“... C’è però dell’altro e sono i luoghi comuni di oggi che, ad uno ad uno, scopriremo privi di consistenza... spesso si crede che, nel passato, le decisioni fossero prese a livello irrazionale, invece vediamo le tante motivazioni analizzate, discusse, deliberate (così è per l’uso del mercurio nella depurazione dei metalli, perfezionato in Austria e divulgato “gratis” a beneficio del mondo, perché fosse adottato da tutti con risparmio dei boschi...), poi, ancora, si ha come l’impressione che esistesse una specie di taglio netto (un colpo di ghigliottina) tra antico e nuovo regime, ma gli uomini si confondono, le carriere anche (soprattutto quelle dedicate a professioni tecniche e scientifiche). ...” [1]
In questo piccolo passo dellla nuova fatica scientifica dell’Architetto piemontese (ahinoi borbonici !) Carlo M. Burdet, Carlo Antonio Napione (1756 – 1814), Artigliere e scienziato in Europa e in Brasile, un ritratto [2], sta – ci sembra – il fulcro dell’opera, da cui traspare, oltre l’amore dell’A., anche l’aria rivoluzionaria dell’epoca.
Come ricorda l’A., spesso siamo presi dalle diaboliche tenaglie ed insidie del tempo che fugge, dalla parzialità delle nostre visioni, dalla specificità del nostro sapere.
Se si guarda la Storia – o meglio, ciò che è stato – come ha fatto Burdet, però, si può arrivare a rileggere fatti e persone con una luce nuova.
A tal proposito, mi ricordo (n.d.R.) un piccolo insegnamento di mio padre a me bambino, che sono stato in grado di comprendere appieno solo molto tempo dopo. “Se poni questo disegno da una diversa angolazione, potrai guardare cose diverse. Ma le vedrai, solo se ti disponi al nuovo, senza pregiudizi”.
Napione! Chi era costui ?
Il nome di Napione probabilmente non evoca nulla, come sicuramente non significava nulla per l’A., quando lo sentì pronunciare la prima volta, in Brasile, più di vent’anni fa’ [3].
Napione tuttavia ha avuto un grande peso su Burdet che, incuriosito dal fatto che in Sudamerica fosse ricordato un piemontese del XVIII Secolo, decise di dedicare a lui qualche attenzione. A poco a poco, ma molto lentamente, la consistenza del personaggio prendeva corpo attraverso le notizie conservate nei documenti. Ne risultò una figura di tutto rispetto di un torinese, suddito dell’allora re di Sardegna, attivo come artigliere nella preparazione delle armi, esperto di mineralogia e di chimica metallurgica, nonché dei processi di fabbricazione dei pezzi d’artiglieria.
Fratello, è vero, dell’autore del saggio Dell’uso e dei pregi della lingua italiana (1791), ma non per questo di importanza minore.
Autore tra l’altro di Elementi di Mineralogia, tomo primo (1797), opera che, se non uscì completa, è basilare in quanto primo trattato moderno sulla materia scritto in lingua italiana.
Il “secolo dei lumi”
Se si vuole, sono questi gli aspetti che rendono grande il periodo storico.
Siamo abituati a coagulare intorno a qualche nome tutto il momento storico, ma la vita non è quello, è gioco di tanti, anzi di tutti, e spesso, spostando di poco il fuoco o l’obiettivo, cogliamo altri aspetti in grado di dirci tanto di più sul passato.
Così basterà leggere qualche documento (i due volumi ne riportano centinaia) per accorgersi che dei lumi è tutto lo spirito del Settecento.
E che anche un sovrano assoluto come Vittorio Amedeo III aveva atteggiamenti illuminati nel decidere, ad esempio, gli spostamenti per l’Europa del suo Ufficiale d’Artiglieria.
O per capire come anche le più piccole comunità fossero sentite parte integrante del Paese (si vedano i brani relativi alle pretese piemontesi da farsi a Napoleone a Rastadt).
C’è però dell’altro e sono i luoghi comuni di oggi che, ad uno ad uno, scopriremo privi di consistenza... spesso si crede che, nel passato, le decisioni fossero prese a livello irrazionale, invece vediamo le tante motivazioni analizzate, discusse, deliberate (così è per l’uso del mercurio nella depurazione dei metalli, perfezionato in Austria e divulgato “gratis” a beneficio del mondo, perché fosse adottato da tutti con risparmio dei boschi...), poi, ancora, si ha come l’impressione che esistesse una specie di taglio netto (un colpo di ghigliottina) tra antico e nuovo regime, ma gli uomini si confondono, le carriere anche (soprattutto quelle dedicate a professioni tecniche e scientifiche).
C’è ancora l’idea che la specializzazione scientifica sia una prerogartiva dei nostri tempi e invece vediamo che è già tutta presente, non solo in Napione, ma nei suoi maestri.
Come visse questo artigliere ? in quale contesto sociale ed economico ? Se si vuole avventurosa la vita di uomo nel Settecento, potremmo dire di che tale fu la sua vita; c’è dell’avventura nel suo viaggiare per terra e per mare, in Europa e in Brasile, nella sua permanenza nell’universo portoghese e nella vicenda umana, soprattutto nell’ultimo atto della sua vita, con persone estranee che si impadroniscono della sua vita e dei, non pochi, suoi averi .... Come è attualer, anche in questo !
[1] Questa presentazione, parte di quella ben più ampia che avrebbe dovuto esser esposta durante la prevista cena di Natale 2005 del nostro Circolo culturale, è stata liberamente tratta da quella fornita al Redattore dall’Ufficio Stampa dell’Editore. Siamo quindi onorati di poter ospitare questo contributo, che peraltro si situa - a pieno titolo - nello spirito multiculturale e polidisciplinare del nostro Sito.
[2] Carlo A. M. Burdet, Carlo Antonio Napione (1756 – 1814), Artigliere e scienziato in Europa e in Brasile, un ritratto, presentazione di Germain Rigault de la Longrais dell’Accademia delle Scienze di Torino, introduzione di Marco Galloni presidente dell’Archivio Scientifico e Tecnologico dell’Università di Torino, Torino, Celid, settembre 2005, 2 voll., pp. XVI+940, ill.,
Frequentate le Scuole di Artiglieria torinesi, diede lustro al regno di Sardegna con numerosi viaggi scientifici per le regioni dell’Alta Italia (corrispondenti alle attuali: Piemonte, Valle d’Aosta, Sardegna, Lombardia, Veneto, Trentino e Alto Adige, Friuli e Venezia Giulia) e di diversi paesi europei (oggi: Croazia, Austria, Ungheria, Germania, Polonia, Romania, Danimarca, Svezia, Gran Bretagna, Francia – Savoia in particolare – e Portogallo).
Membro della commissione scientifica che a Torino seguì il primo esperimento di volo aerostatico (1783) e autore del primo testo moderno di mineralogia in lingua italiana (1797), è ricordato per aver sperimentato e divulgato in ambiente sabaudo alcune tecniche innovative per il trattamento dei metalli e per uno studio sul comportamento fisico-strutturale di diversi legnami brasiliani mai prima analizzati.
Incaricato di due importanti missioni: per l’acquisto di armi nei paesi di area germanica (1792-3) e per difendere gli interessi del Regno di Sardegna, al Congresso di Rastadt, con Napoleone (1797). Come ufficiale di artiglieria si distinse in Piemonte, Portogallo e Brasile, contribuì in maniera determinante al rinnovamento degli arsenali di guerra dei tre paesi, alla istituzione della Escola militar di Rio de Janeiro, tra le più antiche d’America, e a quella dell’industria bellica che, in Brasile, è da considerarsi in assoluto la prima attività industriale.
La vicenda umana di Napione, che si concluse a tinte fosche come un racconto poliziesco, interseca la storia della chimica, della metallurgia, della mineralogia, della formazione tecnologica e di alcune tra le più significative istituzioni scientifiche e culturali piemontesi (Scuole d’Artiglieria, Accademia delle Scienze di Torino...), europee (Accademia delle Scienze di Stoccolma, Bergbaukunde, ...) e brasiliane (Officine Militari, Scuola Militare, ...).