Sei nella pagina: terza pagina / Consumatori / -CONSUMATORI: Associazioni Rappresentanza Partecipazione

Consumatori

L'obbligo d'informazione preventiva (Ettore Battelli)
diritto dei consumatori (BRANCALEONI)
-i codici di condotta volontari
- diritto comunitario d.consumatori (Brancaleoni)
- le CLASS ACTIONS (vari contributi dalla stampa)
-CESE parere'04su Prop.Regol."cooperaz.tra consumatori"
-dir.lavoratori e dir.mobilità cittadini (M.Finzi 2003)
- CLASS ACTIONS, nuovo DDL alla Camera (Pordenus2004)
- Le operazioni di concentrazione (Anti Trust 2002)
- politica UE per i Consumatori
-Principi generali G.Giust.CE su procedura amminist.-tribut.
- TAR Lazio 2005 -appalti -fideiussione -autentica notarile
- CORTE D.CONTI evoluzione compiti (S.Buscema)
- ancora su RESPONSABILITA' SOCIALE D'IMPRESA
-CONSUMATORI: Associazioni Rappresentanza Partecipazione
-qualifica ONLUS - regime tributario (Ag.Entr.-risdoluz.2005
-la BIOTECNOLOGIA salvera' la nostra agricoltura (Battaglia)
-ONLUS -requisiti per la qualificazione (Circ. Min.Fin.1998)
-Cittadino-Consumatore e accesso alla Giustizia
- CARTA DEI DIRITTI DEL PASSEGGERO
- su ATTIVITA' DIREZIONE E CONTROLLO (nuovi arttt. cod.civ.)
- volontariato in Italia - origini e stato attuale
- Regione Lazio - convenzione con le ass. cons.
- ......Tutti a bordo della Freccia del Sud .....
- class action, non in Italia per ora -salve eccezioni
- Carta dei Valori del Volontariato
a proposito di privacy
12.12.06 - CARLI - origine e tracciabilita' prodotti
Carli, 14.2.06 - il COSTO SOCIALE DELLA QUALITA'
Carli 12.1.07 -consumatori, imprese e istituzioni-giocatori
Capicotto, 15.01.07 - Cassazione e nullita' multe parcheggi
Carli 20.01.07 - CONSUMI E PUBBLICITA'
Troia 20.01.07 - esempi di tracciabilita' del prodotto
Carli 25.01.07 - consumatori cittadini e mercato del lavoro
Capicotto, 21.02.07 -Consiglio Stato e lettimazione ad agire

-CONSUMATORI: Associazioni Rappresentanza Partecipazione

-CONSUMATORI: Associazioni Rappresentanza Partecipazione

LE ASSOCIAZIONI, LA RAPPRESENTANZA E LA PARTECIPAZIONE DEI CONSUMATORI

 

I) Le associazioni dei consumatori p. 1; II) Iniziative per l'educazione e l'informazione dei consumatori p. 3; III) Rappresentanza e partecipazione a livello comunitario, nazionale e locale p. 9

 

di Paolo Del Chiappa

(dottore di ricerca - socio AGEIE)

I) Le associazioni dei consumatori

                Le organizzazioni  dei consumatori, sia come imprese non profit dedite alla produzione di test comparativi sui rapporti qualità-prezzo, sia come istituzioni impegnate nella rappresentanza dei consumatori a livello politico, amministrativo e giudiziario, stanno assumendo una sempre maggiore rilevanza nell’ambito delle politiche per i consumatori.

L’attività delle associazioni è finanziata dai proventi provenienti dalla fornitura del servizio, da incentivi privati e pubblici, che non appaiono però sufficienti a sostenere il loro impegnativo ruolo nel superamento delle imperfezioni del mercato dei prodotti e dell’informazione, anche per il diffuso fenomeno del free riding, e quindi di consumatori che ottengono dei vantaggi, anche informativi, senza contribuire ai costi.

Le associazioni di consumatori possono essere divise in diverse categorie. Abbiamo le associazioni di consumatori a livello di Unione Europea, tutte con sede a Brussels, e quindi l’Association of European Consumers (AEC) l’European Association for the Coordination of Consumer Representation in Standardisation (ANEC) il Bureau Européen des Unions des Consommateurs (BEUC). Abbiamo poi le associazioni di consumatori di livello nazionale[1] e altre organizzazioni che lavorano per la promozione degli interessi dei consumatori. Tra quest’ultime abbiamo la Confédération des Organisations familiales de la Communauté Européenne (COFACE) e la Communauté Européenne des Coopératives (Euro Coop) - European Community of Consumer Cooperatives, anche queste con sede a Brussels.

Alcuni importanti atti ed eventi di livello europeo sottolineano il rilievo accordato al fenomeno dell’associazionismo consumerista.

Nella sua decisione del 9 ottobre 2003 (2003/709/EC) la Commissione ha creato l’European Consumer Consultative Group (ECCG), al posto del Consumer Committee, come maggior forum per il coinvolgimento della Commissione nel dibattito con le associazioni di consumatori. L’ECCG costituisce un  forum generale di discussione in relazione ai problemi legati all’interesse dei consumatori e fornisce opinioni in merito a temi riguardanti la protezione dell’interesse del consumatore. Inoltre, avvisa e guida la Commissione nei contorni e nelle attività che hanno effetti sui consumatori, e informa la Commissione sugli sviluppi della politica dei consumatori all’interno degli Stati Membri. Essenziale è la sua azione di sorgente di informazione e di risonanza nella azione comunitaria per le associazioni nazionali di consumatori. La presidenza e la segreteria del Comitato sono sostenute dalla Commissione.

La partecipazione dei consumatori all’interno dei Commission consultative bodiesworking groups appare sempre più di aiuto per la sempre maggiore integrazione degli affari dei consumatori in tutte le policies dell’UE. La maggiore parte di essi, per ragioni “storiche”, si trova in materia di agricoltura, ma di nuovi ne sono stati istituiti più recentemente in materia di energia, trasporto, telecomunicazioni e pesca. Tra l’altro, la Commissione lavora attivamente affinché le associazioni dei consumatori siano rappresentate in modo appropriato nell’ampio spettro delle politiche che li riguardano, e assegna una notevole importanza al lavoro di collaborazione con le organizzazioni dei consumatori e al sostegno al lavoro fondamentale da esse svolto per assicurare che i consumatori conoscano i propri diritti e siano messi nelle condizioni di approfittarne nella pratica. Un adeguato coinvolgimento delle organizzazioni dei consumatori nelle politiche dell'UE è un elemento chiave nella dinamica di regolamenti migliori e più efficaci per la tutela dei consumatori e rappresenta uno dei tre obiettivi chiave della nuova «Strategia della politica dei consumatori»[2] per gli anni 2002-2006. più in generale, solo coinvolgendo pienamente la società civile ed i cittadini negli sviluppi politici e legislativi possiamo rendere l'Europa trasparente e democraticamente affidabile, donando una più ampia fiducia anche nell’economia. Il “compassamento” delle politiche richiede ormai l’effettiva partecipazione di tutti gli interessati e, le organizzazioni dei consumatori, i singoli consumatori, contribuiscono ampiamente. Così, aiutano a migliorare tutte le politiche europee d'interesse per i consumatori e per i cittadini in quanto tali.

Esclusivamente per le Acceding and Candidate Countries, negli anni 2003 e 2004, sono stati organizzati e si stanno organizzando dei seminari con l’obbiettivo di affrontare problemi specifici che tali paesi possono incontrare in materia di associazionismo consumerista, e quindi per aiutare la risoluzione delle problematiche commesse alla implementazione del consumer protection acquis nell’area non-food, e per contribuire ad una maggiore confidenza del consumatore nel mercato interno dell’UE[3]

Ogni anno al Commissione organizza uno specifico evento per i Paesi in accesso e candidati dell’Unione Europea che precede l’Assemblea Annuale delle associazioni dei consumatori. La sesta edizione dell’evento, la cosiddetta "Round-table Discussion", il 27 ottobre 2003, ha avuto luogo a Brussels, dove sono state invitate dalla Commissione le associazioni dei consumatori e le autorità amministrative dei paesi in accesso e candidati. La discussione verteva sui problemi relativi ai consumatori anche all’interno dei 10 nuovi ulteriori Stati Membri che dal 1° maggio 2004 fanno parte dell’UE, in particolare relativamente all’interim period[4].

A livello nazionale ogni Stato dell’UE ha un Consiglio dei Consumatori che è composto dalle associazioni di consumatori rappresentative a livello nazionale e generalmente anche da rappresentanti dei livelli territoriali e da un Ministro, in Italia quello delle attività produttive, o un suo delegato, che lo presiede. Tali consigli, e gli attori che ne fanno parte, hanno la funzione di contribuire al miglioramento e al rafforzamento della posizione del cittadino-consumatore-utente-contribuente nel mercato in senso lato. La qualificazione del ruolo del consumatore, attraverso specifiche attività di rappresentanza, difesa e promozione dei suoi diritti e interessi fondamentali e/o comunque «essenziali», costituisce tra l’altro uno dei presupposti essenziali del funzionamento del mercato. Un mercato, glocale, comunitario, nazionale e locale, nel quale gli enti esponenziali rappresentativi degli interessi consumeresti hanno un ruolo progressivamente più rilevante, distinguendosi dalle altre aggregazioni sociali che, direttamente o indirettamente, hanno anche l’obbiettivo di tutelare i consumatori, ma in vista del raggiungimento anche di altri fini; quali i partiti politici, i sindacati di lavoratori e le aggregazioni aziendali.

 

II) Iniziative per l'educazione  e l'informazione dei consumatori

L'articolo 153 del trattato riconosce il diritto dei consumatori all'informazione e all'educazione. L'istruzione è un settore nel quale le competenze principali spettano agli Stati membri, a livello nazionale, regionale o locale. Ciò vale anche per l'educazione dei consumatori e - in un certo grado - per l'informazione dei consumatori. Alla Commissione europea spetta il ruolo di affiancare le attività degli Stati membri in questi settori e di agevolare la cooperazione tra di essi. L'obiettivo è quello di mettere i consumatori nelle condizioni migliori, rafforzando le loro conoscenze e competenze nonché la loro fiducia.

Occorre riconoscere l’importanza dell’informazione che, in una società tecnologica, si può ottenere a partire da un numero sempre più ampio di strumenti. Questo comporta vantaggi evidenti, ma presenta anche rischi nuovi e sconosciuti. Pur prendendo atto del ruolo delle associazioni dei consumatori come fonte affidabile di informazione, soprattutto per un pubblico «popolare», è necessario riconoscere anche il positivo contributo delle imprese e lo sviluppo di comunicazioni «di facile utilizzazione» (es. istruzioni per l’uso, opuscoli  disponibili nei punti vendita, avvertenze e norme di sicurezza). Imprese e organizzazioni dei consumatori forniscono tali informazioni anche via computer. Da rilevare sono margini di cooperazione relativi al miglioramento dell’informazione destinata ai consumatori, tra associazioni rappresentative dei cittadini-consumatori, imprese e «Autorità» in senso lato. In considerazione delle barriere linguistiche al commercio esistenti nell’UE, è certo ad esempio da accogliere con favore l’interesse che la Commissione porta attualmente alle questioni dell’etichettatura.

La tutela dell’educazione e dell’informazione, due diritti fondamentali del cittadino-consumatore europeo, nella dimensione produttiva, ha portato alla consapevolezza che i difetti di costruzione, come quelli di design, imputabili a errori di progettazione o comunque alla presenza di uno standard produttivo inferiore a quello esigibile da un produttore medio, considerate innanzitutto le esigenze qualitative e di sicurezza, non esaurisce l’ambito dei danni da prodotto difettoso. Infatti, dato che la produzione di oggetti difettosi «non è oggetto dell’attività produttiva, ma vizio di essa» e che quindi non è dannosa l’attività ma il singolo atto, particolare interesse riveste, su un diverso versante della tutela del consumatore, la teorizzazione di una responsabilità del produttore per difetto di informazione dell’utente circa la pericolosità di un prodotto o di particolari usi di esso[5].

Nell’Unione Europea necessaria è l’iniziativa del produttore in tema di informazione-educazione dei cittadini-consumatori, dato che emerge una responsabilità da difetto di informazione del consumatore, in relazione sia alla omissione di informazioni circa la pericolosità del prodotto o di un particolare uso di esso, sia alla pubblicità ingannevole. Così un prodotto può essere “difettoso” per una pericolosità che trae fonte da una carenza di una “adeguata” informazione del consumatore. Informazione che deve essere effettivamente e concretamente capace di neutralizzare quel certo particolare tipo di danno, altrimenti si apre una interessante e feconda prospettiva di sanzione aquiliana, in relazione al difetto di informazione al consumatore, mediante il riconoscimento di responsabilità extracontrattuale, per prodotti pericolosi se usati senza precauzioni o in modo anomalo, quando tale pericolosità non è stata adeguatamente “comunicata”.

È anche l’iniziativa degli enti esponenziali rappresentativi dei consumatori, oltre certo alla legislazione comunitaria, ad avere portato il produttore nella necessità di considerare in modo attento le prospettive di adeguata educazione e informazione del cittadino-consumatore[6].

In principio, il Mercato Interno, assicura ai consumatori una variegata scelta e prezzi competitivi. Allo stesso tempo, dato che il consumatore medio ha una sempre più vasta gamma di prodotti e servizi tra i quali potenzialmente potere scegliere per il soddisfacimento dei propri bisogni, la sua vita quotidiana diviene realmente molto più complessa. Così l’informazione e l’educazione del consumatore sono una parte sempre più importante nell’ambito di una politica dei consumatori, ma anche dei produttori, di vasta portata e volta allo strutturazione e allo sviluppo di una consapevolezza e fiducia reciproca. Logicamente, ad esempio, l’informazione e la tutela su chiari prezzi di offerta quanto più possibile concorrenziali, che si associa ad una politica antimonopolistica, comporta molti meno problemi della tutela in materia di sicurezza, che richiede interventi regolatori e consumatori più informati. Prezzo e sicurezza sono le fondamentali dimensioni dei beni oggetto della politica dei consumatori che, per definizione, è una politica multidimensionale. Infatti, il rapporto prezzo/qualità è il criterio principale che determina la scelta del consumatore e la sicurezza è considerata il fondamentale elemento della qualità insieme ad altre caratteristiche quali la prestazione o l’assistenza. Il consumatore, in linea con l’approccio delle caratteristiche di Lancaster[7], non acquista un oggetto o un servizio, ma un insieme complesso di dimensioni, di aspettative di servizi e di diritti, abbinati al bene stesso e capaci di soddisfare sfaccettature diverse di bisogni. Tali caratteristiche qualitative possono essere di tipo search, come il colore o la pesantezza, determinando dei costi per il consumatore durante la semplice fase di ispezione prima dell’acquisto, oppure possono essere di tipo experience, potendo essere accertate solo dopo l’acquisto, come il gusto, la durata o l’effettiva qualità di un servizio. Esistono poi altre caratteristiche, informazioni che non potrebbero essere facilmente reperibili per il consumatore, che la cui individuazione richiede strumenti e cognizioni particolari, come nel caso della sicurezza o dell’impatto economico di un bene. In quest’ultimo caso si parla di informazioni, di caratteristiche  di tipo credence, cioè fiduciarie, dato che presuppongono un elevato livello di fiducia  del consumatore verso il produttore-venditore[8]. Per le informazioni di tipo search fondamentale è il ruolo delle associazioni di consumatori che forniscono utili notizie, in merito al rapporto qualità-prezzo, semplificando il troppo variegato panorama delle alternative disponibili il cui esame sarebbe in pratica insostenibile da parte dei singoli consumatori. Si riesce così a evitare che gli imprenditori possano offrire combinazioni prezzo-qualità  meno convenienti rispetto ai concorrenti, senza temere riduzioni consistenti delle quote di mercato. Le caratteristiche experience e credence, sono dominate rispettivamente dall’opportunismo reciproco e dalla fiducia.

In linea con quanto detto, occorre sempre avere presente che «concorrenza e informazione non sempre esistono, né sono sufficienti a garantire il benessere dei consumatori. Il mercato può “fallire”. Sono quindi indispensabili la politica antimonopolistica, le norme di tutela del consumatore e le associazioni consumeristiche. Il giustificato superamento del dirigismo e del movimentismo non deve indurre a un miope affidamento al mercato»[9]. Da aggiungere è che la/e «Autorità» in senso lato, oltre all’iniziale affidamento al mercato e ai suoi sempre più raffinati e consapevoli attori, occorre sempre che intervenga, qualora gli equilibrii “automatici” non funzionino, con la soft law, premendo gli attori del mercato ad agire, all’interno dei confini di più o meno compassate e ampie deleghe, per la risoluzione di certe controversie, oppure occorre sempre che agisca, come più ha fatto in passato, con lo sviluppo delle regole in modo tradizionale e quindi più autoritativo. In ordine, ci si affida prima al mercato (logicamente sempre tenuto conto delle regole tradizionali esistenti, soprattutto legislative), poi alla soft law,  infine alle tecniche normative e di policy making tradizionali. Il fine ultimo rimane sempre quello di garantire un’appropriata concorrenzialità e distribuzione consapevole e fiduciosa delle informazioni.

La Commissione, in collaborazione con le autorità competenti in materia di educazione, proprio in questi ultimi mesi del 2004, sta  sviluppando una web-based consumer education platform, diretta ai formatori ed altri multipliers in materia di educazione e informazione al consumatore. Il materiale di insegnamento fornito va oltre la semplice trasmissione di informazioni generali, e comprende esercizi di apprendimento e altro materiale interattivo e diversificato in relazione all’ambiente di insegnamento, con o senza il supporto di un insegnate competente in materia. La priorità è data alle transazioni cross-border e ai diritti dei consumatori nell’Unione Europea. A questo fine la Commissione sta cercando di utilizzare pienamente le migliori pratiche sviluppate dagli Stati Membri e dalle associazioni dei consumatori.

La Commissione ha lanciato un progetto pilota per rafforzare le capacità di azione delle associazioni dei consumatori e, tra il 2002 e il 2004, ha organizzato vari eventi per i selezionati membri-staff delle associazioni dei consumatori di tutti gli Stati, in tre aree o moduli: management, pubbliche relazioni-lobbying e diritto del consumo nell’Unione Europea. Tale training, consistente in due fasi, è stato lanciato all’inizio del 2002. Durante la prima fase, terminata alla fine del 2002, è stato organizzato il training e il relativo materiale e sono stati selezionati 45 trainers, da formare, e scelti all’interno del personale delle associazioni dei consumatori. Durante la seconda fase, che è iniziata all’inizio del 2003 concludendosi nella primavera del 2004, i trainers formati con successo durante la prima fase, sono stati coinvolti in un processo di formazione in progressivo consolidamento.

Dal 1993, ogni anno, la Commissione organizza l’European Young Consumer Competition, il cui scopo è quello di incoraggiare i giovani a divenire più consapevoli come consumatori, coinvolgendoli, sotto la guida di adulti, nel lavoro connesso a tematiche consumeriste.

L’European Consumer Centres Network (ECC-network) è, per così dire, un’importante «interfaccia» tra la Commissione e i consumatori europei, il cui ruolo è quello di aiutare i cittadini-consumatori europei a meglio comprendere come funziona e come fare funzionare il Mercato Interno affinché lavori per loro, oltre che quello di fornire consigli quando essi incontrano dei problemi. Lo scopo è quello di assicurare al cittadino-consumatore europeo, quando acquista oltre i confini nazionali, la stessa fiducia di quando compie tale azione nel proprio paese. Importante obbiettivo del network è quello di fornire alla Commissione Europea importanti informazioni di «struttura» in relazione al consumerismo.

Inizialmente gli ECCs o "Euroguichets" si concentravano sull’informazione e il supporto al consumatore esclusivamente in relazione a transazioni di acquisto cross-border. Successivamente, comunque, il loro ruolo si è notevolmente esteso. La priorità è adesso data alla diffusione nel consumatore europeo di informazioni «pro-active», che sono dirette al consolidamento di un equilibrio di elevata fiducia e consapevolezza nel cittadino-consumatore europeo.

Il cambiamento nelle priorità è testimoniato anche dal movimento degli ECCs dalle aree periferiche verso le capitali o comunque aree centrali dalle quali possono interagire in modo più sollecito con i consumatori del relativo Stato Membro. L’obbiettivo della Commissione è quello di avere almeno un ECC per ogni Stato Membro. Limitando l’analisi al maggio 2003, quando è stato inaugurato l’ECC ad Atene, possiamo sottolineare che l’ECC network consisteva di 15 European Consumers Centres, localizzati in 13 Stati Membri. Adesso sono da prendere in considerazione i cambiamenti determinati, dal 1° maggio 2004, in seguito alla estensione dell’Unione Europea ai nuovi 10 Stati Membri[10].

Da sottolineare che nel 1997 la Commissione Europea ha condotto un’inchiesta Eurobarometro dalla quale è risultato che il 69.7% dei consumatori risultava interessata e preoccupata in merito alla sicurezza degli alimenti. Così, nel 1998 e nel 1999, nei 15 Stati Membri dell’Unione Europea la Commissione ha organizzato campagne di informazione riguardo alla sicurezza degli alimenti e, sulla base dei risultati conseguiti, ha continuato a intraprendere tali iniziative con cadenza annuale. Tali iniziative seguono campagne di informazione più specifiche sull’educazione alla sicurezza degli alimenti, dirette a “gruppi bersaglio”, i cui obbiettivi sono: l’educazione del target group sui principi generali e sulle semplici pratiche di sicurezza degli alimenti; l’utilizzo dei media, in particolare per lo sviluppo di siti internet interattivi e/o cd-roms; la promozione del ruolo che le associazioni possono esercitare fornendo consigli in materia di sicurezza alimentare; la prosecuzione del dialogo tra le parti interessate, e quindi tra le associazioni dei consumatori, le autorità nazionali, le organizzazioni e i gruppi professionali. 

           In ogni caso, l’informazione è un bene pubblico che una volta prodotto determina benefici fruibili anche da chi non ha partecipato ai costi, così, i consumatori più attivi e consapevoli, che riescono a stimolare forme di concorrenza ottenendo l’offerta di migliori combinazioni qualità-prezzo, devono comunque ridistribuire i benefici generati con tutti i cittadini-consumatori-utenti- contribuenti del sistema europeo, anche quelli non informati. Oltre all’autoproduzione di informazione mediante ispezioni dirette e notizie raccolte da altri consumatori, abbiamo la pubblicità informativa e i segnali di qualità forniti dalle imprese, ma abbiamo anche intermediari pubblici e privati come esperti, certificatori indipendenti, giornalisti eccetera che forniscono direttamente o indirettamente informazione.

Le norme sulla responsabilità civile del produttore e sulla regolamentazione della qualità tramite l’amministrazione sono tradizionalmente i normali strumenti di intervento in questa materia, entrati progressivamente in crisi con l’aumento dei costi della giustizia e del problema generale dei fallimenti dello Stato[11]. A tali strumenti diretti di intervento se ne stanno progressivamente affiancando con forza altri, indiretti, basati sull’operare degli attori e delle forze del mercato e sulla rimozione degli ostacoli alla concorrenza, strumenti che richiedono un notevole coinvolgimento delle associazioni di consumatori, in particolare nelle politiche di informazione e sostegno pubblico alla produzione, prezzi e qualità, anche mediante test comparativi. Il problema è quello di affiancare alla autoregolamentazione privata delle imprese, affidata in Italia a un apposito giurì, il controllo pubblico, che nel nostro paese rientra tra i compiti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato[12]. Ciò è perfettamente in linea con quanto previsto dall’evoluzione normativa che ha portato al riconoscimento del diritto «fondamentale-essenziale» all’informazione nell’articolo 153 del trattato di Amsterdam. Infatti, nell’Unione Europea, l’informazione deve essere «adeguata», completa, comprensibile e non fuorviante. Da rilevare che la pubblicità integra più la dimensione della “informazione” al consumatore e non la commercializzazione del prodotto o del servizio e deve essere «corretta»[13].

 

III) Rappresentanza e partecipazione a livello comunitario, nazionale e locale

                La cittadinanza dell’Unione Europea è uno degli elementi più importanti formalmente introdotti dal trattato sull’Unione Europea, o trattato di Maastricht.

In questo caso il concetto di cittadinanza ha molto scarsamente a che fare con quello di nazionalità, ma piuttosto con i diritti e i privilegi che spettano ai membri di una comunità. La cittadinanza dell’UE non sostituisce dunque quella nazionale ma le è complementare, dato che i diritti che essa garantisce sono in larga parte supplementari a quelli nazionali: «dalla cittadinanza intesa come mera “appartenenza” di una persona a uno Stato si passa a una cittadinanza intesa come nucleo essenziale intorno al quale sviluppare altre sfere di diritti e di libertà, che vanno ad accrescere il corredo dei diritti umani»[14]. Recentemente appare in consolidamento un’ulteriore forma di cittadinanza, come ulteriore accrescimento della sfera dei diritti umani, definita le «amministrativa» per sottolineare il suo specifico legame ai rapporti con i pubblici poteri, e che è determinata dalla crescente autonomizzazione delle amministrazioni rispetto al potere politico, con il conseguente riconoscimento di nuovi diritti ai soggetti che hanno rapporti con le amministrazioni

Oggi la cittadinanza può essere definita uno le «status-patrimonio» della persona[15], una sorta di «capitale sociale» che si accresce e si attiva progressivamente, in relazione all’ampliamento della sfera delle libertà dell’individuo, di cui sono un chiaro esempio la cittadinanza europea, come ulteriore forma di tutela dei diritti dei cittadini dei vari Stati Membri, oppure la “cittadinanza sociale”, legata al riconoscimento dei diritti sociali, in particolare nella seconda metà del secolo scorso.

Un tale modo di intendere la cittadinanza ha chiare ripercussioni nel modo di intendere la rappresentanza e la partecipazione ai vari livelli, da cui la crescente importanza della nozione di «rappresentanza-partecipazione multilivello», anche consumerista in senso puro.

 In generale, funzione specifica della rappresentanza consiste nel difficile compito di rendere presente ciò che è assente. Per la rappresentanza politica, inoltre, le cose si complicano, in quanto l’elemento assente (da rendere presente) è, a seconda degli orientamenti, la nazione, il popolo, il corpo elettorale, la volontà generale, l’interesse della collettività, le istanze della società, eccetera. Tra l’altro,  partecipando al processo di legittimazione democratica del potere, la rappresentanza politica si ritrova al centro di una “tensione lacerante” che vuole la molteplicità degli interessi sociali ridotta all’unità della volontà politica[16].

Da un punto di vista storico, possiamo individuare due principali modi di intendere la rappresentanza politica che privilegiano rispettivamente il momento dell’unità del rappresentante a scapito della sensibilità verso i diversi interessi sociali, ovvero,  sottolineano il rispecchiarsi della molteplicità delle istanze della società rappresentata, a scapito della formazione dell’unica volontà generale. Il primo concetto di rappresentanza politica risale all’epoca della rivoluzione francese in cui, in contrapposizione con la presenza di corpi intermedi e con la rappresentanza per ceti dell’ancien régime, si è affermato un unico concetto di cittadinanza e di sovranità nazionale (e di conseguente eguaglianza formale) e si sono poste le basi per individuare nella rappresentanza nazionale l’unitaria e fedele interprete della volontà generale.

L’unico interesse realmente rappresentato è quello della borghesia (poi “classe media”), mitigato però dal principio del divieto di mandato imperativo, dell’eguaglianza formale e della superiorità della legge nella gerarchia delle fonti, oltre che dal computo dei voti “par tête” e non più “par ordre” (per stato), aspetto che costituì un corollario del più ampio principio individualistico che andava caratterizzando tutto il periodo[17].

Con la rappresentanza descrittiva o rappresentanza-specchio, le caratteristiche appena richiamate, vengono in varia misura contraddette. Dalla dimensione nazionale unitaria si passa alla dimensione multinazionale pluralista e i rappresentanti, svolgendo una funzione descrittiva, sembrano doversi fare portavoce degli interessi particolaristici del gruppo di cui sono espressione piuttosto che di un interesse generale, contraddicendo almeno in principio il divieto di mandato imperativo. Non è più l’individuo il punto di partenza dei meccanismi rappresentativi, ma sono le singole componenti della società. In questa prospettiva, in cui si sottolinea la natura collettiva della rappresentanza, l’attenzione passa dalle procedure di selezione ai risultati che, almeno tendenzialmente, devono assicurare la corrispondenza fra società rappresentata e corpo rappresentante per cui si deve talvolta «derogare> allo stesso principio di eguaglianza individuale del voto.

Le regole specifiche a favore di una rappresentanza-partecipazione, anche politica, propria del cittadino-consumatore si inquadrano certo più nel secondo modello esaminato, rivelando una contraddizione o comunque una deroga forte ai principi costituzionali in materia di nazione e di rappresentanza generalmente accolti[18]. Mentre la cittadinanza diviene anche «amministrativa», la rappresentanza diviene «partecipativa/partecipata  e multilivello». Fondamentale importanza riveste la realizzazione del principio di «sussidiarietà orizzontale», realizzato ad esempio in Italia con la recente riforma dell’articolo 118 u.c. della Costituzione, che è complementare e non alternativa alla partecipazione ai processi decisionali pubblici. Da sottolineare che «sebbene non sempre, nella pratica, sarà facile distinguere tra azione sussidiaria e partecipazione, un importante criterio distintivo è rappresentato dal fatto che la sussidiarietà è una forma nuova di libertà anche perché comporta un “fare” non un “dire”; una partecipazione non alla discussione e alla decisione sui problemi, bensì direttamente ed autonomamente alla soluzione dei problemi stessi»[19]. Tra l’altro, il potenzialmente virtuoso rapporto di collaborazione tra soggetti pubblici e privati che può determinarsi, può influenzare il policy making pubblico, con momenti di partecipazione dei privati, dei cittadini-consumatori, secondo le modalità previste dall’ordinamento. Certo la partecipazione spesso, in particolare nell’attualità, si realizza per iniziativa delle amministrazioni, mentre la sussidiarietà per iniziativa dei «cittadini-consumatori-utenti-contribuenti» del sistema.

                In tale contesto assume una importanza rilevante la politica dei consumatori, che rappresenta un contributo cruciale a due degli obbiettivi strategici della Commissione quali definiti nella sua comunicazione sugli obbiettivi strategici 2000/2005 [20], consistenti nella promozione di un'agenda economica e sociale innovativa al fine di modernizzare l'economia europea ed assicurare una migliore qualità di vita ai cittadini-consumatori europei.

                La Commissione intende incentivare la  partecipazione e il contributo all'attuazione della strategia della politica dei consumatori, anche attraverso il coinvolgimento delle organizzazioni dei consumatori e delle altre organizzazioni non governative del settore ai lavori del gruppo consultivo europeo dei consumatori[21]. Ciò è fondamentale in quanto appartiene all'interesse generale europeo che la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei consumatori, nonché l'interesse dei consumatori nello sviluppo di norme per prodotti e servizi siano rappresentati a livello comunitario, come sottolineato anche nel «regolamento finanziario[22]» applicabile al bilancio generale delle «comunità europee». Tra l'altro l'accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) dispone che i paesi dell'associazione europea di libero scambio che partecipano allo spazio economico europeo (paesi EFTA/SEE), potenzino e rendano più estesa la loro cooperazione e partecipazione nell'ambito delle attività comunitarie in materia di tutela dei consumatori .

                La Comunità dovrebbe agire con maggiore efficacia, nel rispetto del principio di sussidiarietà di cui all'art. 5 del Trattato, per il sostegno e il rafforzamento delle capacità delle organizzazioni, degli enti e delle altre organizzazioni non governative del settore, che difendono gli interessi dei consumatori a livello comunitario, nazionale o regionale in linea con il quadro generale per il finanziamento delle attività comunitarie a sostegno della politica dei consumatori per gli anni 2004/2007[23].

Al fine di migliorare l'efficacia e l'incidenza delle attività delle organizzazioni di consumatori che rappresentano, a livello comunitario, nazionale e regionale, l'interesse dei consumatori nello sviluppo di norme per i prodotti e i servizi a livello comunitario, i contributi finanziari per le organizzazioni possono derivare da accordi quadro di partenariato per la durata del quadro stesso.

L'assegnazione dei contributi finanziari è certo molto influenzata dalla rappresentatività comunitaria, nazionale e regionale delle associazioni di consumatori che, tra l'altro, devono essere non governative, senza fini di lucro, indipendenti dai settori della produzione, del commercio e degli affari o da altri interessi in conflitto, e avere come obbiettivi e attività principali la promozione dei diritti ed interessi dei consumatori. Necessari sono rendiconti soddisfacenti in merito ai loro aderenti, al loro regolamento interno e alle fonti di finanziamento.

Per arrivare ad un effettivo coinvolgimento delle organizzazioni dei consumatori nelle politiche comunitarie[24], occorre promuovere, tramite la fornitura di consulenza tecnica e giuridica specifica, la partecipazione delle organizzazioni dei consumatori e il loro apporto sulle iniziative strategiche comunitarie, legislative e non legislative, in settori rilevanti quali le politiche del mercato interno, i servizi di interesse generale e il programma quadro decennale sulla produzione e il consumo sostenibili, nonché per promuovere il loro contributo alle politiche di sorveglianza del mercato. Tra l’altro, sul piano europeo, si incentiva la rappresentazione degli interessi dei consumatori presso le istanze internazionali, compresi gli enti di standardizzazione e gli organismi internazionali del commercio.

Da rilevare che, ad esempio, i contributi finanziari per il funzionamento delle organizzazioni europee dei consumatori che rappresentano gli interessi dei consumatori nello sviluppo di norme standard, per i prodotti e i servizi a livello comunitario (azione 17), sono concessi a specifiche condizioni ( art. 7, par. 3), e tra le fondamentali è sempre richiesta l’effettiva rappresentanza di livello comunitario, nazionale, locale. Possiamo quindi sottolineare l’esistenza di una “logica virtuosa”, di un necessario ed aperto dibattito tra qualità-quantità dei contributi finanziari concessi ed effettiva qualità-quantità della rappresentanza-partecipazione consumerista, di livello comunitario, nazionale, locale.

                In linea con il parere del Comitato Economico e sociale[25], in merito al piano d’azione per la politica dei consumatori 1999-2001, l’attuale e consolidato utilizzo del concetto di «politica dei consumatori» è sicuramente più opportuno della ormai superata nozione di «politica di protezione dei consumatori». Quest’ultima è infatti espressione di un approccio iper-protettivo che non tiene conto del fatto che ormai il consumatore ha incrementato il proprio livello di partecipazione occupando un posto a pieno titolo e svolgendo un «ruolo attivo» nel nostro sistema socio-economico e, in senso più ampio, nella «matrice glocale delle relazioni interpersonali». Talvolta, nei casi in cui i consumatori hanno poche possibilità di farsi valere, sono ancora necessari interventi o regolamentazioni di vera e propria protezione dei consumatori da parte delle autorità politico-amministrative ma, in generale, prima di intervenire esse lasciano ormai innanzitutto al mercato la possibilità di creare equilibri efficienti e di qualità. Inoltre, prima di intervenire direttamente, con una sorta di «delega compassata», tali autorità cercano di stimolare la produzione di soft law da parte degli attori istituzionali del mercato.

I cittadini-consumatori europei partecipano spesso attivamente e sono ormai perfettamente consapevoli delle loro responsabilità nei confronti dell’ambiente e della società in generale[26]. Anche i loro rappresentanti sono ormai sempre più coscienti relativamente alle «interconnessioni tra i loro interessi e quelli degli altri», ma devono essere messi in grado di svolgere con maggiore efficacia il proprio ruolo affinché si tenga adeguatamente conto degli interessi dei consumatori anche a livello internazionale[27]. Soprattutto nelle relazioni commerciali bilaterali e multilaterali, dove abbondano le problematiche relative alla salute e alla sicurezza, ma anche altre questioni con rilevanza economica e giuridica, occorre concedere uno spazio adeguato alle questioni concernenti i consumatori[28].

Un’attenzione particolare, che potrebbe portare la Commissione ad adottare una politica specifica in materia, è quella della necessaria rappresentanza anche dei cittadini più vulnerabili che, per mancanza di mezzi e di conoscenze, oppure per situazioni di inadeguatezza sociale e/o culturale, non dispongono della sicurezza e dell’autonomia necessarie per fare le proprie scelte e per prendere decisioni avvedute. Si pensi soprattutto agli handicappati, ai bambini, agli alloctoni, a chi vive di assistenza sociale, a chi ha solo il «minimo vitale».

                Come recentemente sottolineato dal Comitato Economico e Sociale[29], occorre una maggiore rappresentatività e quindi un maggiore coinvolgimento delle organizzazioni dei consumatori nelle politiche dell’UE, attraverso il riesame dei meccanismi di partecipazione, l’educazione e lo sviluppo delle competenze. Tutto ciò, in linea con la strategia che fa seguito al Libro verde sulla tutela dei consumatori[30].

Sempre più rilevante sta divenendo il ruolo delle associazioni a livello sovranazionale. A tale livello, esiste un forum consultivo, l’European Consumer Consultative  Group, all’interno del quale le associazioni di consumatori possono far sentire la propria voce e sottoporre le loro priorità alle autorità europee. È esclusivamente composto da rappresentanti dei consumatori e delle loro associazioni nazionali ed europee. Vi sono dibattute le questioni legate allo sviluppo del diritto comunitario, sia per quel che riguarda le direttive sottoposte a revisione, le proposte di direttive o di regolamenti, sia per quel che riguarda  testi della Commissione relativi agli orientamenti da prendere in futuro (raccomandazioni, libri verdi, libri bianchi). La rappresentatività, che è condizione per l’esercizio dei diritti riconosciuti alle associazioni dei consumatori, tra cui innanzitutto il diritto di promuovere la procedura di conciliazione, ma anche il diritto di fare parte del Consiglio nazionale dei consumatori, nonché di quello europeo, si basa su alcuni requisiti di base quali generalmente: la Costituzione in forma scritta e un ordinamento a base democratica, uno scopo esclusivo di tutela dei consumatori e degli utenti senza fini di lucro, un elenco degli iscritti, un numero di iscritti non inferiore ad una certa percentuale, che in Italia è lo 0.5 per mille, della popolazione nazionale, e un certo grado di diffusione territoriale, che in Italia è almeno lo 0.2 per mille in almeno cinque regioni o province autonome. Generalmente viene poi richiesto un bilancio conforme alle prescrizioni dettate per le associazioni non riconosciute, lo svolgimento di attività continuativa, l’immunità da condanne dei rappresentanti.

Il Comitato può essere consultato dalla Commissione ma non agisce di propria iniziativa.ed è presieduto da un membro della Commissione. 

La trasparenza dei lavori della Commissione è assicurata dal fatto che i consumatori e le loro associazioni sono consultati e chiamati a formulare i loro commenti per iscritto, a partecipare a riunioni-dibattiti o ancora a rispondere a questionari.

Come gruppi di pressione, le associazioni di consumatori hanno un’attività di lobbying da esercitare presso il Parlamento europeo al fine di convincere i parlamentari della necessità di integrare le preoccupazioni dei consumatori nelle legislazioni messe a punto da questi ultimi. I consumatori e le loro associazioni vengono anche consultati nell’ambito dei lavori di vari comitati istituiti in determinati settori: prodotti alimentari, agricoltura, ambiente e salute pubblica, accesso alla giustizia, telefonia, cultura, gioventù, educazione e mass media e possono esprimere le proprie opinioni anche nell’ambito del Comitato economico e sociale, accanto ai rappresentati dei produttori, dei distributori e dei lavoratori.

Dopo l’introduzione del nuovo approccio nel 1985, la normalizzazione ha assunto un posto di rilievo nell’attuazione della politica comunitaria. Gli organismi di normalizzazione (CEN/CENELEC) devono definire le norme di sicurezza e, pertanto, il livello di sicurezza atteso, sulla base delle esigenze stabilite dalle direttive. Le associazioni di consumatori partecipano a numerosi gruppi di lavoro di normalizzazione attraverso un’associazione europea, creata nel 1994, chiamata ANEC (Associazione europea per il coordinamento della rappresentazione dei consumatori per la normalizzazione).

Tramite il BEUC (Bureau Européen des Unions de Consommateurs) ed il CI (Consumers International), le associazioni europee dei consumatori possono collaborare con associazioni americane attraverso il Dialogo Transatlantico dei Consumatori rappresentandoci al fine di consolidare una mutua intesa tra Stati Uniti e Unione Europea.

I consumatori europei sono rappresentati a livello mondiale da Consumers International, a cui le varie organizzazioni degli Stati membri possono aderire direttamente.

                A livello regionale-locale è vero che ai consumatori si sono offerti ulteriori riconoscimenti, ad esempio negli statuti comunali e provinciali e/o nella organizzazione degli uffici amministrativi, anche con specifici sportelli per i consumatori e gli utenti, con influenze sul “peso” politico, istituzionale ed economico. Occorrerebbe qui, per andare oltre la “semplice” lettura dei testi normativi esistenti, iniziare con uno studio comparativo di quanto fatto fino ad oggi dalle Regioni europee in questo settore. Anche se si dovesse dare ingresso ad un diritto privato regionale, consistente nella disciplina, su base regionale, di interessi già presenti nella legislazione statuale, o di nuova istituzione, appare che, almeno in Italia,  con le formule legislative proposte, non si possa andare oltre a forme di tutela di tipo partecipativo e assistenziale. Certo è che il livello di rappresentatività del consumerismo di livello locale, o meglio “glocale”, che dipende anche dal grado di presenza delle associazioni sul relativo territorio e dall’entità dei finanziamenti ricevuti, è determinante affinché si riesca realmente «dal basso» a chiedere in modo specifico e a vedere risolte precise problematiche, per i cittadini-consumatori europei, tramite una rappresentanza che potrebbe essere giustamente definita «partecipativa e multilivello». Il principio di «sussidiarietà verticale», principio fondamentale dell’UE per lo più utilizzato in abbinamento con il principio di proporzionalità interagendo con i vari livelli del policy making europeo, coinvolge le rappresentanze consumeriste così come strutturate ai vari livelli. È possibile così parlare di rappresentanza multidimensionale. Innovativa è la riforma istituzionale italiana che ha introdotto il principio di «sussidiarietà orizzontale», tramite la recentissima riforma dell’articolo 118 u.c. della Costituzione. Anche questo principio, come quello della sussidiarietà verticale, si presta a variegate manipolazioni ma, sembra possibile potersi ritenere che gli interessi e i diritti fondamentali dei consumatori, come parte del progetto di perseguimento di un livello di cittadinanza europea ottimale, devono essere adeguatamente promossi e rappresentati in ambito sovranazionale, regionale e «glocale», ma anche negli spazi che, in senso orizzontale appunto, si aprono alla o sono rivendicati dalla autonomia dei privati. È così possibile parlare di partecipazione multidimensionale.

I due principi della sussidiarietà possono essere riassunti dal concetto di «sussidiarietà circolare» o comunque dal forse più consolidato principio della complementarietà dell’azione pubblica con quella privata che, al netto delle possibili manipolazioni, ha origine e si sviluppa tramite e nella «rappres ntanza-partecipazione consumerista multilivello”.

Da sottolineare è l’opportunità di escludere dal consumerismo puro la rappresentanza ad opera di organismi che si occupano di tutela del consumatore in via estesa e traslata, come le cooperative, i sindacati e i partiti politici, anche a livello regionale.



[1] Per una lista completa delle associazioni di consumatori di livello nazionale, esistenti nei vari Stati Membri, si veda http://europa.eu.int/comm/consumers/cons_org/associations/links/index_en.htm per una lista e una generale presentazione delle associazioni esistenti nella realtà italiana si veda www.tuttoconsumatori.it; www.minindustria.it

[2] http://europa.eu.int/eur-lex/en/com/cnc/2002/com2002_0208en01.pdf

[3] Per un maggiore dettaglio in merito si vedano gli atti delle iniziative organizzate, tra le quali: Berlin Seminar for Poland (5-7 maggio 2003); Helsinki Seminar for Latvia, Lithuania and Estonia (8-10 settembre 2003); Vienna Seminar for the Czech Republic, Slovakia and Malta (1-3 dicembre 2003); Abano Seminar for Cyprus, Hungary and Slovenia (8-10 marzo 2004); tutti reperibili sul sito http//:europa.eu.int/comm/consumers/cons-org/enlargement

[4] Per maggiori dettagli relativamente al Round Table Discussion si veda il sito http://europa.eu.int/comm/consumers/cons_org/assembly/round_table_27-10-2003_en.htm 

[5] Per approfondimenti si veda U. Ruffolo, La tutela individuale e collettiva del consumatore, cit. pp 30 ss., pp. 106-117.

[6] Il Comitato si dichiara assolutamente favorevole all’informazione dei consumatori e alla loro educazione su questioni europee ad opera delle organizzazioni in esso rappresentate. La Commissione può al tempo stesso rafforzare il movimento dei consumatori e assicurare che le informazioni siano fornite in una forma che tenga conto delle loro esigenze e aspettative reali,  consentendo ad associazioni dei consumatori idonee di divulgare i dati attraverso tutti i canali a larga diffusione di cui dispongono. Questo servirà a integrare le informazioni fornite dalle imprese. Come abbiamo visto nel relativo paragrafo ad esse dedicato, la tutela e l’educazione dei consumatori sono strettamente legate tra loro, e l’educazione è vista sempre più come parte di un processo di apprendimento permanente. Si veda il Parere del Comitato Economico e Sociale della 397° sessione plenaria del 26 e 27 febbraio 2003 in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale e al Comitato delle Regioni “Strategia della politica dei consumatori 2002-2006”. Com/2002 208 def.; 2003/C/95/01. Si vedano , in particolare, le linee introduttive.  Tra l’altro, in linea con tale parere, la Commissione dovrebbe valutare la possibilità di creare un Istituto europeo di ricerca sulle questioni relative ai consumatori, sull’esempio di quello che si è fatto per l’ambiente con  l’Agenzia europea per l’ambiente. Il Comitato vedrebbe altresì con favore la creazione di centri studi a livello regionale e nazionale che la Commissione potrebbe assistere con diversi mezzi non finanziari.

[7] Si veda K. Lancaster Variety, Eqquity and Efficiency, Columbia University Press, New York, 1976.

[8] Si veda M. Darby, Karny E., Free Competition and the Optimal Amount of Fraud, Journal of Law and Economics, vol. 16, 1973 pp. 67-88

[9] Per approfondimenti si veda F. Silva e A. Cavaliere Più concorrenza e informazione per il consumatore, in Consumatori, Diritti e Mercato, pp. 6-21,  IRS, anno I,  n°3, ETASlibri, Milano, 1998, insieme alla relativa bibliografia.

[10] Per approfondimenti sugli scopi e gli obbiettivi fondamentali dei Centri Europei del Consumatore si veda il sito http://europa.eu.int/comm/consumers/redress/compl/euroguichet/specifications_ecc_en.pdf

[11] Per gli opportuni approfondimenti si veda A. Cavaliere, Politiche pubbliche per i consumatori, Economia pubblica, n°2, 1997

[12] Si veda M. Gambaro, Consumatori e pubblicità, in F. Silva (a cura di) Tutela del consumatore tra mercato e regolamentazione, Quaderni della Fondazione Olivetti, n°42. L’attività antitrust governata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, è illustrata in modo sintetico e rigoroso in C. Bentivogli, S. Trento, Economia e politica della concorrenza, Nis, Roma, !995.

[13] Sempre in linea con quanto ritiene la Scuola genovese, tale espressione è più ampia dell’altra, spesso impiegata, di «non ingannevole» perché il suo controllo non potrà circoscriversi al solo potenziale recettivo del messaggio e alla sua veridicità, ma si estenderà alla conformità delle indicazioni offerte alla realtà del prodotto o del servizio e alle modalità di diffusione del messaggio.

[14] Per approfondimenti si vedano gli atti del convegno Horizontal Subsidiarity in the New Europe, in corso di stampa, in particolare le relazioni di G. Arena e di G. Alpa, Roma, 20-21 febbraio 2004, Parlamento Europeo, Commissione Europea, comune di Roma, Scula Superiore Sant’Anna. Aggiornamenti in merito sono reperibili sul sito www.cittadinanzattiva.it  la discussione è ad esempio proseguita con la Prima Convenzione Nazionale sulla Sussidiarietà. L’Italia dei Beni Comuni, Roma, 12 marzo 2004, Cittadinanzattiva, Forum P.A., Quelli del 118.

[15] Per approfondimenti si veda ampiamente G. Alpa, Status e Capacità. La costruzione giuridica delle differenze individuali, Laterza, Roma-Bari, 1993. Lo status è la somma dei diritti e dei doveri rispettivamente acquisiti e imposti ad un determinato soggetto in un determinato momento storico. Ammesso che si sia mai verificata una scomparsa degli status a favore della negoziazione libera, si assiste oggi ovunque ad un loro ritorno. La novità è forse la loro maggiore dinamicità che si muove nei nuovi spazi della Società dell’Informazione, consapevole degli elementi attivi e passivi del proprio “Capitale Sociale”.

[16] Al riguardo, fra gli altri, C. Crewe, H. Ruiz Fabri, Droits constitutionnels européens, Paris, 1995, 193; G. Leibholz,  La rappresentazione nella democrazia, Milano, 1989, 69 e ss.; N. Bobbio, Rappresentanza ed interessi, in G. Pasquino (a cura di), Rappresentanza e democrazia, Bari, 1988, 3, 7; H. F. Pitkin, The Concept of Representation, Berkley - Los Angeles - London, 1967, 241 e ss.; M. Cotta, Rappresentanza politica, in N. Bobbio, N. Matteucci, G. Pasquino, Dizionario di politica, Torino, 1990, 929; G. Leibholz, Die Repräsentation in der Demokratie, ora in La rappresentazione nella democrazia, Milano, 1989; G.U. Rescigno, Democrazia e principio maggioritario, in Quaderni costituzionali, 1994, 187.

[17] Le radici di quella che potremmo chiamare rappresentanza di derivazione liberale, in estrema sintesi, affondano in un terreno ideologico e istituzionale in cui la proiezione del pluralismo degli interessi è del tutto trascurato ed in cui la complessità sociale è artificialmente ricondotta ad unità attraverso l’assolutizzazione dell’interesse della classe dominante sulla cui base si forma la volontà generale. La letteratura in materia è vastissima; per quanto più da vicino ci interessa, cfr. P. Ridola, Rappresentanza e associazionismo, in G. Pasquino (a cura di), Rappresentanza e democrazia, cit., 101; D. Nocilla, Brevi note in tema di rappresentanza e responsabilità politica, in Scritti in onore di Vezio Crisafulli, II, 1985, Padova, 568 e ss.; J.H. Kaiser, La rappresentanza degli interessi organizzati, Milano, 1993, 64, 107; G. Ferrara, Rappresentanza e governo nazionale, in Democrazia e diritto, 1988, 91; D. Fisichella (a cura di), La rappresentanza politica, Milano, 1983; H. Kelsen, La democrazia, Bologna, 1981; N. Bobbio, Rappresentanza e interessi, cit., 12; E.W. Böckenförde, Democrazia e rappresentanza, in Quaderni costituzionali, 1985, 250.

[18] Tale assetto derogatorio non costituisce che una conseguenza del diverso modo di intendere il concetto di nazione. Al riguardo, cfr. G.E. Rusconi, Ripensare la nazione. Tra suggestioni etnodemocratiche e costruzione europea, in M. Luciani (a cura di), La democrazia alla fine del secolo, Bari, 1994, 69 e ss. In quest’ottica, ci pare significativa, al fine di sottolineare la distanza fra i due modelli di rappresentanza analizzati, la distinzione tra forme di governo, proposta a suo tempo da Ernst Fränkel, che fa leva sulla tendenza ad una “identificazione aprioristica di una volontà popolare unitariamente intesa con l’interesse generale” di fronte ad una “volontà popolare ipoteticamente risultante da un procedimento dialettico”: E. Fränkel, Demokratie und Öffentliche Meinung (1963) ora in Deutschland und die westlichen demokratien, Frankfurt, 1991, 154 e ss.

[19] G. Arena al convegno Horizontal Subsidiarity in the New Europe, cit. E’ da sottolineare il fatto che le azioni attuate dai cittadini in base al principio di  «sussidiarietà orizzontale»caratterizzato da interdipendenza e reciprocità con il principio di «sussidiarietà verticale», da cui il generale principio di «sussidiarietà circolare», sono fonti viventi di diritto costituzionale e amministrativo. Sono però necessari cittadini-consumatori consapevolmente attivi nel perseguire con proprie autonome iniziative l’interesse generale e nell’impegnarsi nella cura dei beni comuni. Occorrono, in definitiva, cittadini alleati delle amministrazioni, con vantaggi reciproci, anche per l’intera collettività.

[20] «Un progetto per la nuova Europa»,  GU C 234 del 30.9.2003, pag. 86

[21] Istituito nuovamente con la decisione 2003/709/CE della Commissione. GU L del 10.10.2003, p. 35.    

[22] Ai sensi dell'art. 108, par. 1, lett. B, del regolamento (CE, EURATOM) del Consiglio n° 1605/2002, del 25 giugno 2002. GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1.

[23] Decisione n° 20/2004/Ce del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’8 dicembre 2003. si vedano in particolare gli artt. 6 e 7 e l’allegato: Elenco per obbiettivi di cui all’art. 4. Interessante è sottolineare il legame tra le azioni previste per obbiettivi nell’allegato e la logica stabilita (art. 6) per l’ottenimento dei contributi finanziari relativi.

[24] Come sottolineato nell’allegato alla decisione 20/2004 cit. azione 11, 12 e 17, obbiettivo C.

[25] Parere del Comitato economico e sociale 1999/C 209/01. Adottato il 26 maggio 1999, con 88 voti favorevoli, 2 contrari e un’astensione. Si vedano innanzitutto le considerazioni di carattere generale.

[26] Non è qui la sede per approfondire i connessi e complessi problemi della “Democrazia Digitale”. Occorre in ogni caso mettere in evidenza incisive diversità, in tale materia, tra Stati Membri e al loro interno. Ad esempio, come emerge dall’appena pubblicato rapporto RUR-CENSIS, in Italia, nonostante quasi tutte le regioni e gli enti locali abbiano ormai un sito Internet, solo in circa il 4% dei siti delle Province e nell' 8% dei siti dei comuni capoluogo sono presenti strumenti per la partecipazione e la consultazione dei cittadini, ovvero strumenti di e-democracy (democrazia digitale). Nella graduatoria dell'e-democracy sui siti Internet istituzionali i migliori tra i comuni risultano essere Firenze e Torino, seguiti da Verona, Bologna, Modena, Milano e Roma. Per le regioni il primato dell'e-democracy spetta all'Umbria. Tra le province, risultano possedere, almeno a livello potenziale, gli strumenti per avviare progetti di democrazia elettronica quelle di Milano, Forlì-Cesena, Parma e Padova. Sono questi alcuni dati che emergono dal rapporto RUR-CENSIS appena pubblicato, il cui testo integrale è sacricabile alla pagina http://www.informest.it/newsletter/docs/newsletter40_CENSIS2004.pdf. Secondo il rapporto, Internet ha ancora una funzione principalmente "informativa" piuttosto che "partecipativa": alla domanda su quali siano le attività generalmente svolte on line il 92,3% degli italiani ha risposto "visita a siti internet" e "ricerca informazioni", l'81,6% di "usare la posta elettronica", mentre solo il 41,5% si è dedicato alla "ricerca di servizi" e ancora meno, il 19,8%, all' "acquisto di prodotti on line". Nel rapporto è inoltre tracciata la mappa dell'esclusione dalla società della conoscenza (il cosiddetto "digital divide"): sebbene quasi il 68% degli italiani abbia un PC in casa, non usano affatto Internet l'84,4% delle casalinghe, l'83% dei pensionati e l'84% di chi non ha titoli di studio. C'è quindi il rischio reale di trovarsi tra pochi anni con una cittadinanza di serie A, capace di dialogare con le pubbliche amministrazioni, e una cittadinanza di serie B fatta di casalinghe, pensionati, persone con basso livello di reddito e scolarità ancora in fila agli sportelli. Un'Italia tagliata a metà.

[27] In tal senso, fondamentale è il contributo attivo, ai vari livelli della governance europea, all’implementazione della direttiva 98/27/CE, relativa alle azioni per provvedimenti inibitori in materia di protezione degli interessi dei consumatori, più ampiamente sottolineata,  nel presente lavoro,  nel paragrafo sulla organizzazione della difesa dei diritti.

[28] Positiva è la maggiore visibilità del Transatlantic Consumer Dialogue (TACD). Il Comitato Economico e sociale, che ha avviato l’iniziativa della sua istituzione, insiste affinché la Commissione continui ad appoggiarlo. Si veda il Parere del CES GU C 407 del 28/12/1998 in merito al «Parternariato economico transatlantico».

[29] Parere del Comitato Economico e Sociale della 397° sessione plenaria del 26 e 27 febbraio 2003 in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale e al Comitato delle Regioni “Strategia della politica dei consumatori 2002-2006”. Com/2002 208 def.; 2003/C/95/01. Si vedano , in particolare, le linee introduttive.

[30] Esso tiene conto di una situazione in rapido mutamento e sempre più complessa caratterizzata dall’impatto della Società dell’Informazione, dall’introduzione dell’euro, e da un nuovo atteggiamento dei consumatori nei confronti del rischio e di un consumo etico e sostenibile.

DOCUMENTI ALLEGATI:

nessun documento allegato.

Sede: via della stazione di San Pietro, 57 - 00165 Roma
Tel./fax 0039 06 6380336
contattaci
Direttore resp.: Carli
Comitato redaz.: Aprile, Battelli, Brancaleoni, Cinotti
Sito realizzato da Deblin --- software D-Edit 1.0