L’EVOLUZIONE DELLA TUTELA DEI CONSUMATORI E DEGLI UTENTI IN ITALIA
(BREVI NOTE A MARGINE DELL’VIII CORSO DI PERFEZIONAMENTO IN DIRITTO DEI CONSUMI E DELLA RESPONSABILITA’ CIVILE DELL’UNIVERSITA’ LA SAPIENZA DI ROMA)
Le prime leggi italiane a tutela dei consumatori vedono la luce alla fine degli anni ’80 ma è negli ultimi cinque anni che hanno raggiunto una produzione ragguardevole. La regolamentazione di tale materia è il frutto dell’adeguamento del nostro ordinamento alla normativa comunitaria. Del resto, la protezione dei consumatori è sempre stato uno degli obiettivi primari della politica della Comunità Europea, fin dalla sua istituzione. L’art. 153 del Trattato stabilisce, infatti, che “Al fine di promuovere gli interessi dei consumatori ed assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, la Comunità contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei consumatori, nonché a promuovere il loro diritto all’informazione, all’educazione e all’organizzazione per la salvaguardia dei propri interessi. Nella definizione e nell’attuazione di altre politiche o attività comunitarie sono prese in considerazione le esigenze inerenti alla protezione dei consumatori”. In altre parole, tutti gli atti della UE devono essere compatibili con i diritti dei consumatori. Che la tutela dei consumatori sia al centro delle politiche comunitarie è confermato, ancora una volta, dalla Comunicazione N. 531 del 2.10.2001 della Commissione Europea, un libro Verde che ha avuto come scopo quello di avviare una consultazione pubblica sulla forma migliore di regolamentazione in materia di pratiche commerciali leali. Tale consultazione ha evidenziato la necessità di una riforma del diritto europeo dei consumatori sulla base di una direttiva “quadro” che armonizzi le norme sulla correttezza delle pratiche commerciali tra imprese e consumatori. La direttiva quadro, che dovrebbe essere emanata a seguito di un’ulteriore consultazione, rappresenterebbe dunque una “rete di sicurezza” per regolamentare le pratiche connesse al commercio transfrontaliero senza incidere sulle materie oggetto di direttive settoriali specifiche.
Come abbiamo accennato all’inizio, in Italia la tutela del consumatore nasce alla fine degli anni ’80 come tutela della salute fisica del medesimo. Il D.P.R. 24 maggio 1988 n. 224, attuazione della Direttiva CEE 85/374, stabilisce, per la prima volta, la responsabilità del produttore per i danni cagionati dai difetti dei suoi prodotti.
Successivamente, con il D. Lgs. 15 gennaio 1992 n. 50, attuazione della Direttiva 85/577, vengono introdotte le garanzie per il consumatore che stipula un contratto fuori dai locali commerciali, con esclusione di quelli aventi ad oggetto beni immobili, la fornitura di prodotti alimentari e quelli assicurativi e finanziari. Al consumatore è concesso, tra gli altri, il c.d. “diritto di ripensamento”, cioè il diritto di recesso senza specificare alcun motivo e senza incorrere in alcuna sanzione e/o spesa, da esercitare entro sette giorni. Con il D. Lgs. N. 174/95, anch’esso di adeguamento alla normativa comunitaria, viene accordato tale diritto di recesso, da esercitare entro trenta giorni dalla stipula, anche a coloro che contraggono una polizza sulla vita.
In Italia, le norme sui diritti dei consumatori e degli utenti hanno trovato collocazione o in leggi speciali, come abbiamo visto finora, o sono state inserite nel codice civile, come vedremo tra poco, in materia di clausole contrattuali abusive o di garanzie post-vendita dei beni di consumo.
Negli altri Paesi europei le soluzioni sono state differenti. Per esempio, in Germania sono state inserite nel nuovo codice civile; mentre, in Catalogna (Spagna) o in Scozia si è preferito riunirle in un apposito codice o testo unico che dovrà poi essere coordinato con il codice civile.
La L. 6 febbraio 1996 n. 52, attuazione della Legge comunitaria 1994, ha introdotto nel nostro codice civile gli articoli 1469-bis e seguenti in tema di clausole abusive nei contratti del consumatore. Per la prima volta il consumatore o l’utente riceve dal Legislatore una tutela effettiva. Infatti, le clausole ritenute abusive, cioè che determinano a carico del consumatore o dell’utente un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, e che non sono oggetto di trattativa individuale, sono inefficaci e quindi inapplicabili, mentre, ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del cod. civ., una semplice doppia sottoscrizione, peraltro non rifiutabile per ottenere il bene o il servizio, bastava ad aggirare l’ostacolo. Inoltre, la sopra citata normativa riconosce alle associazione dei consumatori e alle Camere di Commercio l’azione inibitoria per evitare che il professionista continui ad usare nelle condizioni generali di contratto le clausole accertate abusive. Trattasi, però, di una tutela negativa del consumatore, cioè di una normativa dettata soltanto per evitare che la persona subisca un danno derivante dal potere contrattuale dell’imprenditore.
Per arrivare ad una tutela positiva, ai “diritti essenziali” del consumatore, come li definisce il Prof. Guido Alpa, occorrerà attendere prima la Legge 30 luglio 1998 n. 281 (la c.d. legge quadro sui diritti dei consumatori) e poi il recentissimo D. Lgs. 2 febbraio 2002 n. 24 sulle c.d. garanzie post-vendita.
Prima di parlare specificamente dei predetti provvedimenti normativi, vale la pena di menzionare, per evidenziare come il Legislatore comunitario prima, e quello italiano poi, abbiano creato, in relazione al continuo sviluppo della tecnologia, una “rete di protezione” per il consumatore, il D. Lgs. 22 maggio 1999 n. 185 – attuazione della Direttiva 97/7 – in materia di contratti a distanza.
I contratti stipulati con qualunque mezzo, senza la presenza fisica e simultanea del fornitore e del consumatore, con esclusione della vendita di prodotti finanziari per la quale è stato predisposto un apposito Progetto di Direttiva che è in corso di approvazione, danno al consumatore medesimo il diritto di recedere, senza alcuna penalità e senza specificarne il motivo, entro dieci giorni decorrenti dalla conclusione del contratto.
La sopra citata Legge quadro N. 281/98 recante “la disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti', all’art. 1, 2° comma, enuclea i diritti fondamentali dei consumatori e degli utenti: a) tutela della salute; b) sicurezza e qualità dei prodotti e dei servizi; c) adeguata informazione e corretta pubblicità; d) educazione al consumo; e) correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali concernenti beni e servizi; f) promozione e sviluppo dell’associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti e, infine, g) erogazione dei servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza.
L’elencazione è puramente esemplificativa ma non esaustiva. Anche se la tutela effettiva si realizza nel contratto che si andrà a stipulare, per la prima volta si individuano i diritti dei consumatori. Tra i diritti sopra elencati occorre evidenziare il diritto all’informazione. Tale diritto garantisce la qualità del prodotto o del servizio che deve essere rispondente alle informazioni comunicate previamente dal produttore o dal fornitore.
Questo diritto è stato specificato nel D. Lgs. 17 marzo 1995 n. 111, attuazione della Direttiva 90/314, sui c.d. “pacchetti turistici” e dal D. Lgs. 9 novembre 1998 n. 427, attuazione della Direttiva 94/47, sulla c.d. “multiproprietà”. In ambedue i provvedimenti normativi il fornitore o il venditore devono consegnare prima della sottoscrizione del contratto un documento informativo contenente tutta una serie di comunicazioni e/o notizie sul servizio o sul bene venduto. La mancanza delle informazioni dà al consumatore il diritto di recesso senza alcuna penalità e/o spesa, e la mancata rispondenza del servizio alle informazioni comunicate, il diritto al risarcimento dei danni.
L’art. 3 della Legge quadro, inoltre, introduce la legittimazione ad agire delle associazioni dei consumatori e degli utenti a tutela degli interessi collettivi. Tale azione, che non preclude quella individuale del singolo consumatore, ha carattere inibitorio e può, nei casi in cui ricorrano giusti motivi, svolgersi con la procedura d’urgenza. Per rafforzare la protezione degli interessi dei consumatori, la L. N. 39/2002 ha inserito nel predetto articolo 3 il comma 5-bis con il quale è stato disposto il pagamento di una somma da 516 Euro a 1032 Euro per ogni giorno di ritardo nell’adempimento dell’ordine del Giudice di inibizione e di eliminazione degli effetti dannosi delle violazioni accertate, rapportato alla gravità del fatto.
Le associazioni dei consumatori e degli utenti, individuate a norma della L. N. 281/98, successivamente si sono viste riconoscere vari poteri. Per esempio, il Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze 13 dicembre 2001 n. 456, che ha determinato i criteri per la composizione degli organi decidenti e per lo svolgimento delle procedure di reclamo in materia di bonifici transfrontalieri, all’art. 3, ha affidato ad almeno tre delle predette associazioni la designazione dei componenti rappresentativi dei consumatori nell’organo decidente, che può considerarsi dunque una sorta di organismo di autodisciplina.
Inoltre, la L. 11 aprile 2000 n. 83, che ha modificato la L. N. 146/90 sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali, ha introdotto, tra l’altro, l’art. 7-bis, con il quale è stato riconosciuto alle associazioni di categoria di cui alla L. N. 281/98 la legittimazione processuale per l’inibizione dei comportamenti lesivi dei diritti degli utenti e per la pubblicazione della relativa sentenza.
Il D. Lgs. 2 febbraio 2002 n. 24, attuazione della Direttiva 1999/44, sulla vendita e le garanzie dei beni di consumo, ha introdotto, utilizzando la tecnica legislativa della novella del codice civile, gli articoli 1519-bis e seguenti, apprestando una disciplina a tutela dei consumatori che affianca quella già esistente in materia di vendita di beni mobili prevista dagli articoli 1510 e seguenti.
Il Legislatore, ancora una volta recependo una direttiva comunitaria, ha realizzato una tutela positiva per il consumatore che ha ora il diritto, a cui corrisponde l’obbligo del venditore, di ottenere un bene conforme alle disposizioni contrattuali.
Le novità introdotte dalla recente normativa sono costituite dai rimedi in caso di non conformità del bene al contratto e dai termini per la denuncia del difetto e per la prescrizione dell’azione.
Accanto ai tradizionali rimedi della riduzione del prezzo o della risoluzione del contratto, sono stati previsti i rimedi, da esperire in via primaria, della riparazione o della sostituzione del bene, senza spese per il consumatore.
La scelta nell’ambito dei due gruppi di rimedi è rimessa al consumatore in quanto la scelta, in base al principio della buona fede, non deve essere troppo gravosa per il produttore.
Il termine per la denuncia, a pena di decadenza, del difetto di conformità, che deve manifestarsi entro due anni dalla consegna del bene, è di due mesi decorrenti dalla scoperta del difetto. A norma, invece, dell’art. 1512 cod. civ., se è stato espressamente garantito il buon funzionamento della cosa venduta, il vizio va denunciato entro trenta giorni dalla scoperta.
L’azione diretta a far valere i difetti della cosa si prescrive comunque in ventisei mesi dalla consegna del bene – praticamente viene concessa una garanzia post-vendita di due anni dalla consegna, in considerazione del fatto che se il vizio viene scoperto l’ultimo giorno di questo periodo il consumatore ha a disposizione ulteriori due mesi per l’azione -; con la vecchia normativa codicistica il termine è di sei mesi dalla scoperta del vizio.
Anche se la strada da percorrere appare ancora lunga – basti pensare soltanto agli ulteriori sviluppi della normativa su l’”e-commerce”, ai codici di autodisciplina, alle ADR (“Alternative Dispute Resolution”) che sono state anche inserite nel progetto di riforma del codice di procedura civile - si può ragionevolmente affermare che in Italia grossi passi sono stati fatti in direzione di una più compiuta ed effettiva tutela dei consumatori e degli utenti, in una visione più equa dei rapporti con le imprese e in un’ottica più moderna ed europeistica del diritto.
Roma, 2 settembre 2002 - Avv. Mario Brancaleoni