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-Organismo di dir.pubbl. e rapp.con società miste affidatari

Organismo di diritto pubblico e rapporto con le società miste affidatarie dei servizi pubblici locali.  Brevi riflessioni tra dottrina e recente giurisprudenza.

 

di Luisa Capicotto[1]

 

Sommario:1.Organismo di diritto pubblico: figura normativamente complessa 2.Opinione della dottrina. 3. Recente Giurisprudenza: definizione della figura e rapporti con le società affidatarie dei servizi pubblici locali.

 

1.Organismo di diritto pubblico:figura normativamente complessa

 

 

L’  identificazione della figura di organismo di diritto pubblico è una problematica che caratterizza tutta la normativa vigente in tema di appalti di opere pubbliche, servizi e forniture anche nei settori c.d. speciali a causa dell’ampia definizione.

Si tratta dell’ art. 1 del D.LGS 24.7.92 n.358 per l’affidamento di pubbliche forniture di beni e dell’ art. 2 del D.LGS 17.3.1995 n.157 per gli appalti di servizi, entrambi di recepimento della normativa comunitaria.

Ai sensi dell’art. 1 del D.LGS 358/92 le Amministrazioni aggiudicatrici sono: le Amministrazioni dello Stato, comprese quelle con ordinamento autonomo, ad esclusione delle Amministrazioni dello poste e telecomunicazioni, limitatamente ai servizi di telecomunicazione, dell’Azienda di Stato per i servizi telefonici e dell’Amministrazione dei monopoli di Stato, per le sole forniture di sali e tabacchi; gli enti pubblici territoriali: regioni ordinarie e speciali, province, comprese le province autonome di Trento e Bolzano, comuni, comunità montane, città metropolitane) consorzi, le associazioni tra i soggetti anzidetti  e tutti gli altri enti pubblici non economici. Gli enti pubblici ed enti equivalenti indicati nell’allegato 3 al DLGS medesimo.

L’art. 2 del D.LGS 157 del 1995 prevede che sono Amministrazioni aggiudicatrici le Amministrazioni dello Stato, le Regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, gli enti pubblici territoriali gli altri enti pubblici non economici, gli organismi di diritto pubblico comunque denominati ( [2] ).

Ai sensi dell’art.2, comma 3, lettera b) del D.LGS 358/1992, la nozione di organismo di diritto pubblico comprende << tutti gli organismi dotati di personalità giuridica, istituiti per soddisfare specifiche finalità di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale, la cui attività è finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dalle Regioni, dagli enti locali o da altri enti o organismi di diritto pubblico, o la cui gestione è sottoposta al loro controllo o i cui organi di Amministrazione, di direzione di vigilanza sono costituiti, almeno per la metà, dai medesimi soggetti pubblici>>.

Il quadro normativo non contiene una vera e propria definizione di organismo di diritto pubblico ma si limita ad introdurre una categoria dai confini abbastanza ampi e ricca di elementi identificativi, lasciando alla giurisprudenza comunitaria e nazionale il compito di stabilire in concreto quando sussiste l’organismo di diritto pubblico.

Si sono succedute numerose pronunce di matrice comunitaria e nazionale che costituiscono la biografia dell’istituto in esame.

La Corte di Giustizia propende verso interpretazioni estensive della nozione di Amministrazione aggiudicatrice come emerge da recenti pronunce. Ad esempio nella nota sent. 17.12.1998 in Causa C- 353/96 Commissione C.Irlanda e C 306 /97Connemara Machine, Coillte Teoranta, la Corte di Giustizia attribuisce importanza decisiva all’elemento funzionale piuttosto che alla qualità formale di un soggetto secondo il diritto interno.

Tra gli elementi che identificano l’organismo di diritto pubblico due sono particolarmente problematici, ovvero la personalità giuridica e la dominanza pubblica, che può manifestarsi  nel finanziamento in misura maggioritaria ad opera di soggetti pubblici, oppure nel controllo di tali soggetti sull’attività esercitata, o infine nella designazione da parte di costoro della maggioranza degli organi di Amministrazione, direzione o vigilanza.

Il terzo requisito, attualmente al centro di un ampio dibattito nazionale  e comunitario,  prevede che  l’organismo di diritto pubblico deve essere costituito per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale.

La particolarità dell’ organismo di diritto pubblico deriva dall’essere una categoria  che mira a ricondurre allo stesso regime una serie di figure eterogenee, accomunate, dalla dipendenza finanziaria e strumentale dalla pubblica amministrazione[3].

Particolare interesse riveste la discussione sul rapporto tra organismo di diritto pubblico e le società di affidamento dei servizi pubblici, animata dal fatto che a livello comunitario, essa non è l’unica figura soggettiva cui fare riferimento  per inquadrare le società miste affidatarie dei servizi pubblici in Italia.

Infatti, nei c.d. settori speciali è prevista la impresa pubblica come figura a sè stante, caratterizzata dalla circostanza che su di essa  l’Autorità pubblica esercita influenza dominate in maniera diretta o indiretta, ovvero con la detenzione della maggioranza del capitale sociale o tramite il controllo della maggioranza dei voti e del poter di nominare la maggior parte degli amministratori o dell’organo di vigilanza.

E’ palese che la natura di organismo di diritto pubblico non può attribuirsi di per sé alle società miste o agli enti pubblici ove si ritenga che esse siano qualificabili come imprese pubbliche, ma occorre che esse siano istituite per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale non aventi carattere di interesse industriale e commerciale ( [4] ).

Se le figure soggettive menzionate risultano prive di  questo requisito necessario saranno inquadrabili nella diversa categoria delle imprese pubbliche e conseguentemente non potranno qualificarsi come Amministrazioni aggiudicatrici per il diritto comunitario ad  eccezione dei settori speciali ove anche le imprese pubbliche sono considerate tali ( [5] ).

 

2.       L’opinione della dottrina.

 

Il collegamento con gli interessi non industriali o commerciali viene da una certa dottrina dedotto dalla veste di società per azioni.

In altri termini il carattere non industriale e commerciale sarebbe intrinseco alla forma societaria in quanto essa opera esclusivamente nel campo produttivo, utilizzando strumenti di diritto privato, in vista del perseguimento di uno scopo lucrativo ( [6] ).

L’obiezione che si muove, e che appare abbastanza convincente, è che il dato formale della società per azioni è un elemento insufficiente per definire la nozione comunitaria dell’organismo di diritto pubblico ed inoltre tale interpretazione  rischierebbe  di eludere la disciplina sovranazionale introdotta al fine di favorire la concorrenza nel settore degli appalti pubblici. La finalità degli interventi comunitari infatti è proprio quella di non attribuire a requisiti meramente formali la capacità di individuare i soggetti vincolati  al rispetto delle regole dell’evidenza pubblica.

Altri autori ([7]) sottolineano l’elemento teleologico, ritenendo che l’organismo di diritto pubblico sussiste quando il fine unico dell’ente sia di sopperire a talune necessità tipiche della collettività organizzata, mentre la commercialità o industrialità sono esclusivamente un mezzo preordinato a quello scopo.

Tale interpretazione presenta l’inconveniente di rende re evanescente la linea di confine con l’impresa pubblica.

Secondo un diverso orientamento l’elemento decisivo è il carattere dell’attività, ovvero che essa sia indirizzata a produrre utilità funzionalmente rivolte all’interesse generale in quanto non assoggettate a regole di mercato e pertanto non perseguite secondo criteri di pura imprenditorialità ([8]).

In particolare, quindi, l’organismo di diritto pubblico, per essere considerato tale, dovrebbe produrre beni e servizi non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di concorrenza, ma diretti ad un ristretto numero di destinatari, ( spesso si tratta di enti pubblici partecipanti o controllanti) oppure i beni ed i servizi dovrebbero essere forniti alla collettività ma non secondo i criteri della imprenditorialità.

In base a tale tesi la società mista affidataria dei servizi pubblici viene ricondotta tra gli organismi di diritto pubblico in quanto legata all'ente pubblico da stretti vincoli organizzativi e concretante, al pari dell'azienda speciale[9], un modulo giuridico utilizzato per rendere più efficace l’attività dell’ente, il quale non si rivolge al mercato, ma si limita  a far ricorso ad una particolare modalità organizzativa ([10] ).

L’obiezione nei confronti della posizione appena esposta è, ancora una volta, che essa determina una sovrapposizione tra le due categorie comunitarie nettamente distinte, organismo di diritto pubblico e impresa pubblica, giacché si finirebbe per ricondurre a questi organismi enti operanti nei settori speciali, tenuti al rispetto delle regole dell’evidenza pubblica esclusivamente perché rientranti tra le imprese pubbliche.

La critica è stata superata ([11]) osservando che le procedure concorrenziali sono vincolanti nei settori speciali per tutte le società sia per quelle qualificate come imprese pubbliche sia per le società che producono beni e servizi non destinati al mercato in regime di libera concorrenza secondo i canoni strettamente imprenditoriali.

Ne consegue che l’organismo di diritto pubblico sussiste laddove l’attività sia diretta al soddisfacimento di bisogni generali non suscettibili di essere soddisfatti mediante la produzione di beni o l’offerta di  servizi alla collettività. Quindi vi rientrerebbero soggetti che:a) non prestano servizi in favore della collettività medesima, anche se svolgono un’attività promozionale di altrui attività economiche; b) pur espletando attività commerciale, perseguono il soddisfacimento delle esigenze dei singoli enti ([12] ). Seguendo quest’ultimo orientamento le società miste locali non rientrerebbero nella categoria dell’organismo di diritto pubblico.

 

3. La recente giurisprudenza: definizione della figura e rapporti con le società affidatarie dei servizi pubblici locali.

 

 

In primo luogo, deve farsi riferimento alla sentenza della Corte di Giustizia del 15.1.1998 in Causa C-44/96 Mannesmann Anlagenbau Austria AG c.Strohal Rotationsdruck GesmbH ([13] ).

La sentenza afferma i seguenti principi:

1)                        Perché un soggetto sia qualificabile come organismo di diritto pubblico devono ricorrere tutte e tre le condizioni previste dalla DIR.CEE 93/37, ovvero, la personalità giuridica, la dipendenza da un ente pubblico, la finalità del soddisfacimento di bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale.

2)                        E’ invece irrilevante il fatto che, accanto a tale compito, l’ente sia libero di svolgere altre attività. Il requisito, secondo cui l’organismo deve essere istituito per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale non ha valenza esclusiva, nel senso che non esclude che esso possa soddisfare anche bisogni di interesse diverso; ogni diversa soluzione si porrebbe in contrasto con il principio della certezza del diritto.

3)                        Non va considerata Amministrazione aggiudicatrice un’impresa che esercita attività commerciale per il solo fatto che sia stata istituita da una Amministrazione di tale tipo, che ne detenga le quote, o dalla medesima risulti finanziata ([14] ).

Il dato importante espresso dalla sentenza è la necessaria presenza dei tre requisiti sopramenzionati e l’insufficienza della dominanza pubblica per ravvisare un organismo di diritto pubblico.

Tuttavia, non emergono dalla sentenza elementi sufficienti per giungere ad una chiara ed univoca definizione della nozione di organismo di diritto pubblico.

La seconda sentenza della Corte di Giustizia pubblicata recentemente in tema di organismo di diritto pubblico è del 10.11.1998 in Causa C.360/96 Gemente Arnehm e Rheden c. BFI Holding BV.

La Corte afferma i seguenti principi:

1)                        il carattere non industriale o commerciale definisce la nozione di interesse generale. La Corte sostiene che il legislatore comunitario ha posto una distinzione tra bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale da un lato e bisogni di interesse generale aventi simile carattere dall’altro. Pertanto, i bisogni di carattere non industriale e commerciale sono una sottocategoria della categoria dei bisogni di interesse generale;

2)                        Tali bisogni possono essere soddisfatti anche da imprese private.

3)                        L’ente è libero di svolgere ulteriori attività, anche in misura prevalente, senza che ciò precluda la qualifica di organismo di diritto pubblico.

In dottrina è stato evidenziato, come ancora una volta, dalla sentenza emerge l’importanza del profilo organizzativo, consistente nel collegamento con l’ente a favore del quale viene svolta la prestazione, il quale si pone come elemento prevalente sulla considerazione che la medesima attività possa essere svolta da imprese private ([15] ). L’esistenza di una concorrenza articolata nel settore rappresenta semplicemente un indizio negativo ai fini della qualificazione del bisogno di interesse generale come avente carattere non industriale o commerciale.

Nella sentenza sopraccitata la Corte non dà una interpretazione definitiva della figura di organismo di diritto pubblico ma si limita a risolvere la fattispecie concreta, né affronta il problema delle società miste.

Solo recentemente una pronuncia del Consiglio di Stato qualifica la società mista come organismo di diritto pubblico ( [16] ).

Il Consiglio di Stato sostiene la inaccettabilità della tesi dell’organo indiretto sostenuta, almeno sino a quel momento, dalla Cassazione,  secondo cui l’organo indiretto presuppone necessariamente un provvedimento concessorio, e afferma che è contrario al  principio di legalità il trasferimento delle funzioni istituzionali proprie della Amministrazione pubblica ad un soggetto privato. Quindi non può verificarsi alcun  effetto traslativo dei pubblici poteri in capo ai privati.

Inoltre, il Consiglio di Stato, nella sentenza pone in evidenza che la disciplina comunitaria esige una nozione sostanziale di organismo di diritto pubblico e quindi non è determinante che l’attività sia espletata da un soggetto pubblico o da un soggetto formalmente privato, decisivo è piuttosto  che tale soggetto sia preordinato all’espletamento di  servizio pubblico teso al soddisfacimento di interessi generali e, dunque, assimilabile alla fattispecie di cui all’art.22 lett.e) della legge n.241 del 1990.

Il Consiglio di Stato conclude affermando che alla società mista, analizzata dalla decisione in esame (società mista costituita per la realizzazione di un interporto ([17]) , vada riconosciuta la natura di organismo di diritto pubblico sia perché a totale appartenenza pubblica ([18]), sia in quanto << per bisogno non industriale e commerciale non si intende…..non imprenditorialità della gestione, ma  funzionalizzazione per il soddisfacimento di bisogni generali della collettività in una posizione di non concorrenza con altri operatori del mercato>>.

Mi sembra interessante l’osservazione che è emersa in dottrina secondo la quale << rispetto alle pronunce della Corte di Giustizia il giudice nazionale sembra di diverso avviso laddove considera l’ economicità e l’imprenditorialità della gestione maggiormente compatibile con la sussistenza di un organismo di diritto pubblico; consonante invece laddove sottolinea l’inesistenza di una concorrenza con altre imprese, l’affidamento in esclusiva dell’attività, il porsi in definitiva l’operatore quale articolazione organizzativa dell’ente pubblico>> ( [19] ).

In seguito, a conferma dell’ orientamento sopra esposto, Il Consiglio di Stato- Sez. V- con la decisione del 10.4.2000 n.278 ha attribuito la natura di organismo di diritto pubblico alla struttura Valle D’Aosta s.r.l. muovendo dal presupposto che la società è interamente posseduta dalla Regione e persegue finalità di promozione degli interventi volti a favorire la sviluppo socio economico della Regione.

Medesimo orientamento segue il TAR Friuli Venezia Giulia nella sentenza del 19.6.2000 n. 515 ( [20] ).

Dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale esaminata possono trarsi le seguenti conclusioni:

In primo luogo, la affermazione della Corte di Giustizia secondo la quale la natura di società privata non preclude la qualificazione di organismo di diritto pubblico implica la inaccettabilità della c.d. teoria gestionale.

La teoria funzionale sembrerebbe più convincente, anche se essa si manifesta in più varianti a seconda dell’orientamento giurisprudenziale che si prende in considerazione.

Infatti, secondo una prima interpretazione,  adottata nella sentenza della Corte di Giustizia del 10.11.1998, (già citata), il requisito della non industrialità e commercialità  va ricollegato ai bisogni di carattere generale e non all’attività; conseguentemente l’accento viene posto sugli interessi generali, che individuano gli scopi sociali  e collettivi propri dell’attività istituzionale di qualsiasi apparato pubblico. Fermo restando che l’attività preordinata al perseguimento dei bisogni generali della collettività può essere svolta anche attraverso strutture imprenditoriali.

Un diverso orientamento ritiene determinante il dato che l’attività dell’ente sia volta alla realizzazione di scopi socialmente utili o comunque a favore della intera collettività e venga espletata secondo criteri non imprenditoriali ( [21] ).

Una conferma di tale posizione dottrinale si potrebbe trarre dalla stessa sentenza della Corte di giustizia del  10.11.1998 nella parte in cui attribuisce, alla sussistenza della concorrenza nello specifico settore, la natura di mero indizio ai fini della classificazione di un bisogno generale come avente carattere non industriale o commerciale.

Infine, un ultimo orientamento pone in evidenza il carattere strumentale della attività degli organismi di diritto pubblico rispetto al soddisfacimento di esigenze degli enti pubblici.

Sostanzialmente, siffatti organismi sarebbero delle articolazioni organizzative  dell’ente per il quale svolgono la prestazione.

Secondo i sostenitori di questa tesi, dalla lettura della sentenza della Corte del 10.11.1998, si evince che le direttive comunitarie sugli appalti di servizi  non escludono la possibilità per lo Stato o enti pubblici territoriali di provvedere in proprio alla produzione dei beni, lavori e servizi di cui abbiano bisogno senza necessariamente dovere ricorrere al mercato.

In pratica, le direttive comunitarie  garantiscono la relazione concorrenziale tra le imprese offerenti ma le Amministrazioni Pubbliche non sarebbero obbligate a ricorrere al mercato per il soddisfacimento dei propri bisogni ( [22] ).

In questa tendenza si inserisce ad esempio la nota sentenza della Corte di Giustizia del 18.11.1999 in causa C-107/98 Teckal s.r.l. c Comune di Viano e AGAC di Reggio Emilia, c.d. ‘sentenza Teckal’ .

In queste pronunce la Corte  elabora la nozione dei c.d. ‘affidamenti in house’ ed enuncia alcuni principi importanti che ribadirà, successivamente, nella sentenza del 15.6.2000 in causa C-94/95 Arge Gewassere-schutz c.Bundesministerium fur Land- und Forstwirtschaft.

La Corte ha sempre sottolineato la difficile compatibilità comunitaria dell’affidamento alle società miste della gestione dei servizi pubblici locali ribadendo l’orientamento, più volte sostenuto, secondo il quale non è possibile prescindere dalle procedure ad evidenza pubblica e quindi dalla gara anche in caso di affidamento diretto alle società miste, salvo che non fosse possibile, come nella nota sentenza Teckal, un affidamento in house.

In particolare la sentenza ha escluso l’applicazione delle norme sulla individuazione concorrenziale del concessionario nella sola ipotesi in cui l’ente locale eserciti sulla persona di cui trattasi un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e questa persona realizzi la parte più importante della propria attività economica con l’ente o con gli enti locali che la controllano.

In altre parole la Corte ritiene  che soltanto nell’ipotesi in cui l’ente locale eserciti sulla società mista affidataria un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, e quindi solo quando tra l’ente locale e la società mista sussiste una relazione sostanziale di subordinazione gerarchica o, comunque un controllo gestionale e finanziario stringente, possa derogarsi alla applicazione delle direttive comunitarie in materia di affidamenti e appalti e quindi l’ente locale possa affidare senza gara le forniture o i servizi.

A tal proposito è stato osservato, nell’ottica della tutela del principio della concorrenza, che <<l’affidamento ad una propria società da parte dell’ente locale di un’attività per la quale non esistono operatori privati non lede certo la concorrenza; ma se si tratta di attività per la quale siffatti operatori esistono, l’affidamento di quell’attività da parte di quell’ente ad una propria società può diventare un modo di eludere la concorrenza, poiché, nella disciplina degli appalti di servizi la creazione di un organismo di diritto pubblico consente l’affidamento diretto, sicchè un servizio che richiederebbe la gara viene invece acquisito tramite la creazione di una società. Il fatto che questa sia a sua volta sottoposta a procedure di evidenza pubblica può non essere sufficiente a garantire il recupero della concorrenza a valle della medesima, ove non si debba ricorrere a procedure di appalto>> ( [23] ).

Secondo l’autore l’Amministrazione aggiudicatrice può provvedere in autoproduzione, utilizzando lo schema della società mista, per soddisfare bisogni industriali e non commerciali, soltanto quando le imprese esistenti sul mercato non siano in grado di farlo ( [24] ).

In particolare, se si tratta di servizi che costituiscono oggetto di libera prestazione sul mercato, quali la manutenzione degli impianti, le reti informatiche, le pulizie non appare giustificabile l’appalto fuori gara.

In conclusione la fattispecie degli affidamenti in house e la conseguente deroga alla normativa comunitaria sugli appalti ricorrerebbe quando l’esercizio della autonomia organizzativa è finalizzata alla migliore organizzazione di uffici attraverso cui svolgere attività istituzionali, non invece quando si tratti della produzione di beni e servizi strumentali al funzionamento dell’ente ([25]).

Occorre, ovviamente, tenere presente che vi sono i servizi menzionati nell’allegato 2 del D.LGS n.157 del 1995 per i quali non è previsto l’affidamento mediante la gara.

L’allegato non fa riferimento a servizi che l’ente svolge, anche mediante soggetti affidatari, a beneficio della comunità amministrata, ma soltanto ai servizi che imprenditori eseguono in favore degli enti medesimi.

Mi sembra interessante quanto ha ribadito una recentissima sentenza, del TAR Sardegna - sent.11 giugno 2003 n.738 a proposito della regola generale della concorrenzialità, precisando che << l’art.7, comma2, lett.b) del D.LGS n.157 del 1995 consente di derogare per un appalto di servizi alla regola della concorrenzialità, vigente in materia di contratti della pubblica amministrazione,  a condizione che la prestazione, oggetto del contratto, possa essere eseguita – per ragioni tecniche artistiche o di tutela di diritti esclusivi- soltanto da un particolare e ben determinato soggetto. In ordine alle condizioni prescritte dalla norma per l’utilizzo della trattativa privata , la stazione appaltante deve fornire puntuale motivazione>>.

In applicazione di tale principio, il TAR Sardegna ha dichiarato <<illegittimo l’affidamento mediante trattativa privata del servizio di adeguamento, manutenzione e gestione della rete di pubblica illuminazione, nel caso in cui la pubblica amministrazione non abbia evidenziato che il soggetto affidatario mediante negoziazione diretta, sia l’unico esistente sul mercato in grado di svolgere il servizio>>.



[1] Dottoranda di ricerca in diritto pubblico dell’economia - Università degli studi di Pisa.

( [2] ) Il comma 2 dell’art 3 del D.LGS n.157 del 1995 precisa che nell ’allegato 7 vi è un elencazione, non esaustiva, degli organismi di diritto pubblico di cui al comma 1 dell’art.3.

( [3] ) CAMMELLI, Gli appalti pubblici di servizi e le società a partecipazione pubblica, in F.MASTRAGOSTINO ( a cura di ) Appalti pubblici di servizi e concessioni di servizi di pubblico servizio,  Padova 1998

( [4] ) Le società miste sono qualificate imprese pubbliche da alcuni autori tra i quali R.CAVALLO e  PERIN e da F.FRACCHIA, analogamente gli enti pubblici economici da G.PITTALIS il quale li esclude dalla categoria degli organismi di diritto pubblico.

( [5] ) Sull’argomento si veda  SCOTTI CAMUZZI, L’individuazione dei soggetti cui sono applicabili le direttive in materia di appalti pubblici, in Dir.Pubbl.Compar. ed Europeo, 1999.

[6] Di questa opinione ad esempio R. VILLATA‘’Pubblici Servizi’’, Giuffrè editore, 2003.

[7] R.VIRGILIO La Direttiva, 440/1989 ed i suoi destinatari, in Riv.Trim. App .Dir. Pubbl.1990.

[8] L.RIGHI La nozione di organismo di diritto pubblico nella disciplina comunitaria degli appalti: società in mano pubblica e  appalti di servizi, in Riv. It.Dir.Pubbl. Com. 1996.

[9] E’pacifico che l’azienda speciale rientri nelle amministrazioni aggiudicatici.

[10] L.RIGHI op.cit.

[11] L.RIGHI op.cit

( [12]) R.GAROFALI Le Privatizzazioni degli enti dell’economia. Milano 1998

([13] )In Foro It. 1998, V, pp.133 ss.

([14]) Con buona probabilità la Corte di Giustizia, con l’enunciazione di questo principio, intende evitare che le c.d. società figlie possano essere utilizzate dalla c.d. società madre per aggirare i vincoli comunitari.

([15]) Sul punto si veda V.CAPUTI JAMBRENCHI, L’organismo di diritto pubblico, in Dir.Amm. 2000

([16]) Consiglio di Stato Sez V 28.10.1998 n.1478, in Cons Stato 1998, I p.1655.

([17]) Il Consiglio di Stato, nella decisione in esame, muove dalla premessa che la costruzione e la gestione degli degli interporti costituisce, senza dubbio, un servizio pubblico teso al soddisfacimento di interessi generali e, dunque, assimilabile alla fattispecie prevista dall’art.22 lett.e) della legge n. 142 del 1990 e della legge n. 241 del 1990.

([18]) Deve precisarsi che alla società a totale partecipazione pubblica viene equiparata la società a maggioranza pubblica e quindi le altre forme di dominanza pubblica.

([19]) VILLATA op.cit.p.162

([20]) In Trib Amm Reg. 2000, I, 2234

([21] )Questa è la tesi sostenuta da L.RIGHI

([22]) Di quest’opinione S. SCOTTI CAMUZZI in op.cit.

([23]) R. VILLATA .op.cit. p.168

([24]) Si tratta di appalti pubblici di servizi che si distinguono nettamente dai servizi pubblici locali. Il servizio pubblico è quello reso a terzi il cui corrispettivo sia a carico degli utenti, in genere sono attività organizzate in forma di impresa la cui gestione è demandata dall’ente locale ad un soggetto gestore.

È invece da considerare appalto di servizi quello reso a favore dell’Amministrazione aggiudicatrice ( e non a favore della comunità amministrata) che ne corrisponde il controvalore economico. L’ente locale, considerata la complessità delle sue funzioni ed attività, ha necessità di acquisire quei servizi necessari a soddisfare i propri scopi( come ad esempio i servizi di pulizia dei locali, di trasporto degli alunni nelle scuole, di periodica disinfestazione dei giardini, di manutenzione dei depuratori ) e, spesso, decide di non realizzare in proprio questi servizi, per ragioni di economicità delle proprie strutture e decide, invece, di rivolgersi al mercato degli operatori specializzati. Questi servizi sono definiti nell’art.3 del D.LGS n.157 del 1995, modificato dal D.LGS n. 65 del 2000, come ‘’contratti a titolo oneroso stipulati tra l’Amministrazione aggiudicatrice e il prestatore dei servizi’’ e sono elencati negli allegati 1e 2 al D.LGS n.157.

Negli allegati non sono menzionati servizi che l’ente svolge a favore della collettività amministrata ma soltanto servizi che imprenditori eseguono in favore dell’ente stesso.

([25]) Si veda F. GOISIS  in Rapporto di controllo scelta del gestore di servizio pubblico, principi dei diritto comunitario, in Dir.Proc.Amm.2002

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