Santonastaso: Iniziamo l’ultima parte della mattinata. Chiamo al tavolo il giudice Ceglie, Vittorio Guida, della CISL, il Dr Piunti, dell’Associazione Tessile & Salute (T&S), che ha avuto un ruolo importante a monte, per l’organizzazione dell’incontro di oggi, l’Avv. Carli, dell’AssoUtenti/Co.Valori, l’Ing. Perticaroli, dell’ISPESL. Come vedete, i ruoli ricoperti dai presenti consentono di avere uno spettro molto largo di opinioni e contributi.
Dalle relazioni di questa mattina sono emersi molti concetti importanti, che riassumerò brevemente, soprattutto per quelli che sono arrivati più tardi, su cui focalizzare la nostra attenzione. Ad esempio, m’ha colpito molto la frase di Garzillo che diceva: “..siamo ancora lontani dalla soglia della dovuta attenzione”, frase su cui bisogna riflettere e che richiama quest’esigenza di monitoraggio continuo, che è emersa anche negl’ultimi interventi che abbiamo ascoltato.
S’è parlato d’informazione e formazione: magari non avere semplicemente più dati ma ragionare meglio su quelli che già abbiamo a disposizione. Abbiamo sentito che gl’infortuni nel settore diminuiscono in valore assoluto ma non in frequenza relativa. Questo significa che il fenomeno è tutt’altro che sconfitto.
C’è la questione molto ampia dei costi e benefici. Abbiamo un triangolo impresa – lavoratori – istituzioni, o solo impresa – lavoratori?
Vorrei che aprisse la Tavola Rotonda il Presidente dell’Associazione T&S, Dr. Piunti, che ha rilanciato il problema della sicurezza nel settore tessile a livello nazionale. Come avete letto dal pieghevole, quest’incontro segue un momento d’ampio respiro internazionale, costituito dal 2° Forum T&S, organizzato a Biella, nel gennaio scorso, che ha costituito un incontro importante tra ricercatori, esperti industriali e rappresentanti delle istituzioni.
Piunti. Grazie. Mi presento. Sono direttore del dipartimento di Prevenzione dell’ASL di Biella e, come ha detto il moderatore, sono il Presidente dell’Associazione T&S, nata un anno fa, costituita, tra l’altro, da Sistema Moda Italia, Associazione Nazionale dei Tintori, Assofibre, associazioni di consumatori, quali l’Unione Nazionale Consumatori e il Comitato Nazionale Utenti. Il mondo accademico è rappresentato dal dipartimento di Dermatologia dell’Università di Milano e di Medicina del Lavoro dell’Università di Torino. Nel Comitato Tecnico-Scientifico dell’Associazione è presente una rete di soggetti pubblici e privati, quali, ad esempio, tutti i laboratori del Settore Tessile, molti dermatologi, geriatri, pediatri, medici dello sport, medici del lavoro, igienisti, tra i quali anche rappresentanti della SitI (Società Italiana d’Igiene), quindi una rete pluridisciplinare, che ha lo scopo di fornire, sia in fase di progettazione sia di produzione e vendita, una serie di informazioni ed indicazioni corrette sulla qualità del prodotto. Perché sono punto di riferimento dell’incontro tra mondo della produzione e del consumo? Come Sanità Pubblica, è nostro compito dare un contributo alla prevenzione di patologie, non solo quelle acute ma anche quelle complesse, multifattoriali, quali le malattie cronico-degenerative. In ogni caso, il nostro intento è quello di stabilire un’alleanza tra il mondo della sanità pubblica e quello delle associazioni dei consumatori, facendo in modo che i consumatori possano essere portati a scegliere prodotti sicuri di qualità, e prodotti con metodi sicuri, stimolando, nel contempo, un forte interesse, non solo culturale ma anche economico, nel mondo della produzione. Se si riesce, come Sanità Pubblica, a formare questa nuova coscienza nel mondo dei consumatori, io ritengo che si possa spronare il mondo della produzione a fare di questo un plusvalore del proprio prodotto.
L’altro fattore che ha destato interesse nel mondo della produzione è il fatto che la Sanità Pubblica ha dato degli indicatori, da una parte di patologie ma anche di fattori di rischio, patologie e fattori di rischio che possono essere risolti, o almeno fortemente migliorati, tramite i prodotti tessili. La Sanità Pubblica, quindi, può far emergere i bisogni reali che esistono nella popolazione, e spinge il mondo della produzione a confrontarsi con una rete multidisciplinare di Esperti, di cui parlavo prima, che può avanzare delle proposte per migliorare, rendere più razionale ed idoneo alla sua funzione il tessuto. Gli strumenti che comunque garantiscono questo patto tra mondo della produzione e quello del consumo sono legati a due grossi progetti: uno riguarda, la creazione della banca dati delle sostanze pericolose utilizzate nell’industria tessile, progetto, nato su iniziativa dell’ISPESL, che deve partire entro l’anno e che ha l’adesione convinta, ad esempio, di Federchimica, Assofibre, Associazione dei Tintori Chimici. Questo progetto è molto importante, soprattutto in previsione della liberalizzazione, nel 2005, del mercato dei prodotti tessili, come di quelli calzaturieri, che potrebbe comportare il rischio che arrivino e circolino in Italia prodotti tessili di bassa qualità, contaminati con sostanze sensibilizzanti, o comunque nocive. La Sanità Pubblica potrà, in tal modo, disporre d’uno strumento raffinato ed aggiornato per le sue attività di controllo e vigilanza e, con il parallelo aumento della coscienza dei consumatori, potrà, non solo indirizzare, ma anche sostenere il mondo industriale nella produzione di tessuti di qualità. Il secondo progetto, che accenno soltanto, è quello dell’Osservatorio Epidemiologico, a livello nazionale, tra tutte le Associazioni scientifiche dei dermatologi italiani, per individuare e mettere in evidenza le dermatiti da contatto causate da tessuti.
Santonastaso. Vorrei sentire il parere di Carli su questo quadro che sembra promettente. Ma qual è la vostra opinione sul campo? C’è effettivamente questa rete? C’è un segnale di novità, ovviamente per quanto riguarda la sicurezza?
Carli. Grazie per l’invito a partecipare a questo seminario. Innanzitutto, porto anche il saluto di AssoUtenti (una delle più importanti associazioni consumeristiche nazionali) che fa della Qualità una bandiera per la più spiccata difesa dei Consumatori e di Co.VALORI (un Comitato interassociativo per la Valorizzazione della Professionalità, di cui fa parte, tra gli altri, anche AssoUtenti, Accademia Europea/istituto di ricerche e AGEIE/Giuristi-Economisti d’Impresa) che propone la Qualità e l’Etica come criteri guida per la tutela dei Cittadini e del Mercato.
Rispondo poi direttamente alla domanda. Non credo che ci sia da parte dell’utenza una grossissima – o, per lo meno, completa - percezione dell’importanza della qualità nell’ambito del processo di produzione di beni e servizi. Certamente, qualcosa di nuovo c’è e non posso non citare i programmi di sensibilizzazione coordinati ed sponsorizzati proprio da Co.VALORI che mette attorno allo stesso tavolo Istituzioni, Cittadini, Categorie di Professionisti, di Consumatori e di Utenti e che cerca di avvicinare l’Accademia all’Impresa.
Il fatto, poi, che sul sito dell’ISPESL ci siano modelli comportamentali è un fatto nuovo. La strada è certamente questa. Ho sentito il collega parlare di plusvalori ingenerati nell’ambito della cerchia dell’informazione e della produzione. L’etica – mi permetto di dire - è alla base della qualità e della ricerca della qualità, quindi non solo nel campo del consumo, ma anche in quello della produzione: essi devono andare di pari passo. In verità, le problematiche sono di diverso tipo, varie e molteplici; comunque, la Sicurezza è parte della Qualità.
Santonastaso. Sentiamo il parere dei sindacati confederati, quindi di una larga fascia dei lavoratori. La vostra percezione della cultura della prevenzione.
Guida. Anzitutto, credo che venga proprio bene quest’iniziativa, spero ci sia continuità perché questo settore è un traino. Nella provincia di Caserta, c’è una gran tradizione del Tessile e dell’Abbigliamento, non solo quello storico dei setifici ma anche presenze nuove come Benetton,…e tante piccole iniziative per cui vale la pena approfondire questa tematica. Credo bisogna partire da questo binomio: lavoro/forza lavoro, e in questo senso penso che la sicurezza nei luoghi di lavoro è il valore aggiunto su cui puntare per dare una maggiore spinta allo sviluppo di questo settore, e, più in generale, a tutti i settori presenti nella nostra provincia. Io credo che la legislazione c’è: il 626 è l’emblema della legislazione in questo campo negl’ultimi anni. Dà strumenti nuovi, che possono venire incontro alle Aziende, le quali possono avere finanziamenti per portare gl’impianti a livello tecnologicamente avanzato, ma possono anche intervenire sulla forza lavoro. Sono infatti convinto che la sicurezza si deve muovere su 2 canali fondamentali: il fatto che l’imprenditore capisca che la sicurezza è un valore aggiunto per produrre meglio in qualità e quantità, e questo significa anche rendere l’azienda più competitiva. Per fare questo, c’è bisogno della cultura della sicurezza, e per realizzare tale cultura è necessario che la forza lavoro sia consapevole fino in fondo dei doveri che deve avere nei confronti del lavoro, utilizzando tutta la strumentazione, ma deve anche essere messa in condizione di avere questa consapevolezza. Quindi tutto il discorso dell’informazione e formazione è di grande attualità. Devo dire che abbiamo riscontrato una timidezza da parte della classe imprenditoriale, in questi anni, in questa direzione. Per esempio, c’è tutta la tematica della bilateralità, che dà grandi possibilità, sia sul piano della formazione sia dell’informazione. Abbiamo all’interno del luoghi di lavoro i RLS, che possono svolgere un ruolo di raccordo tra gli Enti esterni, i datori di lavoro (DL) e i lavoratori in questa direzione. Non sono state fatte grandi cose. Alcune cose le abbiamo fatte in proprio, come Sindacato, coi corsi di formazione a livello nazionale e locale, ma penso che sia opportuno fare un salto di qualità.
Santonastaso. Penso che Ceglie sia l’osservatorio privilegiato per gl’interventi non solo di prevenzione ma anche di repressione. Che scenario c’è sul territorio?
Ceglie. Nella mia posizione non potrò dire troppe cose al riguardo. Il dato è certamente complesso, bisogna avvicinarsi al problema con passo felpato, con la consapevolezza che nessuno ha la bacchetta magica per risolvere il problema. Come nel caso dell’ambiente, anche nel discorso della prevenzione e sicurezza, bisogna attivare una serie di processi, l’ultimo dei quali è quello giudiziario. Quando si arriva a quest’ultimo, la partita della prevenzione è persa. Quindi non voglio parlare di processi giudiziari, perché se siamo qui è proprio per prevenire quelli. Alcuni chiarimenti: chi deve fare la prevenzione? Al primo posto i DL: la legge li pone come tali, e non dal 626: da quasi 50 anni i DL sanno che devono darsi un’organizzazione, e non deve essere solo organizzazione della sicurezza, spero Perticaroli sia d’accordo, perché io ho visto molte Aziende bene organizzate in sicurezza, ma con il comparto Sicurezza completamente staccato da quello produttivo. Le aziende devono organizzare la produzione in sicurezza. Esse, infatti, possono chiamare i migliori Tecnici della sicurezza, i migliori consulenti aziendali, ma finché questi saranno visti come “i rompiscatole della situazione”, cioè in un’ottica vessatoria (attento, c’è quello!), significa che non c’è la cultura della prevenzione. Si tende ad una militarizzazione dell’azienda, e non è assolutamente l’intento del legislatore. L’intento del legislatore europeo, come già detto dai relatori che mi hanno preceduto, è quello di dire: cari DL, lavorate, producete, fate produrre ma datevi un’organizzazione che imponga un approccio sistemico, complesso e procedurale. Sistemico, perché la sicurezza è una sintesi dei sistemi che devono essere tra loro razionali e non impazziti, un sistema in cui la produzione, gli appalti, la dualità, i rifiuti, il riciclo, il territorio, i cittadini, il consumo devono avere una chiave di lettura preventiva ed organica. Procedurale, perché questa materia pone delle procedure, delle regole, ma non quella che ha imposto il legislatore. Le regole che ci si aspetta dai DL sono le regole aziendali: essi devono avere la capacità di darsi delle micronorme, di creare un microsistema comportamentale. Per fare questo bisogna essere preparati, non fare i documenti ciclostilati, scopiazzati, senza neanche cambiare l’indirizzo, solo sporcare carta: questo Paese cade sotto le carte. Non solo i DL, ma anche i Responsabili della sicurezza devono avere la capacità di attivare dei circuiti aziendali della sicurezza. Questo significa che questa materia deve imporre dei percorsi condivisi, ci vuole l’adesione, e non deve essere uno scenario di guerra tra i soggetti. Non parliamo della Amministrazioni, oggi non è il tema, ma questa materia sta diventando per l’ennesima volta fonte di lavoro per avvocati e giudici e, voglio ripetere, non è l’intento del legislatore. Le proposte dopo.
Santonastaso. Perticaroli, c’è un problema di costi per questo circuito organizzativo?
Perticaroli. Ho idee molto precise. Il Dr. Ceglie ha ragione. Il processo comunitario di valutazione dei rischi, il cosiddetto risk assessment, non è stato completamente compreso nella sua interezza dal nostro sistema produttivo, soprattutto dalle piccole e medie imprese. Il Dr Ceglie identifica giustamente nei DL i responsabili del processo, secondo quanto stabilito dal legislatore italiano ed europeo. Ma quando si tratta del datore di lavoro medio o piccolo, mi chiedo: è in grado di fare da solo? Cosa si fa per la formazione in altri Paesi? Io sono il direttore del dipartimento Documentazione, Informazione e Formazione di un istituto di sanità pubblico, l’ISPESL, faccio pacchetti informativi, profili di rischio etc, perché? Per far spendere poco ed utilmente al DL per la formazione. Ma dobbiamo pensare che i lavoratori sono i nostri figli, e se quel processo non porta alla cultura della gestione della sicurezza, o meglio, della propria salute, noi trasferiamo solo ulteriori oneri alle piccole e medie imprese. Voglio dire: quando una scuola professionale non prepara il nostro esperto in un settore, e chi lo deve preparare è di nuovo la piccola e media impresa, io dico che si sbaglia. I Tedeschi, ad esempio, non fanno così: li preparano prima.
L’altra questione significativa è quella dei costi/benefici. Noi stiamo lavorando duramente ad un problema di risk assessment, abbiamo fatto le linee giuda per evitare quanto diceva Ceglie, perché se noi cominciamo a lavorare in termini ispettivi, essendo 1200 le aziende sul territorio nazionale, possiamo controllare il 3.8% nelle grandi Regioni, l’1.7% nelle piccole, cioè praticamente nulla. Del resto, dobbiamo salvaguardare l’occupazione in questo settore, non possiamo darla ai Paesi terzi, quindi dobbiamo essere in grado di tutelare sia i nostri lavoratori sia i consumatori. I primi possono riuscirci: se inseriti in un percorso sono in grado di tutelare non solo la propria sicurezza ma anche la loro salute, …
Santonastaso. Questa è una notizia interessante. Passiamo al discorso delle proposte. Mi sembra che al di là delle analisi, su cui si può essere più o meno d’accordo, lo scenario, seppur non gradito, mi pare non indulge all’ottimismo. Chiedo a Piunti quali sono le iniziative al di là della Banca Dati. Le Regioni fanno monitoraggio e basta?
Piunti. Certamente non basta monitorare, chiaramente occorre cercare un patto tra soggetti maturi. Per soggetti maturi intendo sia il mondo imprenditoriale sia quello sindacale ed i consumatori. Siamo noi i consumatori. Due settimane fa, a Cernobbio, s’è svolta una riunione, presente una delegazione cinese, che ha detto con molta chiarezza che fra 10 anni solo loro faranno i prodotti tessili. Ci lasciano le lane, il resto lo faranno loro ad un prezzo molto più basso, con certificato di qualità. Se rispetto a questo non saremo in grado di stabilire un’intesa col mondo del consumo, a patto che l’accordo abbia le fondamenta sui valori etici e ambientali, mettendo nel prodotto valori legati, ad esempio, al processo corretto della produzione ed a un processo ecocompatibile, questo, io penso, è l’unico modo per salvaguardare la produzione. Non solo. Noi possediamo ampie potenzialità nei nostri istituti di ricerca, dove si cerca di dare risposte coerenti a problemi complessi. Pensiamo ai tessuti in grado di abbattere il rumore o le polveri, di schermare i campi elettromagnetici, per non parlare della ricerca, molto intensa e promettente, nel campo delle protesi chirurgiche. Riflettiamo anche sul fatto che per anni si sono fatti tessuti senza conoscere la pelle umana e senza sapere quello che può succedere nell’interazione coi tessuti: anche in questo caso la ricerca può dare un contributo determinante per creare tessuti idonei.
Santonastaso. Avvocato Carli, che ne pensa di questo patto? Si può fare?
Carli. Vorrei rispondere con un esempio. Anni fa partecipai ad una ricerca in cui risultò che ad una certa percentuale di incidenti aerei corrispondeva l’utilizzazione di pezzi di ricambio non di qualità, comprati a Hong Kong.
Detto ciò, se dati di questo tipo, nei vari settori fossero resi noti e divulgati, ritengo si produrrebbe una migliore accettazione della Qualità (con tutti i suoi aspetti, anche i meno positivi) ed una maggiore sensibilizzazione, di Cittadini, Utenti, Consumatori, Imprese e Professionisti.
Con il tempo, quindi, si potrebbe arrivare anche ad un abbassamento dei costi insiti nei processi di qualità, soprattutto per le piccole e medie imprese (PMI), con un della “cultura della qualità” più accettabile per l’utenza. La mia proposta è quindi di aumentare il più possibile queste attività di pubblicizzazione, che non è solo forma ma anche sostanza.
Non è un caso, ritengo, che molte PMI abbiano posto in essere quei modelli di qualità; ho in mente un’Azienda di Massa Martana che credo abbia 170 dipendenti, citata nel sito ISPESL.
Penso quindi che il vero problema sia di avere un approccio etico alla Cultura; approccio in cui, peraltro, posto indispensabile hanno il criterio di responsabilità sociale e di sviluppo sostenibile; al cui interno sta proprio quel concetto richiamato dal Direttore Piunti di “cultura di gestione della sicurezza”.
Conseguentemente, un accordo siglato tra istituzioni pubbliche, imprenditori e consumatori, con il sostegno di Esperti d’impresa non solo sarebbe auspicabile, ma sarebbe forse indispensabile. Noi come C.V./AGEIE e C.V./AssoUtenti ci dichiariamo pronti.
Santonastaso. Quindi una strada percorribile. Qual’è il parere del sindacato? Accanto alla difesa del consumatore, c’è quella del lavoratore, certamente non secondaria.