secolo viene edificata, sulla sua sommit¨¤, la cappella a lui dedicata; in particolare venne eretto un oratorio durante i pontificati di Bonifacio III (607) e Bonifacio IV (608 ¨C 615).

[31] Era l¡¯anno 1656 ed in tutta l¡¯Italia meridionale infieriva una terribile pestilenza. L¡¯Arcivescovo Alfonso Puccinelli, non trovando alcun ostacolo umano da contrapporre all¡¯avanzata dell¡¯epidemia, si rivolse all¡¯Arcangelo Michele con preghiere e digiuni. Il Pastore pens¨° addirittura di forzare la volont¨¤ divina lasciando nelle mani della statua di San Michele una supplica scritta a nome di tutta la Citt¨¤. Ed ecco, sul far dell¡¯alba del 22 Settembre, mentre pregava in una stanza del palazzo vescovile di Monte Sant¡¯Angelo, sent¨¬ come un terremoto e poi S. Michele gli apparve in uno splendore abbagliante e gli ordin¨° di benedire i sassi della sua grotta scolpendo su di essi il segno della croce e le lettere M.A. (Michele Arcangelo). Chiunque avesse devotamente tenuto con s¨¦ quelle pietre sarebbe stato immune dalla peste. Il vescovo fece come gli era stato detto. Ben presto non solo la Citt¨¤ fu liberata dalla peste, secondo la promessa dell¡¯Arcangelo, ma tutti coloro che tali pietre ne richiedevano, dovunque si trovassero". A perpetuo ricordo del prodigio e per eterna gratitudine, l¡¯Arcivescovo fece innalzare un monumento a S. Michele nella piazza della Citt¨¤, dove ancora oggi si trova, di fronte al balcone di quella stanza nella quale si vuole che avvenne l¡¯apparizione, con la seguente iscrizione in latino : Al Principe degli Angeli vincitore della peste, patrono e custode, monumento di eterna gratitudine - Alfonso Puccinelli 1656 - Villelmus Card. Baum - Penitenziere Maggiore - Aloisius De Magistris ¨C Reggente

[32] Il nome costituisce un neologismo complesso: sta per Fat Elves, romanizzato in Grosso Erf o Erfone

[33] Nel documento di donazione di Sant'Urbano (La contrada di Sant'Urbano rappresenta la frazione di Moniego)all'Abbazia Benedettina di Sesto al Reghena o ¡°in SIlvis¡± del 762, accanto ad altri beni, i fratelli longobardi Erfone e Marco, divenuti monaci, lasciano anche "Le corti e le case in molenego o mulinego", che dal contesto dell'atto sembrano essere identificabili lontano dal monastero e nella nostra zona.

Lorenzaga anch'essa in territorio friulano, si pensa abbia origine come presidio romano ad un guado sul fiume Livenza, ma si sa per certo che fu importante castello longobardo sede della famiglia omonima estintasi nel xv secolo (il suffisso ¡°aga¡± sta ad indicare la sua origine longobarda); inoltre ¨¨ documentato l' atto di donazione del 762 da parte dei fratelli Erfone, Marco e Anto di nobile stirpe longobarda alla abbazia di S. Maria in Silvis di Sesto al Reghena, fondata da essi tra il 740 ed il 750. Molto probabilmente la battaglia che vide schierarsi di fronte il ribelle longobardo Rodgaudo, duca del Friuli e Carlo Magno signore dei Franchi nel 775, si svolse nei territori di Lorenzaga, baluardo dei confini del ducato.

[34] Di Saletto (Il nome deriva da ¡°Salictum¡± o bosco di salici) (Morsano al Tagliamento - Frazione di SALETTO) si ha menzione in un documento esteso a Nonantola in Toscana il 3 Maggio 762; con esso Erfone, figlio di Pietro Duca del Friuli, donava all¡¯Abbazia di Sesto molti beni, fra cui le ville di Ramuscello e Saletto.  Divenne poi propriet¨¤ giuridica ed ecclesiastica del Patriarcato d¡¯Aquileia nel 928, di seguito Saletto si ¨¨ trovato fra le rendite dei Canonici di Concordia ed infine ¡°Comune con proprio podest¨¤ e Cameraro¡±. Nei secoli seguenti divenne una localit¨¤ importante per il passaggio di pellegrini e viandanti diretti ad Aquileia.

[35] San Patrizio fond¨° una Comunit¨¤ che si chiamava "Companie Agnus Dei"; tra gli scopi di tale ¡°fratellanza¡± c¡¯era il servizio ai c.d. Custodi Ereditari.

L¡¯Irlanda ha rappresentato storicamente uno punto fermo di ricristianizzazione e, sprattutto, spiritualizzazione dell¡¯Europa, gi¨¤ devastata dalle invasioni barbariche.

Ricordo che il cavalier Stefano Harding, prima di entrare nell'Ordine dei cistercensi - fondato da Roberto di Molesmes nel 1098 - comp¨¬ studi in Irlanda, entrndo in contatto con la Companie. Nel 1108 Stefano, dopo la morte di Alberico successore di Roberto di Molesmes, diviene a sua volta abate a Citeaux. E sar¨¤ lui a convincere il nobile Bernardo (il futuro San Bernardo) ad entrare in convento. Naturalmente lo mette a parte delle conoscenze acquisite in Irlanda. Bernardo entra in convento accompagnato da oltre 30 familiari. Grazie all'amicizia di Stefano e di Bernardo col potente feudatario Hugues I di Champagne, Citeaux (e sucessivamente Clearvaux-Chiaravalle) diviene ¨C tra l¡¯altro - centro di "studi ebraici" con le pi¨´ brillanti menti dell'epoca, ma diviene soprattutto centro propulsore di una fitta rete di cultura, fatta di abazie, conventi, poderi, uomini e mezzi. Tanto influente da determinare l¡¯idea centrale di un¡¯epoca, oltre che di ordini militari. La Sophia quindi, tra i cistercensi, era di casa. E, naturalmente, anche tra i templari.

S. Brandano, nel suo viaggio in Italia, rec¨° con s¨¨ una copia della Bibbia, che avrebbe dovuto recapitare al Papa.

Fra i testi che i monaci riprodussero (o comunque decorarono), e che poi conservarono per lungo tempo nella ricca biblioteca del Monastero, si ricorda il Codex Amiatinus (la bibbia amiatina), che deriva il suo straordinario interesse dall'essere il pi¨´ antico e completo documento della Bibbia nella sua versione latina, alla quale segue il testo dei Vangeli. Il testo sacro, scritto in caratteri beneventani nel monastero inglese di Jarrow nel VI secolo, doveva pervenire a Roma in dono al pontefice Gregorio II; arrivato al Monastero di San Salvatore tra il IX e il X secolo, dove rimase chiuso nell'archivio delle reliquie fino alla soppressione leopoldina del 1782, salvo una breve permanenza a Roma (1587-1591) dove forn¨¬ la base concettuale e grafica per l'edizione sisto-clementina della Bibbia. Nel 1785 fu dislocato nella Biblioteca medicea Laurenziana di Firenze, dove i Medici prima e i Lorena poi avevano concentrato le pi¨´ rilevanti testimonianze librarie della cultura occidentale. Dopo un'opera di accurato restauro, una copia di esso ¨¨ oggi tornata nel museo dell'Abbazia.

[36] Il monastero venne, nei primi tempi, ad inglobare i casali di fondovalle, alcuni dei quali in posizione strategica sulla strada Francigena, altri insediamenti rurali sparsi sulle vallate dell'Orcia e del Paglia, nonch¨¨ tutto il territorio boschivo dell'Amiata, posto a monte del monastero fino alla vetta della montagna, territorio che nel complesso diverr¨¤ la giurisdizione storica dell'Abbazia, anche se poi i possedimenti si allargheranno notevolmente nel tempo ad altre zone della  montagna e ad un reticolato di interesse agricolo situato nelle pendici pi¨´ basse della zona circostante.

La leggenda ci fa sapere che addirittura il re Rachis, acceso di fanatico misticismo, accompagnando Erfone, ebbe lui stesso la celeste visione di una grandissima luce calata dal cielo e posatasi su un albero della foresta, poi l'immagine del Creatore (leggi Salvatore) reggente una specie di tridente (a significare la Santa Trinit¨¤); un'estasi divina che coinvolger¨¤ pi¨´ tardi anche la moglie e la figlia in un monastero costruito nel folto del bosco, di cui oggi rimane una modesta cappella denominata l'Ermeta. Questa leggenda ha trovato un'artistica rappresentazione in due affreschi del pittore seicentista Giuseppe Nasini di Casteldelpiano, visibili nella cappella del Salvatore nella Chiesa del Monastero.

Il convento fu retto, dapprima, dai Benedettini e, per brevissimo tempo, dai Camaldolesi, poi dall'aprile 1228 dai Cistercensi, fino alla soppressione del 1782: ebbe ad esercitare oltre alla vita monastica anche un potere politico ed economico di grande prestigio.

Il centro pi¨´ antico dell'abitato viene detto ¡°la Castellina" nei pressi del quale vi ¨¨ il castello; vi si trovano anche le chiese di Santa Croce del 1221, ma ricostruita nell' ottocento e la chiesa di S. Angelo del 1313 che oggi ¨¨ un'abitazione.

E' utile ricordare la nascita di altre abbazie, sempre affidate ai benedettini, sopratutto dislocate nel centro Italia, fra Toscana, Lazio, Umbria e Marche: fra queste l'abbazia di Montecassino, il Sacro Speco di Subiaco, l'abbazia di Chiaravalle, S.Galgano nei pressi di Chiusdino, Casamari a Veroli, in provincia di Arezzo La Verna, poi a Siena Sant'Antimo e Montalcino, San Francesco e Santa Chiara ad Assisi, Fossanova a Priverno, Monte Oliveto Maggiore ad Asciano.

[37] Si tratta di "casali" o ¡°poggi¡± che in qualche caso assumevano il ruolo di taverne, ma che per lo pi¨´ costituivano modesti agglomerati di case o capanne di contadini, con mercati periodici, ma a carattere estremamente sparso e destinati a crescere o a ridimensionarsi a seconda degli eventi economici e politici del territorio, compreso fra la val d'Orcia e la val di Paglia. Fra questi casali sono da ricordare Callemala, Voltole e Richoburgo, i cui nomi sono associati alle vicissitudini della via Francigena, nella quale costituivano attivi punti di fermata e di ristoro per i viandanti diretti in pellegrinaggio a Roma.

La vita era piuttosto grama, le risorse si limitavano agli scarsi prodotti di un agricoltura primitiva, ma soprattutto latitavano l'ordine e la legalit¨¤. Le rapine, le prepotenze e le vessazioni rendevano impossibile lo svolgersi di uno sviluppo anche minimo, anzi il declino diventava sempre pi¨´ inevitabile. In questo contesto, peraltro ricorrente in ogni dove nel periodo medioevale a partire dal II secolo d.C., anche a causa del dissolvimento graduale dell'impero romano, minato da una improduttiva societ¨¤ schiavistica e da una latente protesta sotterranea dei coloni, si inseriscono le invasioni delle orde barbariche, che scendevano dal nord per saccheggiare ed imporre il proprio dominio.

[38][38] Le fonti letterarie parlano dei culti pagani che vi venivano officiati gi¨¤ da popolazioni italiche (i Falisci ed i Capenati) le quali adoravano sulla vetta del monte il dio Soranus (poi identificato dai romani con Apollo o Dis Pater) dal quale ne deriv¨° il nome.

Il culto del dio era celebrato da sacerdoti chiamati Hirpi Sorani (cio¨¨ lupi del dio Sorano) che nel giorno della festa, in coincidenza del solstizio d'estate camminavano a piedi nudi su dei carboni ardenti.

Di un antico tempio forse rimangono tracce sulla vetta del monte, nella cripta della chiesa di San Silvestro. Essa era il fulcro di un cenobio, sorto in et¨¤ alto-medievale (VI sec.d.C.), la cui celebrit¨¤ per tutto il medioevo fu legata alla leggenda (ricordata da Dante nel canto XXVII dell'Inferno), poi verificata storicamente, della miracolosa guarigione di Costantino dalla lebbra a seguito del suo battesimo per mano di Papa Silvestro I, qui rifugiatosi per sfuggire alla persecuzione ordinata dall'Imperatore.

Ricordo che questo imperatore ebbe la famosa visione prima della battaglia con Massenzio

All'imperatore Costantino, come ¨¨ noto, la notte prima della battaglia apparve in sogno una croce con le parole: in hoc signo vinces. In seguito a questo sogno Costantino diede ordine ai suoi soldati di imprimere le prime due lettere greche tra loro intrecciate del nome di Cristo sul labaro. La leggenda dice anche che Massenzio, prima della battaglia aveva fatto appello agli dei pagani. Alcuni storici sostengono che in realt¨¤ tra le truppe, gli imperatori e i soldati fosse molto diffuso il culto del sol invictus. In ogni caso "il labaro" stando all'etimologia della parola sta proprio ad indicare lo stendardo, formato da un pezzo di stoffa quadrata e stesa su un alto fusto. Il Labaro Costantino portava la scritta di traverso e formava una croce con l'asta della sua insegna.

Il primo ricordo storico del monastero risale a Gregorio Magno nei cui dialoghi si parla di un abate, Nonnoso, che viveva sul Monte Soratte; saccheggiato e poi beneficato dai re Longobardi (re Ratchis e la stessa regina Tassia) in et¨¤ carolingia ospit¨° Carlomanno, zio di Carlomagno, fratello di Pipino re dei Franchi, dando vita ad un lungo periodo di splendore. Infatti, in questo periodo furono fondati altri monasteri nel territorio circostante tra cui Santo Stefano a Ramiano e Sant'Andrea in Flumine a Ponzano Romano.

Nel IX secolo il monastero ed il suo territorio vengono saccheggiati dai Saraceni, ma gi¨¤ nel secolo successivo ebbe dei restauri per volont¨¤ di Alberigo I.  Agli inizi del XIV secolo San Silvestro, insieme a S. Andrea in Flumine, pass¨°  al monastero di San Paolo. Dal 1548 i Benedettini furono sostituiti da altri ordini, fino all'abbandono del monastero nel corso dell'800.

[39] E' proprio nel ducato longobardo di Chiusi che in alcune fonti documentali viene designata con il termine germanico "Heimat" la parte montana corrispondente all'attuale Amiata.

Forse questo ¨¨ l'etimo del toponimo Amiata, anche se rimane prevalente la tesi che ne fa risalire l'origine alla "sacralit¨¤ della montagna", tesi che recentemente ¨¨ stata rivalutatacon il ritrovamento di alcuni reperti archeologici nelle zone di Montelaterone, Montegiovi e Castelnuovo Abate, che appellano il territorio con riferimenti a Iuppiter-Giove e Tinia.

Del resto in alcune scritture romane, di molto precedenti all'epoca longobarda, si accenna al "mons Tuniatus" ove Tuniatus o Tinia ¨¨ il nome che gli Etruschi attribuivano alla loro massima divinit¨¤.

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