PROFESSIONALITA’, ETICA… IL SENSO DELLE PAROLE
La recente decisione di assoluzione con formula piena, anzi “senza rinvio”, che la S.C. di Cassazione ha emesso nei confronti di un parlamentare, mi ha profondamente colpito proprio in quel “senza rinvio” che i non addetti ai lavori sicuramente non avranno saputo e potuto apprezzare nella sua portata, ma che bene ha espresso il suo avvocato, scatenadosi in una sorta di danza “da ultras” all’uscita dall’aula, con una vittoria in pugno senza appello e che ha scritto una parola irrevocabile su una vicenda i cui contorni reali forse non conosceremo davvero mai.
In particolare ho pensato che quella sentenza “senza rinvio” ha clamorosamente rappresentato uno schiaffo morale e professionale nei confronti di quei magistrati che solo undici mesi prima avevano emesso un verdetto di segno e significato completamente opposto. Sono certo che nello scrivere la sentenza di colpevolezza, il collegio d’assise d’appello abbia messo non minore professionalità e obiettività deontologica dei colleghi di cassazione.
Eppure, in terzo grado, con la possibilità di riaprire i giochi, la decisione è stata “tombale”. Poca professionalità, poco senso della deontologia, poca serietà?
Mi è venuta in mente la recente esperienza e militanza all’interno di un’associazione, la prima che ha riunito e fatto emergere la figura professionale del “giurista d’impresa” in Italia, dandole visibilità, dandole evidenza e formalizzando così l’esistenza di una categoria già largamente nota in tanti altri paesi d’Europa.
Naturalmente, tale Associazione ha fatto della valorizzazione della professionalità e del rispetto della regole deontologiche un vessillo: la realtà l’ha in parte smentita.
Piegata interamente su una sola area del territorio nazionale, incapace di rispondere ad elementari richieste della base, sterile quanto ad azione politica verso le istituzioni per ottenere quello che, in definitiva, deve essere l’obiettivo primario cioè il riconoscimento legale della figura del giurista d’impresa, ha finito per essere una sorta di gruppo a “circuito chiuso”, preoccupato di fare e far fare attività solo a pochi e “specchiati” professionisti, poco coinvolgendo gli associati, poco considerando il loro patrimonio culturale e professionale acquisito in anni di attività all’interno degli uffici legali di aziende di diversa natura.
Mi è venuta in mente anche la realtà aziendale nel cui ambito mi muovo ormai da oltre quindici anni e nella quale, in certo senso, faccio sempre più fatica a ritrovarmi.
Mi chiedo cioè se sia ormai passato di moda investire sull’uomo; meglio, per un’azienda, se sia passato di moda investire sui suoi uomini, su uomini cui essa stessa ha dato un’occasione di crescita, cui essa stessa ha aperto una strada salvo poi tornare indietro in omaggio a strategie sempre meno condivise, sempre più contorte, sempre più involute ed improduttive.
Mi chiedo il senso della spersonalizzazione dell’individuo, privato di una seppur minima iniziativa, idealità o sogno, che deve permeare di sé ogni attività professionale, libera o dipendete che sia. Mi chiedo perché il senso di professionalità debba sempre più essere sminuito e svuotato dovendo ripiegarsi su logiche che sono solo guidate dal traguardo del guadagno, della riduzione dei costi, della competitività ottenute talvolta non rispettando un seppur minimo senso di correttezza.
Mi spiego allora perché in questi anni sono sorte e si sono moltiplicate le associazioni a difesa e tutela del cittadino, dell’utente, del consumatore: perché esse rappresentano il veicolo, lo strumento di ognuno di noi per riaffermare nei confronti dell’impresa privata che impone prodotti
Mi spiego perché nelle aziende, specie di dimensioni multinazionali, le professionalità più qualificate se ne vanno, lasciandole più povere, meno produttive, meno fantasiose.
Mi spiego anche perché sia nata una nuova associazione di Giuristi ed Economisti d’Impresa – AGEIE – che rispetto alle “cugine”, ha voluto fare un salto di qualità radicando la propria identità in un comitato di associazioni - CO.VALORI - il cui ruolo è la valorizzazione della professionalità dei singoli o delle associazioni ad esso aderenti nell’ottica di preservare non solo la professionalità in sé di tutta una serie di categorie professionali che operano sul mercato, ma di rammentare che ogni professionalità è più povera se non affonda la sua radice in principi e regole etiche diffuse.
Pordenus