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Consumatori

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- diritto comunitario d.consumatori (Brancaleoni)

di Mario Brancaleoni

 

Il presente scritto rappresenta la sintesi e l’aggiornamento di precedenti interventi in materia di diritto dei consumi - ovvero di quel corpo di norme che ha per oggetto la tutela del consumatore - che ho curato, prima come partecipante al Corso di perfezionamento in diritto dei consumi e della responsabilità civile all’Università La Sapienza, e poi come Vice Presidente di AGEIE – Associazione giuristi economisti d’impresa europei, co-sponsor del Master di II livello in Diritto Privato Europeo, sempre presso La Sapienza e Direttore il Prof. Guido Alpa, Presidente onorario di AGEIE stessa.

Innanzitutto, occorre subito distinguere tra il diritto comunitario, cioè il diritto emanato dalle Istituzioni comunitarie, ed il diritto comune europeo, cioè l’insieme dei principi comuni degli ordinamenti dei Paesi membri, che sono stati oggetto di studio da parte della Commissione Lando, che ha avuto il compito di elaborare il codice civile europeo.

Il diritto comunitario, se restringiamo il nostro campo allo studio del diritto positivo, ha tra gli oggetti principali la tutela dei consumatori. Del resto, la protezione dei consumatori è sempre stato uno degli obiettivi primari della politica della Comunità Europea, fin dalla sua istituzione.

Infatti, l’art. 153 del Trattato stabilisce che “Al fine di promuovere gli interessi dei consumatori ed assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, la Comunità contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei consumatori, nonché a promuovere il loro diritto all’informazione, all’educazione e all’organizzazione per la salvaguardia dei propri interessi. Nella definizione e nell’attuazione di altre politiche o attività comunitarie sono prese in considerazione le esigenze inerenti alla protezione dei consumatori”.

La suddetta norma non è soltanto un’enunciazione di principio, ma rappresenta il criterio guida che deve caratterizzare, nei diversi settori di intervento, l’adozione degli atti delle Istituzioni Europee, che, pertanto, devono risultare compatibili con i diritti dei consumatori.

Questa particolare attenzione per il consumatore ci aiuta a confutare la tesi, in uso in dottrina, che fonda la distinzione tra il diritto comune europeo e il diritto comunitario sul fatto che il primo sia permeato da principi di solidarietà, mentre il secondo abbia avuto la luce soltanto per regolare in via principale i traffici economici.

In realtà, il diritto comunitario – poi recepito, anche se con ritardo, dalla legislazione nazionale - è sempre stato attento a garantire il libero gioco della concorrenza, punendo tutte quelle posizioni che ne potevano alterare il corretto svolgimento, nonché a realizzare la parità e l’equità nei rapporti commerciali tra imprese e consumatori, attraverso – come vedremo tra poco - tutto un sistema di strumenti, che vanno dall’inefficacia delle clausole contrattuali abusive, fino al diritto all’informazione pre-contrattuale.

In altre parole, il diritto comunitario si è trasformato da diritto degli scambi a diritto dei diritti, con obiettivo principale la tutela della persona e del consumatore, e l’individuazione ed applicazione dei principi fondamentali della convivenza civile (basti pensare soltanto alla Convenzione Europea, recentemente approvata).

 

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In sintesi, seguendo esclusivamente un ordine cronologico di adozione, i provvedimenti comunitari in materia di tutela dei consumatori hanno avuto come oggetto i seguenti aspetti.

A)  Tutela della salute fisica del consumatore. In Italia il diritto dei consumi nasce alla fine degli anni ’80 come tutela della salute fisica del consumatore. Il D.P.R. 24 maggio 1988 n. 224, in attuazione della Direttiva CEE 85/374, ha stabilito, per la prima volta, la responsabilità del produttore per i danni cagionati a terzi dai difetti dei propri prodotti.
B)  Contratti stipulati fuori dei locali commerciali. Successivamente, con il D. Lgs. 15 gennaio 1992 n. 50, in attuazione della Direttiva 85/577, sono state introdotte le garanzie per il consumatore che stipula un contratto fuori dei locali commerciali, con esclusione di quelli aventi ad oggetto beni immobili, la fornitura di prodotti alimentari, e quelli assicurativi e finanziari. Al consumatore è stato concesso, tra l’altro, il c.d. “diritto di ripensamento”, cioè il diritto di recesso, senza specificare alcun motivo e senza incorrere in alcuna sanzione e/o spesa, da esercitare entro sette giorni. Con il D. Lgs. N. 174/95, anch’esso di adeguamento alla normativa comunitaria, è stato accordato tale diritto di recesso, da esercitare entro trenta giorni dalla stipulazione, anche a coloro che contraggono una polizza sulla vita.
C)  Clausole contrattuali abusive. La L. 6 febbraio 1996 n. 52, in attuazione della Legge comunitaria 1994, ha introdotto nel nostro codice civile gli articoli 1469-bis e seguenti, in tema di clausole abusive nei contratti con il consumatore. Per la prima volta, il consumatore riceve dal Legislatore una tutela effettiva. Infatti, le clausole ritenute abusive, cioè che determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, e che non sono oggetto di trattativa individuale, sono inefficaci, e quindi inapplicabili, mentre prima, ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del cod. civ., una semplice doppia sottoscrizione, peraltro non rifiutabile per ottenere il bene o il servizio, bastava ad aggirare l’ostacolo. Inoltre, la sopra citata normativa riconosce alle associazione dei consumatori ed alle Camere di Commercio l’azione inibitoria per evitare che il professionista continui ad usare, nelle condizioni generali di contratto, le clausole accertate abusive. Trattasi, però, di una tutela negativa del consumatore, cioè di una normativa dettata soltanto per evitare che la persona subisca un danno derivante dal potere contrattuale dell’imprenditore. Per arrivare ad una tutela positiva, ai c.d. “diritti essenziali” del consumatore, come li definisce il Prof. Guido Alpa, occorrerà attendere – come vedremo fra poco - prima la Legge 30 luglio 1998 n. 281 (la legge quadro sui diritti dei consumatori), e poi il recente D. Lgs. 2 febbraio 2002 n. 24, sulle c.d. garanzie post-vendita.
D) Contratti a distanza. Il Legislatore comunitario e nazionale hanno creato, in relazione al continuo sviluppo della tecnologia, una “rete di protezione” per il consumatore. Infatti, il D. Lgs. 22 maggio 1999 n. 185 – in attuazione della Direttiva 97/7 – in materia di contratti a distanza, cioè stipulati con qualunque mezzo, senza la presenza fisica e simultanea del fornitore e del consumatore, e la Direttiva n. 2002/65, in materia di contratti a distanza per la vendita di prodotti finanziari, hanno realizzato la tutela del consumatore essenzialmente su due fronti: l’informativa pre-contrattuale ed il diritto di recesso. Per quanto riguarda quest’ultimo diritto, lo stesso può essere esercitato dal consumatore, senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo, entro dieci giorni, oppure quattordici giorni in caso di vendita di strumenti finanziari, bancari o assicurativi, decorrenti dalla conclusione del contratto.
E)  Diritti “essenziali” del consumatore. La sopra citata Legge quadro N. 281/98 recante “la disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti', all’art. 1, 2° comma, ha enucleato i diritti fondamentali dei consumatori e degli utenti: a) tutela della salute; b) sicurezza e qualità dei prodotti e dei servizi; c) adeguata informazione e corretta pubblicità; d) educazione al consumo; e) correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali concernenti beni e servizi; f) promozione e sviluppo dell’associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti e, infine, g) erogazione dei servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza. L’elencazione è puramente esemplificativa, ma non esaustiva. Anche se la tutela effettiva si realizza nel contratto che si andrà a stipulare, per la prima volta sono stati individuati i diritti dei consumatori. L’art. 3, inoltre, ha introdotto la legittimazione ad agire delle associazioni dei consumatori e degli utenti a tutela degli interessi collettivi. Tale azione, che non preclude quell’individuale del singolo consumatore, ha, come quella prevista in tema di clausole abusive, carattere inibitorio e può, nei casi in cui ricorrano giusti motivi, svolgersi con la procedura d’urgenza. Per rafforzare la protezione degli interessi dei consumatori, la L. N. 39/2002 ha inserito, nel predetto articolo 3, il comma 5-bis, con il quale è stato disposto il pagamento di una somma da € 516 a € 1032, rapportato alla gravità del fatto, per ogni giorno di ritardo nell’adempimento dell’ordine del Giudice di inibizione e di eliminazione degli effetti dannosi delle violazioni accertate.
F)   Diritto all’informazione. Tra i diritti fondamentali del consumatore elencati nella suddetta Legge quadro, occorre evidenziare il diritto all’informazione. Tale diritto garantisce la qualità del prodotto o del servizio che deve essere rispondente alle informazioni comunicate previamente dal produttore o dal fornitore. Questo diritto è stato specificato nel D. Lgs. 17 marzo 1995 n. 111, in attuazione della Direttiva 90/314, sui c.d. “pacchetti turistici” e dal D. Lgs. 9 novembre 1998 n. 427, in attuazione della Direttiva 94/47, sulla c.d. “multiproprietà”. In ambedue i provvedimenti normativi il fornitore o il venditore devono consegnare, prima della sottoscrizione del contratto, un documento informativo contenente tutta una serie di comunicazioni e/o notizie sul servizio o sul bene venduto. La mancanza delle informazioni dà al consumatore il diritto di recesso senza alcuna penalità e/o spesa, mentre la mancata rispondenza del servizio alle informazioni comunicate, anche il diritto al risarcimento dei danni.
G) Garanzie post-vendita. Il D. Lgs. 2 febbraio 2002 n. 24, in attuazione della Direttiva 1999/44, sulla vendita e le garanzie dei beni di consumo, ha introdotto, utilizzando la tecnica legislativa della novella del codice civile, gli articoli 1519-bis e seguenti, apprestando una disciplina a tutela dei consumatori che affianca quella già esistente in materia di vendita di beni mobili, prevista dagli articoli 1510 e seguenti. Il Legislatore italiano, ancora una volta recependo una direttiva comunitaria, ha realizzato una tutela positiva per il consumatore, il quale ha ora il diritto, cui corrisponde l’obbligo del venditore, di ottenere un bene conforme alle disposizioni contrattuali. Le novità introdotte dalla normativa in questione sono costituite dai rimedi in caso di non conformità del bene al contratto, e dai termini per la denuncia del difetto, e per la prescrizione dell’azione. Accanto ai tradizionali rimedi della riduzione del prezzo, o della risoluzione del contratto, sono stati previsti i rimedi, da esperire in via primaria, della riparazione o della sostituzione del bene, senza spese per il consumatore. La scelta nell’ambito dei due gruppi di rimedi è stata rimessa al consumatore, purché la scelta, in base al principio della buona fede, non sia troppo gravosa per il produttore. Il termine per la denuncia, a pena di decadenza, del difetto di conformità, che deve manifestarsi entro due anni dalla consegna del bene, è di due mesi decorrenti dalla scoperta del difetto. Dunque una maggior tutela per il consumatore rispetto alla norma dell’art. 1512 cod. civ., ancora in vigore, che stabilisce che, se è stato espressamente garantito il buon funzionamento della cosa venduta, il vizio va denunciato entro trenta giorni dalla scoperta. L’azione diretta a far valere i difetti della cosa si prescrive comunque in ventisei mesi dalla consegna del bene – praticamente viene concessa una garanzia post-vendita di due anni dalla consegna, in considerazione del fatto che se il vizio viene scoperto l’ultimo giorno di questo periodo il consumatore ha a disposizione ulteriori due mesi per l’azione. Anche in questo caso la nuova normativa è migliorativa rispetto a quella del vigente codice, che prevede un termine prescrizionale di sei mesi dalla scoperta del vizio.
 
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Sulla scia delle politiche legislative sopra descritte, altri provvedimenti sono in corso di approvazione. Basti pensare soltanto agli ulteriori sviluppi della normativa su l’”e-commerce”, con il recentissimo D. Leg. 9.4.2003 n. 70, in attuazione della Direttiva n. 2000/31, per passare poi ai codici di autodisciplina ed alle ADR (“Alternative Dispute Resolution”), che sono state anche introdotte nella riforma del diritto societario (artt.38-40 del D. Leg. 17.1.2003 n. 5) e nel progetto di riforma del codice di procedura civile, e finire con la proposta di legge sulla c.d. “class action”, di derivazione anglosassone.
In conclusione, si può ragionevolmente affermare che in Italia grossi passi sono stati fatti verso una più compiuta ed effettiva tutela dei consumatori, alla luce di una concezione imprenditoriale con una vocazione inspirata alla responsabilità sociale.
Lo sviluppo ed il perfezionamento di tale assetto normativo garantirà al nostro Paese di essere ai primi posti nella realizzazione di una visione più moderna ed europeistica del diritto.

 

Roma, luglio 2004

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