Credito al consumo – il sovraindebitamento e la cattiva/carente informazione delle banche dati creditizie, tra i rischi di maggior costi per il Sistema e per gli stessi Consumatori
E’ urgente che l’Unione europea e il legislatore nazionale adeguino la normativa sul credito al consumo al nuovo scenario economico e alle nuove esigenze di tutela del consumatore, per poter contribuire alla costruzione di un mercato europeo del credito più sicuro, più trasparente e più concorrenziale” ha commentato Martinello.
Oggi è stata presentata la nuova proposta della Commissione Ue tesa a modificare la direttiva sul credito al consumo, in modo da parificare i diritti dei consumatori di tutta l’U.E. “accresce i vantaggi per i consumatori riducendo le pratiche burocratiche al minimo”, come dichiarato dal commissario europeo responsabile per la salute e la tutela dei consumatori, Markos Kyprianou. Secondo il commissario la modifica in questione permetterebbe ai consumatori di confrontare più facilmente i costi dei crediti; per i creditori, invece, sarebbe più semplice proporre crediti al di là delle frontiere.
La direttiva si applica ai crediti al consumo di importo inferiore o uguale a 50.000 euro, per coprire i contratti più frequenti. Il credito ipotecario, invece, sarà affrontato separatamente, a seguito della consultazione aperta dal Libro verde sul credito ipotecario pubblicato a luglio. Per quanto riguarda i contratti di credito, per cifre inferiori o uguali a 300 euro sono oggetto di un regime specifico di informativa precontrattuale e contrattuale.
Gli Stati membri dispongono di un margine maggiore per adattare le disposizioni alla loro situazione nazionale in alcuni settori ben definiti, ma un numero limitato di casi sono sottoposti alla clausola di riconoscimento reciproco al fine di proteggere il mercato unico.
I consumatori hanno il diritto di recesso entro 14 giorni, oltre al diritto di rimborsare il prestito anticipatamente, e possono annullare il contratto di credito se rinunciano all’acquisto previsto. Il progetto di direttiva deve ora essere esaminato dal Consiglio dei ministri.
Per il Centro Servizi Consumatori (Rete di Associazioni consumeristiche indipendenti) occorre però intervenire su:
· Definizione di “credito al consumo”: attualmente la legge italiana (D.lgs. 385/1993) disciplina esclusivamente i finanziamenti che hanno un importo tra i 150 e i 30 mila euro (conformemente alla direttiva comunitaria su credito al consumo del 1987).
Restano quindi esclusi i prestiti di importo superiore e soprattutto i mutui ipotecari, esclusione che verrebbe confermata anche dalla nuova proposta di direttiva da tempo in discussione all’interno dell’Unione europea. Dunque un consumatore che acquista a rate una lavatrice o un’auto è maggiormente tutelato di chi che acquista un appartamento; ed i mutui rappresentano la parte preponderante del credito alle famiglie italiane (con e. 290 miliardi nel 2004, pari al 21,5% del PIL, mentre nel 1980 era il 7,3% e nel 1990 il 10,3).
· Tasso annuo effettivo globale (TAEG): una ridefinizione più precisa del TAEG, unico reale indicatore del costo di un finanziamento perché comprensivo di tutte le voci di spesa, tale da eliminare dubbi interpretativi e l’eccessiva discrezionalità nell’utilizzo di tale indice.
· Risoluzione del contratto di credito: la normativa italiana sul credito al consumo (conformemente alla direttiva comunitaria del 1987) prevede che le contestazioni del consumatore al venditore sul prodotto o servizio acquistato siano possibili solo in limitate ipotesi. Devono essere invece più numerose ed in particolare: (A) non devono essere confusi – ma collegati - i rapportii inerenti il contratto di compravendita e il contratto finanziario sottostante; (B) estese a tutti i casi in cui il finanziatore sia stato scelto o indicato dal venditore.
E’ inaccettabile, infatti, che l’esercizio dei diritti del consumatore nei confronti del venditore – quale ad esempio l’esercizio del diritto di garanzia in caso di acquisto di beni non conformi o difettosi - sia di fatto impedito dall’avvenuta richiesta di un prestito, ovvero che venga limitato per il timore di incappare nella qualifica di “cattivo pagatore”.
· Credito “responsabile”, “bonus/malus”, “punti premio”: oggi le banche dati, le cosiddette Centrali Rischio, sono utilizzate esclusivamente a vantaggio delle imprese che erogano i finanziamenti e di quelle beneficiarie dei pagamenti; solo indirettamente e solo in termini di “notorietà” i consumatori possono beneficiare dal fatto di esservi inseriti.
Tali dati, invece, non determinano nè forme di remunerazione della diminuzione del rischio insolvenza per i “buoni pagatori” iscritti, nè alcuna forma di responsabilizzazione dei finanziatori in caso di erogazione di prestiti a soggetti già troppo indebitati.
Da qui la necessità di uno “scoring” per le persone fisiche, come esiste un rating per quelle giuridiche (ex Basilea “). Ma anche la necessità di altre forme di incentivazione, quali: concessioni gratuite di carte di credito, dimnuzione di percentuali di punto di tassi d’interesse, ...
· Tutela del consumatore sovraindebitato: analogamente a quanto fatto in altri paesi europei (Francia e Germania) che hanno già conosciuto passato le conseguenze del sovraindebitamento, è necessario istituire servizi di informazione e di assistenza preventiva al consumatore per una corretta valutazione dei rischi finanziari in relazione alle capacità economiche individuali e familiari.
Bisogna poi introdurre speciali procedure giudiziarie in caso di insolvenza del consumatore, finalizzate al ripianamento complessivo dei debiti. Sintomatica a tal fine potrebbe essere la Conciliazione.
· Inserimento di altre fattispecie (quali i mutui ipotecari) nel genere”credito al consumo”, ampliare le possibilità di risoluzione del contratto di credito su richiesta del consumatore, permettendo che ciò non abbia incidenza negativa sul raporto creditizio e , quindi, sulla sua qualità di “bono” o “cattivo” pagatore.
In tal senso, d’altra parte, il Libro Bianco che verrà isentato in questo settore si propone di abbattere le barriere agli investimenti transnazionali, promuovere un'ulteriore integrazione del credito ipotecario, aprire alla concorrenza il settore dei conti bancari e favorire l'introduzione di prodotti finanziari standardizzati nell'Unione europea.
Il progetto punta soprattutto sulla cooperazione e sull' applicazione delle regole esistenti concordate nell'ambito del Financial Services Action Plan (Fsap), piuttosto che sull' introduzione di nuove normative. "Nei prossimi cinque anni bisogna consolidare il progresso fatto sulla strada dell'integrazione finanziaria europea", aveva infatti indicato McCreevy lo scorso maggio, spiegando che questa integrazione "deve produrre benefici tangibili e reali per i cittadini europei": come un abbassamento dei costi per le transazioni finanziarie, pensioni migliori e prodotti finanziari al dettaglio meno cari e più sicuri.